Quali caratteristiche deve avere un volume tecnico a protezione di una caldaia per evitare attraversare le procedure relative al permesso di costruire, necessarie ad esempio per la edificazione di una veranda? La risposta può essere dedotta “in negativo” da una recente sentenza del Consiglio di Stato , la n. 2226 del 4 maggio 2015.
Nel caso di specie il proprietario di un’abitazione aveva realizzato sul balcone un manufatto in alluminio con delle coperture in lamiera: tale manufatto era addossato alla parete perimetrale e dotato di impianto idrico ed elettrico, ma anche di una caldaia con lo scarico dei fumi a parete.
Il Comune aveva considerato il manufatto abusivo e ne aveva ordinato la demolizione. Il proprietario aveva deciso di ricorrere contro la decisione dell’amministrazione, chiamando in causa il TAR delle Marche. La controversia è in seguito giunta dinnanzi al Consiglio di Stato, sede in cui il ricorrente aveva sostenuto che il manufatto potesse rientrare nella categoria dei “volumi tecnici”, poiché realizzato per la protezione degli impianti.
Sia il TAR Marche che il Consiglio di Stato hanno respinto il ricorso confermando l’ordine di demolizione. Secondo i supremi giudici amministrativi, le dimensioni del manufatto lo farebbero confluire all’interno della definizione condivisa di veranda.
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Si legge nelle argomentazioni del Consiglio di Stato: “La veranda di cui trattasi non può essere considerata mero volume tecnico a protezione della caldaia, alla cui definizione difetta l’autonomia funzionale anche solo potenziale e la non adattabilità ad uso abitativo o diverso da quello necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi la costruzione principale (…). Le dimensioni del manufatto sono, all’evidenza, ben maggiori di quelle necessarie a contenere la caldaia e ciò è sufficiente ad escluderne la riconducibilità alla categoria pretesa dall’appellante, anche ai sensi dell’art. 13 del regolamento edilizio comunale”.
Insomma, al fine di rientrare entro i confini della nozione di veranda non è necessario che il manufatto sia chiuso su tutti i lati, ma è sufficiente che questo provochi un incremento della volumetria e una modifica della sagoma dell’edificio. Nello specifico, l’aumento di volume può essere escluso soltanto in presenza di una tettoia o di un portico aperto da tre lati. Nel caso di specie i giudici amministrativi hanno ritenuto l’intervento effettuato dal ricorrente come ristrutturazione edilizia, categoria per cui è richiesto il permesso di costruire (a prescindere dalla natura pertinenziale dell’opera realizzata): le dimensioni della veranda in questione erano infatti evidentemente maggiori di quelle necessarie per contenere in via esclusiva gli impianti, non potendosi conseguentemente escludere l’eventuale adattabilità del manufatto ad uso abitativo.
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