Valutazione degli abusi edilizi: due recenti sentenze

Due casi recenti ci consentono di tornare sull’argomento delle modalità di valutazione dell’abuso edilizio

Mario Petrulli 16/10/23
Vediamo due recenti sentenze che ci consentono di tornare sull’argomento delle modalità di valutazione dell’abuso edilizio.

Come è noto, quando si tratta di valutare un intervento edilizio in termini di impatto sullo stato dei luoghi e conseguentemente individuazione del corretto titolo edilizio e delle sanzioni eventualmente applicabili, la giurisprudenza sostiene la necessità di un esame complessivo e di insieme dell’alterazione urbanistica provocata dalle opere realizzate, che non devono essere considerate atomisticamente[1], visto che solo la valutazione unitaria delle stesse permette di percepire l’effettivo grado di trasformazione del territorio e l’incremento del carico urbanistico dalle stesse apportato.

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Infatti, come evidenziato, “al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo; pertanto, i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati in maniera frazionata e, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato, solo così potendosi comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione[2].

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Si tratta di un orientamento che ha ricevuto l’autorevole avallo del Consiglio di Stato: per i giudici di Palazzo Spada, infatti, gli abusi edilizi devono essere valutati nel loro insieme, rilevando la loro interferenza complessiva sul territorio, e non è consentita una loro atomizzazione: “la valutazione degli abusi contestati va fatta prendendo in considerazione una visione complessiva e non atomistica di quanto realizzato, non essendo consentito scomporre o frazionare i singoli interventi al fine di affermarne l’assoggettabilità a una diversa sanzione o la sanabilità, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni[3] >> ne abbiamo parlato anche in questo articolo

Valutazione abusi, due casi recenti

L’orientamento riportato è stato oggetto di due recenti sentenze.

Dinanzi ad un intervento consistente nella realizzazione di una tettoia su platea in calcestruzzo chiusa con paramenti murari, posta a protezione di una roulotte e con ampliamento a rustico di nuovo vano, e di una baracca da cantiere, è stata affermata la necessità del permesso di costruire da parte del TAR Piemonte, sez. II, nella sent. 26 giugno 2023, n. 633, trattandosi di opere adibite ad un uso stabile e permanente, funzionali all’uso abitativo che, nel loro insieme, erano di rilevante impatto sul territorio e destinate ad un utilizzo persistente nel tempo.

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e l’articolo di attualità Perché abbiamo paura della parola condono edilizio?

La recente sent. 5 ottobre 2023, n. 721, del TAR Sardegna, sez. II, ha confermato l’orientamento consolidato secondo cui la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, dovendosi valutare l’insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio e non il singolo intervento[4]: non è dato, infatti, scomporne una parte per negare l’assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni; l’opera edilizia abusiva va dunque identificata con riferimento all’immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato[5].

Peraltro, sempre secondo giurisprudenza, nel verificare l’unitarietà o la pluralità degli interventi edilizi, non può tenersi conto del solo profilo strutturale, afferente alle tecniche costruttive del singolo manufatto, ma deve prendersi in esame anche l’elemento funzionale, al fine di verificare se le varie opere, pur strutturalmente separate, siano, tuttavia, strumentali al perseguimento del medesimo scopo pratico[6].

Conseguentemente, nonostante l’interessato avesse sostenuto che alcune opere potevano essere subordinate alla SCIA, i giudici sardi hanno ritenuto necessario il permesso di costruire dinanzi alla realizzazione di:

  1. un locale per deposito attrezzi;
  2. una recinzione metallica;
  3. movimento terra che aveva comportato la creazione di una “pista sterrata” necessaria per il passaggio dei mezzi agricoli.

Per le opere in questione, alla luce della necessità di valutare unitariamente, sotto il profilo funzionale, gli interventi effettuati, si doveva applicare il regime edilizio sanzionatorio derivante dall’unitarietà delle opere realizzate e non quello astrattamente applicabile per gli interventi atomisticamente valutati.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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[1] Cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 1° marzo 2019, n. 1154; sent. 11 giugno 2021, n. 3961; TAR Toscana, sez. III, sent. 27 maggio 2021, n. 812)

[2] TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 4 dicembre 2020, n. 852; in termini, TRGA Trentino-Alto Adige, Trento, sent. 27 ottobre 2020, n. 181; TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 11 marzo 2020, n. 1112; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 27 febbraio 2020, n. 257. Ad esempio, il TAR Toscana, sez. III, nella sent. 27 maggio 2021, n. 812, ha ritenuto necessario il permesso di costruire dinanzi a:

  • un manufatto in muratura di dimensioni perimetrali esterne di complessivi m 23,65, per una superficie di circa 120 mq, di altezza in gronda da m 3,35 a m 2,40, suddiviso all’interno in quattro vani e servizi, dotato di una terrazza, sovrastante il locale cantina, di m 3,50×1,50 con copertura in muratura;
  • due pavimentazioni esterne all’immobile suddetto, di m 10,95×5,00 e m 3,50×5,50, entrambe realizzate con mattonelle rivestite in pietra cm 50×50;
  • un locale seminterrato posto sotto l’immobile sopra descritto, di m 3,50×3,70 con altezza interna di m 2,20, utilizzato come cantina;
  • un muro di contenimento in pietra di conformazione rotondeggiante lungo circa m 5 con altezza variabile da m 3,30 a m 1,00, posto all’esterno dell’abitazione.

[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 18 ottobre 2022, n. 8848.

[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 26 luglio 2018, n. 4568; sent. n. 5471/2017, nel senso della necessità di vagliare i molteplici interventi abusivi eseguiti “in un quadro di insieme, e non segmentato”.

[5] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 15 febbraio 2021, n. 1350; sez. II, sent. 27 aprile 2020, n. 2670.

[6] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 8 febbraio 2022, n. 883; sent. 8 settembre 2021, n. 6235; sent. 1° marzo 2019, n. 1434.

Immagine: iStock/Chonlatee Sangsawang

Mario Petrulli

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