Si chiude questa settimana l’avventura di EXPO 2015 a Milano con un clamoroso successo di pubblico (superati i 20 milioni di biglietti staccati), avendo trasmesso al mondo un ritratto di un’Italia che funziona. Subito si apre una nuova sfida che, questa volta, dovrà essere raccolta dalla Capitale: prima il Giubileo straordinario, poi (forse) le Olimpiadi.
Per superare brillantemente queste prove “è essenziale che vi sia un’adeguata programmazione, che preveda un impegno di risorse economiche e professionisti adeguati, una burocrazia più preparata e più snella”. Ce lo dice Carla Cappiello, presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, intervenendo nel dibattito aperto dal nostro quotidiano su Grandi Eventi, Opportunità per il Paese e Condivisione con la cittadinanza.
Dopo il recente intervento di Ermete Realacci, intervistato sullo stesso tema dal nostro Marco Brezza, il rappresentante dell’Ordine degli ingegneri più numeroso del nostro Paese parla chiaramente: “La politica dovrebbe fare il suo gioco, prendendosi carico delle proprie scelte e lasciando ai professionisti le decisioni di carattere tecnico”.
Grandi eventi e caos a Roma
Mauro Ferrarini: Presidente Cappiello, il dibattito sul futuro dei Grandi Eventi partito da queste pagine si innesta in maniera drammatica sulla situazione della nostra Capitale. Rutelli dice che è necessaria una programmazione dei progetti in un arco ampio di tempo, capace di evolvere in base alle mutate esigenze della comunità che via via si palesano. Ma la realtà attuale, per Roma, è un Giubileo straordinario alle porte, una giunta dimissionaria, lo scandalo di Roma Capitale … Quali sono le sue riflessioni, prima da rappresentante degli Ingegneri iscritti all’ordine più numeroso d’Italia?
Carla Cappiello: Roma è una città che sta vivendo un momento molto complesso a causa di una grave crisi istituzionale e dei costumi. Sicuramente è necessaria un’operazione di reboot, come se fossimo in un videogioco. Nel ripristino della normalità bisognerebbe introdurre lo “strumento” della programmazione da utilizzare per la corretta gestione della vita cittadina, partendo dal presupposto che “prevenire è sempre meglio che curare”. Una programmazione condivisa, che si adegui alle esigenze di una realtà che si modifica nel tempo e non a quelle della politica, rappresenta la via per lo sviluppo armonico di Roma.
È, altresì, evidente che per il Giubileo non si possa parlare di programmazione, ma di manutenzione, che assicuri una soglia minima di funzionalità dei servizi.
M.F.: A cosa si riferisce, precisamente?
C.C.: Mi riferisco, ad esempio, alla manutenzione delle strade, del verde pubblico, dei bus turistici, delle metropolitane. Sebbene per quest’ ultime i tempi di intervento, a causa della grande quantità di lavori da effettuare, visto il degrado in cui versano, siano di gran lunga superiori a quelli dettati dall’evento giubilare. Si tratta di fare quel che si può con le possibilità e le capacità tecniche, che certamente non mancano.
È necessario, inoltre, un coordinamento tra polizia locale, vigili del fuoco, polizia, carabinieri, protezione civile, volontari per la gestione univoca di qualsiasi forma di criticità.
Olimpiadi a Roma: opportunita’ o chimera?
M.F.: Nelle sue riflessioni pubblicate su Ediltecnico, il prof. Simoncini de La Sapienza di Roma si domanda “È pensabile che una città che non riesce a erogare un livello minimo di servizi ai propri cittadini sia in grado di raccogliere sfide ben più complesse come l’organizzazione di un Giubileo o la candidatura alle Olimpiadi?”. Giro a lei questa domanda e le chiedo il ruolo che deve giocare l’Ordine che lei rappresenta.
C.C.: Roma possiede numerosissime infrastrutture sportive in parte all’interno di parchi e vaste aree verdi, che potrebbero essere utilizzate per i giochi del 2024. In più si potrebbe offrire un palcoscenico di indiscutibile bellezza. Nessun’altra città ha a disposizione un simile patrimonio artistico e culturale. Ma la condizione essenziale a che un’opportunità, come quella delle Olimpiadi, non di trasformi in una chimera è che vi sia un’adeguata programmazione, che preveda un impegno di risorse economiche e professionisti adeguati, una burocrazia più preparata e più snella. La politica dovrebbe fare il suo gioco, prendendosi carico delle proprie scelte e lasciando ai professionisti le decisioni di carattere tecnico. Sono convinta che Roma può superare questa sfida. È una città che, malgrado tutto, ha dimostrato di essere capace di affrontare situazioni molto complesse.
Come Ordine degli Ingegneri non posso che confermare la disponibilità delle risorse tecniche adeguate. Si tratta di trovare le condizioni per farle lavorare al meglio.
Debat Publique: panacea di tutti i mali
M.F.: Da più parti si sente parlare di inserire il débat publique nei meccanismi decisionali per la realizzazione di grandi eventi, di grandi opere e delle infrastrutture strategiche per il Paese. Ma secondo lei come dev’essere organizzato? A livello locale, coinvolgendo solo la cittadinanza dei territori interessati o nazionale? E non si rischia che questo strumento sia un alibi per la classe politica che demanda ai cittadini decisioni che, in una democrazia rappresentativa come è quella italiana, dovrebbe essere onere della Politica e dei Tecnici che li devono affiancare?
C.C.: Sebbene viviamo in una democrazia rappresentativa, credo che in questo momento sia importante riavvicinare la popolazione alle istituzioni. E questo riavvicinamento può avvenire attraverso il dialogo, come già accade in molti Paesi del Nord Europa. I cittadini dovrebbero essere coinvolti nelle scelte e nelle decisioni di interesse comune sul proprio territorio. I politici dovrebbero aiutare i cittadini ad organizzarsi per ricevere informazioni e partecipare in modo consapevole alle decisioni in modo reale e attivo. Sul come fare esistono tante modalità già sperimentate: dai forum, alle assemblee, ai gruppi di lavoro, alle manifestazioni, all’uso dei social media. Forse, ascoltando la vox populi, gli stessi politici sarebbero più responsabili e responsabilizzati nelle scelte. Fino a questo momento in Italia si è spesso fatta confusione su questo tema, presentando ai cittadini progetti già fatti, creando un confronto tra tecnici e cittadini non paritario. Si è trattato in realtà più di una presentazione dell’opera proposta che un vero débat publique. Dobbiamo cambiare l’approccio. La discussione va aperta sull’individuazione delle esigenze a cui il progetto, l’opera deve rispondere e non sul progetto stesso. Il politico deve, quindi, individuare il sentiment della popolazione e i tecnici devono lavorare, scevri da influenze, sulla realizzazione del progetto migliore.
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