I grandi eventi e le infrastrutture nazionali sono realmente portatori di innovazione e benessere o sono solo un’occasione di sviluppo di una fauna nascosta che si nutre delle risorse finanziarie stanziate con fenomeni di clientelismo e corruttela?
Il dibattito è stato aperto lo scorso agosto con una lettera di Francesco Rutelli inviata al quotidiano La Stampa. “È finita l’epoca”, scrive Rutelli, “in cui le parole Grande Evento hanno rappresentato un toccasana”.
Oggi, infatti, la discussione sulle grandi infrastrutture e, soprattutto, sui Grandi Eventi si sposta su un piano diverso. Non più la funzionalità specifica a servizio dell’evento che lo stadio o il centro conferenze da costruire rivestiranno nell’immediato, ma cosa accadrà loro quando si saranno “spenti i riflettori”.
Insomma, il problema della c.d. Legacy, ossia l’eredità che queste manifestazioni monstre lasciano dietro di sé, è ancora drammaticamente aperto e non è da sottovalutare, perché una mancata risposta su questo aspetto rischia di alimentare un reazione di chiusura da parte della pubblica opinione. Ieri si parlava di NIMBY (not in my back yard, “non nel mio giardino”), oggi si declina nei movimenti NO (NO TAV, NO EXPO, ecc.), che rischiano di fare perdere opportunità di crescita al Paese. Si tratta però di reazioni che possono essere comprese se la gestione della cosa pubblica (e degli investimenti in opere collegati) non sarà profondamente ripensata per essere realmente al servizio del territorio e dei suoi cittadini.
“Nelle nostre opinioni pubbliche”, continua Rutelli nel suo corsivo, “crescono sfiducia e insofferenza verso spese eccessive e la corruzione non di rado legate a questi processi, e alle promesse irrealizzate di opere utili per la comunità”. Fin troppo spesso, infatti, abbiamo assistito a opere faraoniche mai portate a termine o abbandonate all’incuria, come la Città dello Sport di Calatrava a Roma.
Oggi l’attenzione si sposta su EXPO 2015, un grande successo di pubblico e un evento che ha messo in mostra il meglio dell’Italia sul palcoscenico mondiale, ma che ora, a poche settimane dalla chiusura dell’esposizione universale apre lo scenario del post EXPO con il timore di vedere un nuovo immenso cadavere imputridito e abbandonato alle porte di Milano.
Ma allora che fare? Per le nostre città, è opinione dell’ex sindaco di Roma, occorre una strategia nuova, che incroci l’esigenza del débat publique e quella dell’irruzione delle nuove tecnologie per migliorare la qualità urbana. La proposta è quella di formare un Programma nazionale di ammodernamento trasparente e sostenibile delle nostre città “Per evitare la sindrome dell’ultimo minuto, che ha riguardato EXPO e, oggi, il Giubileo romano”, conclude Rutelli.
A livello pratico si pensa a un parco progetti prioritari, predisposto dagli uffici pubblici con la collaborazione di progettisti selezionate con gare pubbliche, da aggiornare periodicamente secondo le esigenze in cambiamento.
Non sappiamo se Francesco Rutelli conosca la metodologia BIM, ma non vediamo come una proposta di questo tenore possa essere realizzata, se non con l’ingresso del Building Information Modeling nel meccanismo degli appalti. Non solo per la progettazione e la successiva realizzazione, ma anche per il facility management, a garanzia di trasparenza, certezza nei costi e gestione del manufatto edilizio.
“Ci sono diversi strumenti legislativi e amministrativi che Parlamento e Governo stanno discutendo per mettere in moto una nuova visione dello sviluppo urbano che integri crescita, modernizzazione e competitività delle città”, scrive ancora Rutelli. Noi attendiamo i vostri commenti e apriamo su Ediltecnico il dibattito sul futuro delle nostre realtà urbane.
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