La Corte Costituzionale, con una recente sentenza, ha chiarito che le norme regionali che disciplinano le distanze tra edifici sono legittime solo se perseguono chiaramente finalità di carattere urbanistico. Diversamente, infatti, queste risultano invasive della materia “ordinamento civile” riservata all’esclusiva competenza legislativa dello Stato.
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Con la sentenza n. 178/2016 depositata il 15 luglio, la Consulta ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della legge della Regione Marche n. 16 del 2015, nella parte in cui apporta delle modifiche lessicali alla legge regionale 4 dicembre 2014, n. 33 (Assestamento del bilancio 2014).
Per effetto di queste modifiche, il testo consentirebbe di estendere, “anche ad interventi su singoli edifici non oggetto di un più ampio intervento di trasformazione”, la deroga ai limiti di distanza fissati dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.
Una deroga che è sì consentita alle Regioni e alle Province autonome (dal d.P.R. n. 380 del 2001), ma solo “nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo o unitario di specifiche aree territoriali”.
Da qui, appunto, la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile” e, per eccesso, di quella concorrente della Regione in materia di “governo del territorio”.
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