Valutazione della resistenza al fuoco: la differenza tra i vari metodi

Prove sperimentali, confronto tabellare e valutazioni analitiche. Tutto spiegato

Abbiamo già trattato in un precedente articolo della resistenza al fuoco dei materiali descritta dalla pubblicazione divulgata dall’INAIL lo scorso 19 aprile che, ribadiamo, non vuole presentarsi come una linea guida né tantomeno come un “canone interpretativo vincolante”, bensì tratta dei casi studio ipotizzati dagli autori a soli fini esplicativi, ma molto utili per la modellazione di casi reali.

In questo articolo affronteremo la valutazione della resistenza al fuoco argomentata al capitolo 5 di suddetta pubblicazione.

Valutazione della resistenza al fuoco, ecco come si fa

Come indicato al Capitolo S.2 del Codice di prevenzione incendi, “la finalità della resistenza al fuoco è quella di garantire la capacità portante delle strutture in condizioni di incendio nonché la capacità di compartimentazione, per un tempo minimo necessario al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza di prevenzione incendi”.

La valutazione della resistenza al fuoco di un elemento costruttivo può essere effettuata seguendo diverse tipologie di metodi:
prove sperimentali (Allegato B del d.m. 16 febbraio 2007 e cap. S.2 del Codice di prevenzione incendi);
confronto tabellare (Allegato D del d.m. 16 febbraio 2007 e cap. S.2 del Codice di prevenzione incendi);
valutazioni analitiche (Allegato C del d.m. 16 febbraio 2007 e cap. S.2 del Codice di prevenzione incendi).

Leggi anche Resistenza al fuoco: le caratteristiche dei materiali da costruzione

Come funzionano le prove sperimentali?

Con le prove sperimentali si intende l’analisi in forno del comportamento a caldo di elementi strutturali sia protetti che non.

Per gli elementi strutturali non protetti si eseguono test condotti in base alle norme della serie EN 13381 che specificano i metodi di prova per determinare la capacità di resistenza al fuoco di una membrana protettiva.

Per gli elementi strutturali protetti si eseguono test condotti in base alle norme della serie EN 13501, le quali forniscono la procedura di classificazione di reazione al fuoco di tutti i prodotti da costruzione, inclusi i prodotti incorporati negli elementi da costruzione; in esse i prodotti vengono considerati sulla base della loro applicazione finale.

E il metodo tabellare?

Il metodo tabellare è un metodo molto rigoroso, utilizzabile solamente per l’analisi di singoli elementi, quelli riportati sulla curva standard ISO 834. Questo metodo fa riferimento alle tabelle dell’Allegato D del d.m. 16 febbraio 2007, riportate poi nel cap. S.2 del Codice di prevenzione incendi con successive integrazioni.

Le tabelle forniscono direttamente, in funzione di pochi parametri, il valore della classe di resistenza al fuoco di elementi, sia per quelli portanti che non; tuttavia questo metodo non consente interpolazioni o possibilità di variare le condizioni di utilizzo e non risulta applicabile quindi a parti di struttura o alla struttura globale.

Metodo analitico, le tre modalità

Poi vi è il metodo analitico, mediante esso la verifica per elementi strutturali in condizioni di incendio può essere svolta in tre modalità differenti:
– con l’uso delle tabelle, che, come già detto, non è sempre applicabile;
– con metodi di calcolo semplificati, mediante i quali i singoli componenti della struttura vengono verificati introducendo delle ipotesi semplificative e cautelative;
– con metodi di calcolo avanzati, che si rivelano quelli più utilizzati per l’approccio prestazionale in quanto con essi è possibile risolvere qualunque tipo di struttura (elementi singoli, parti di struttura, struttura globale) soggetta all’azione di qualsiasi tipo di incendio.

Se l’incendio è modellato con curve nominali è più adatta l’analisi per singoli elementi, mentre se l’incendio viene modellato con curve naturali è più comodo effettuare l’analisi di parti di strutture o dell’intero complesso.

Approfondisci con

La curva di incendio di progetto infatti può essere:
nominale, se adottata per la classificazione delle costruzioni e per le verifiche di resistenza al fuoco di tipo convenzionale e che non tengono conto della fase di raffreddamento;
naturale, se determinata in base a modelli d’incendio e a parametri fisici che definiscono le variabili di stato del compartimento antincendio, quest’ultimo è definito come la parte della costruzione delimitata da elementi costruttivi resistenti al fuoco, e che tengono conto della potenza rilasciata. Tali modelli descrivono sia la fase di riscaldamento, sia la fase di raffreddamento.

I metodi analitici semplificati si basano su ipotesi conservative, sono limitati ai singoli elementi e all’analisi di semplici sottostrutture; inoltre appaiono difficili da adottare per condizioni di incendio naturale lì dove il riscaldamento dell’elemento da verificare è completamente diverso da quello che si verifica in condizioni di incendio standard.

In questo caso i metodi di calcolo utilizzabili sono quelli contenuti negli EC (EuroCodici) e le modalità per la classificazione degli elementi sono quelle previste dall’Allegato C del d.m. 16 febbraio 2007 e dal Codice.

Al contrario, i metodi analitici avanzati sono applicabili per le analisi su intere strutture e in qualsiasi circostanza; sono in grado di riprodurre in dettaglio la situazione reale, per qualsiasi curva di incendio.
Con tali metodi di calcolo è possibile tener conto dei reali coefficienti riduttivi della resistenza e della rigidezza dei materiali, dell’effetto dell’espansione termica, dei gradienti di temperatura e delle azioni indirette.

Ti potrebbe interessare Modifiche alla Prevenzione incendi in Gazzetta: per quali attività valgono?

 

Antonietta Puma

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento