Ecco la selezione delle sentenze della scorsa settimana. Si parla di zona di rispetto cimiteriale: realizzazione di una piscina; parcheggio interrato distante dall’abitazione: non può essere pertinenziale; oneri concessori: rinuncia per mancato utilizzo; conseguenza della decadenza dei vincoli preordinati all’esproprio; assenza di un piano attuativo: possibilità di rilascio del permesso di costruire.
Zona di rispetto cimiteriale: realizzazione una piscina
TAR Toscana, sez. III, sent. 22 febbraio 2019 n. 284
Non è possibile realizzare una piscina in zona di rispetto cimiteriale
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, e anzi si impone a essi operando come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili. Il vincolo ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi, mentre è attivabile nel solo interesse pubblico la procedura di riduzione della fascia inedificabile a non meno di cinquanta metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato sez. IV, 23 aprile 2018, n. 2407; id., sez. VI, 27 febbraio 2018, n. 1164; id., sez. VI, 6 ottobre 2017, n. 4656; id., sez. V, 18 gennaio 2017, n. 205; T.A.R. Toscana, sez. III, 22 ottobre 2018, n. 1351; id., 2 febbraio 2015, n. 183; id., 12 novembre 2013, n. 1553; id., 12 luglio 2010, n. 2446; id., 11 giugno 2010, n. 1815).
Restano fermi evidentemente i limiti di legge e segnatamente quello posto dal comma 7 dell’art. 338 R.D. n. 1265/1934, che consente il recupero, l’ampliamento e la ristrutturazione purché, lo si ripete, funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti e non comportanti la realizzazione di nuovi manufatti all’interno della fascia di rispetto (alle pronunce già citate, può aggiungersi T.A.R. Toscana, sez. III, 18 maggio 2018, n. 684).
È già discutibile che la costruzione di una piscina possa dirsi funzionale all’utilizzo dell’edificio esistente nel senso contemplato dal legislatore, che sembra alludere ai soli interventi volti a impedire il degrado e, a lungo andare, l’abbandono degli edifici ricadenti nelle fasce di rispetto. Certo è in ogni caso che, laddove implichi ex novo una permanente trasformazione di suolo inedificato all’interno della fascia involabile di cinquanta metri dal perimetro del cimitero, essa non è consentita.
Per approfondire leggi Vincolo cimiteriale, inedificabilità: le ragioni e le eccezioni
Parcheggio interrato distante dall’abitazione: è pertinenziale?
TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 18 febbraio 2019 n. 908
Un parcheggio posto a oltre un chilometro dall’abitazione non può considerarsi pertinenziale
Non può considerarsi pertinenziale un garage sotterraneo da realizzare a circa 1.350 metri dall’abitazione di riferimento: infatti, il concetto di pertinenzialità urbanistica, rilevante ai fini dell’applicazione della suindicata normativa nazionale e regionale, non può essere esteso al punto tale da escludere totalmente la necessità che il parcheggio sia situato comunque ad una distanza dall’unità principale tale da consentire in ogni caso l’instaurarsi di un effettivo e non solo teorico rapporto di servizio fra il parcheggio ed il bene principale.
In altre parole, un parcheggio posto a quasi un chilometro e mezzo dall’abitazione di cui dovrebbe costituire la pertinenza non può ragionevolmente configurarsi come posto a servizio esclusivo di quell’unità immobiliare, e ciò a prescindere dalla rilevata presenza nella specie di un formale atto di obbligo, per la semplice ragione che lo stesso risulta posto ad una distanza tale da non potere essere percorsa comodamente a piedi da un cittadino medio.
Oneri concessori: rinuncia per mancato utilizzo
TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 18 febbraio 2019 n. 324
Il contributo concessorio non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio
È consolidato orientamento giurisprudenziale quello secondo il quale il contributo, essendo strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di costruire, non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio.
Conseguentemente, allorché il privato rinunci al permesso di costruire o non lo utilizzi, ovvero in ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ai sensi dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’articolo 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e conseguentemente il diritto del privato a pretenderne la restituzione (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2003 n. 3714; Id., 12 giugno 1995, n. 894; Id. 2 febbraio 1988, n. 105; TAR Lazio, Sez. II-bis, 10 novembre 2015, n. 12693; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 22 ottobre 2014, n. 2527; TAR Umbria, 27 febbraio 2014, n. 135).
La giurisprudenza ha, al riguardo, avuto modo di chiarire che il diritto alla restituzione del contributo di costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente (in questo senso, tra le più recenti: TAR Lazio, n. 12693 del 2015, cit.; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 24 marzo 2010, n.728; per il diritto al rimborso del contributo in caso di mancata costruzione di uno dei tre edifici previsti nel complessivo intervento edilizio: Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2003, n. 3714).
Alla rinuncia al titolo deve poi aggiungersi la mancata realizzazione delle opere. Infatti solo la mancata realizzazione delle opere previste nel permesso di costruire determina l’inesistenza del presupposto dell’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione e il contributo per costo di costruzione. Invero, tale obbligo economico trova la propria causa nell’attività di trasformazione del territorio eseguita in forza del titolo edilizio rilasciato (da ultimo TAR Toscana, Sez. III, sentenza 12.10.2018 n. 1312).
In sostanza l’obbligo di pagamento del costo di costruzione viene meno solo se le opere non sono state realizzate ed il titolo edilizio è stato rinunciato o comunque è decaduto, facendo quindi venire meno definitivamente il diritto del ricorrente di realizzare le opere nel futuro.
Decadenza vincoli preordinati all’esproprio: conseguenza
TAR Toscana, sez. I, sent. 20 febbraio 2019 n. 263
La decadenza dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio comporta l’obbligo di reintegrare la disciplina urbanistica dell’area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione
La decadenza dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio comporta l’obbligo, per gli Enti preposti, di reintegrare la disciplina urbanistica dell’area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione, che definisca le condizioni di utilizzabilità del bene e non lasci, al contrario, il bene privo di concreta disciplina urbanistica (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 03/01/2018, n. 4).
Assenza del piano attuativo
TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 22 febbraio 2019 n. 2417
Il permesso di costruire può essere rilasciato anche in assenza del piano attuativo se vi è già stata una pressoché completa edificazione dell’area e questa si trova in una zona integralmente interessata da costruzioni e dotata delle opere di urbanizzazione
Secondo l’insegnamento giurisprudenziale, una concessione edilizia può essere rilasciata anche in assenza del piano attuativo pur richiesto dalle norme di piano regolatore quando in sede istruttoria l’Amministrazione abbia accertato che il lotto del richiedente è l’unico a non essere stato ancora edificato, vi è già stata, cioè, una pressoché completa edificazione dell’area (come nell’ipotesi del lotto residuale ed intercluso), e questa si trova in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, è anche dotata delle opere di urbanizzazione.
Pertanto, si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano, in pratica, nei casi in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall’attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti (C.d.S., V, 5 dicembre 2012, n. 6229; 5 ottobre 2011, n. 5450; IV, 1° agosto 2007, n. 4276; 21 dicembre 2006, n. 7769).
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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