La nuova norma pone subito un primo dubbio (nonché spunto di riflessione): posto che già l’art. 6, comma 1, lett. e-ter), considera liberamente realizzabili le “vasche di raccolta delle acque” correlate alle “opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni”, perché il legislatore ha ritenuto necessario introdurre la nuova ipotesi di vasche di raccolta di acque meteoriche per uso irriguo? È possibile che il legislatore:
- abbia voluto precisare le caratteristiche che, in ambito agricolo, devono possedere le vasche di raccolta liberamente eseguibili;
- ritiene che la previsione di cui alla lett. e-ter) valga per i casi diversi dall’utilizzo di acque piovane in agricoltura.
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Vasche raccolta acqua in edilizia libera: requisiti
In merito all’esegesi della norma, appare evidente che sono richiesti i seguenti elementi, da riscontrare caso per caso:
- assenza di alimentazione idraulica diretta: l’unica modalità di rifornitura delle vasche deve essere legata alla pioggia;
- finalità agricola nell’uso delle acque piovane: ciò significa che le vasche possono anche integrarsi in impianti idraulici agricoli esistenti;
- volume massimo di 50 mc di acqua per ogni ettaro di terreno coltivato: questo significa che, ai fini del rapporto, non rilevano quelle aree che restano incolte e che, pur se qualificabili come agricole, non sono specificatamente utilizzate per la coltivazione (ad esempio, le aree con vegetazione spontanea).
In assenza di dette condizioni, evidentemente, non si è dinanzi ad attività edilizia libera. A conferma è sufficiente ricordare che, secondo il TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 26 febbraio 2021, n. 528, “una vasca realizzata per funzioni estetiche di coltivazione delle ninfee da parte di un imprenditore agricolo, attraverso la modifica e modellazione di un canale irriguo esistente, non è opera qualificabile come attività edilizia libera perché, in ragione delle finalità estetiche, non si ravvisa la stretta pertinenzialità con l’esercizio dell’attività agricola”.
I precedenti legislativi
L’utilizzo “libero” di vasche in agricoltura non è, comunque, una novità: ad esempio, secondo il TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 2 novembre 2020, n. 1590, rientra nell’attività edilizia libera la realizzazione di una vasca interrata per la raccolta dei liquami.
Ma anche la legislazione regionale, in alcune occasioni, si occupa delle vasche di raccolta in agricoltura; ad esempio:
- l’art. 136, comma 2, lett. d), della Legge Regione Toscana 10 novembre 2014, n. 65, qualifica come attività edilizia semi-libera la realizzazione di “vasche di raccolta delle acque a fini irrigui”, per la cui realizzazione viene richiesta una preventiva comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato allo sportello unico, comprensiva dell’identificazione dell’immobile o dell’unità immobiliare oggetto di intervento;
- l’art. 15, comma 2, lett. e), della Legge Regione Sardegna 11 ottobre 1985, n. 23, qualifica come attività edilizia semi-libera la realizzazione di “vasche di approvvigionamento idrico”, per la cui realizzazione viene richiesta una comunicazione di inizio lavori.
Serve autorizzazione paesaggistica? No.
Un’altra considerazione riguarda l’eventuale necessità di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di vasche di raccolta di acque meteoriche per uso irriguo: ebbene, tale necessità viene esclusa dalla giurisprudenza (TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 27 febbraio 2023, n. 111), secondo cui “i singoli sistemi di raccolta di acqua a uso irriguo ben possono rientrare nella ulteriore esclusione di cui all’Allegato A.15” del DPR n. 31/2017 (ricordiamo che l’Allegato A contiene i casi di attività/opere per le quali non è richiesta l’autorizzazione in discorso).
Dello stesso autore leggi anche Attività edilizia libera: prime considerazioni legali sulle vetrate panoramiche amovibili (VEPA)
La CILA avrebbe ridotto i possibili casi di abuso…
Infine, rimane un aspetto delicato: visto che tale tipologia di vasca richiede il rispetto di un requisito tecnico (il volume massimo di acqua in relazione all’aree coltivate), di un requisito funzionale (uso irriguo delle acque) e di un requisito costruttivo (assenza di alimentazione diversa dall’acqua piovana), a mio avviso sarebbe stata una scelta preferibile quella di esplicitare la riconducibilità di tale intervento nell’ambito delle opere realizzabili tramite CILA (art. 6-bis del Testo Unico Edilizia).
Infatti, la presenza dell’asseverazione di un tecnico abilitato avrebbe offerto maggiori garanzie di legittimità dell’opera e ridotto i casi di abuso. È probabile che il legislatore abbia voluto privilegiare la semplificazione massima e la liberalizzazione degli interventi, considerata l’importanza e lo scopo ultimo del Decreto Siccità, ossia l’efficientamento nell’utilizzo delle acque.
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