La realizzazione di una piscina privata e dei relativi vani tecnici possono violare le distanze legali? Ovvero, per la loro natura e consistenza, sono sottratte dal regime delle distanze di cui al decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati”?
Sono gli interrogativi che spesso si pone il tecnico in fase di progettazione delle opere in argomento, ma anche chi è chiamato ad assolvere la procedura amministrativa per il rilascio del titolo abilitativo edilizio, nonché per la repressione di eventuali violazioni edilizie.
La verità è che le norme urbanistico-edilizie presentano carenze e vuoti legislativi che danno luogo a interpretazioni, spesso personalizzate, da parte di chi opera nel settore.
A fare chiarezza ci aiuta la costante giurisprudenza che, nel corso degli anni, ha delineato le linee guida da seguire per non incorrere nelle relative violazioni.
Nel merito di piscina e vani tecnici, ha rimarcato che non risultano rilevanti ai fini della violazione delle distanze legali trattandosi di opere interrate o che comunque non si innalzano oltre il livello del terreno, con conseguente inconfigurabilità di un corpo edilizio idoneo a creare dannose intercapedini e a pregiudicare la salubrità dell’ambiente collocato tra gli edifici. Infatti, essendo la normativa dettata in materia di distanze legali diretta a evitare la formazione di strette e dannose intercapedini per evidenti ragioni di igiene, areazione e luminosità, ne deriva che la suddetta normativa è inapplicabile relativamente a un manufatto completamente interrato quale una piscina (T.A.R. Lombardia, Milano, 20 dicembre 1988 n. 428), in quanto i piani interrati devono ritenersi esonerati dal rispetto delle distanze legali (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III 30 dicembre 2014 n. 3200).
In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione affermando che “Ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali, stabilite dall’art. 873 c.c. e dalle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, deve ritenersi costruzione qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente; e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa, dai caratteri del suo sviluppo aereo, dall’uniformità e continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione, dalla sua destinazione” (Cassazione civile sez. II 6 maggio 2014 n. 9679).
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