Le attività di perforazione in mare aperto ebbero inizio alla fine degli anni Trenta del Novecento nel golfo del Messico. A partire dagli anni Cinquanta vennero installati i primi impianti offshore di concezione moderna che ebbero un vero e proprio boom nei Settanta. Negli anni Ottanta si sono sviluppate tecnologie per l’estrazione in acque moderatamente profonde, mentre negli anni Novanta l’attenzione si è spostata sui giacimenti di idrocarburi nei mari più profondi.
Nell’ambito della sicurezza e della tutela ambientale per il settore petrolifero, la politica dell’Unione Europea ha come obiettivo principale quello di ridurre il verificarsi di incidenti gravi legati alle attività offshore nel settore degli idrocarburi e di limitarne le conseguenze, aumentando così la protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere dall’inquinamento e migliorando i meccanismi di risposta in caso d’incidente.
Normativa comunitaria delle operazioni off-shore
Come conseguenza al disastro ecologico del Golfo del Messico avvenuto nel 2010, la Commissione Europea ha avviato una approfondita analisi delle norme attuali ai fini di fornire una risposta efficace alle emergenze in caso di incidenti nelle acque europee a causa dell’estrazione di olio e gas in mare aperto, e di garantire la sicurezza relativa all’attività di prospezione, ricerca e produzione nel settore idrocarburi in aree di offshore. La direttiva 2013/30/UE stabilisce i requisiti minimi per prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitare le conseguenze di tali incidenti, aumentando così la protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere dall’inquinamento, rafforzando al contempo i meccanismi di risposta alle emergenze, anche a livello transfrontaliero. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento Italiano con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 145 «Attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE».
Normativa di VIA nazionale per le attività di prospezione e ricerca di idrocarburi in mare
Con prospezione si intende l’”attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino” (ai sensi dell’art. 2 lett. b del D.M. MISE 25 marzo 2015), mentre con ricerca di idrocarburi si fa riferimento a “l’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99” (ai sensi dell’art. 2 lett. c del D.M. MISE 25 marzo 2015).
Il permesso di prospezione è un titolo non esclusivo della durata di un anno, il permesso di ricerca è un titolo esclusivo della durata di sei anni, rinnovabile. Il permesso di ricerca comprende “l’’insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazioni meccaniche”.
Il Decreto Legislativo 152/2006 prevede le seguenti ulteriori restrizioni alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema marino, ai sensi dell’art.6, comma 17, da ultimo modificato dalla Legge 28 dicembre 2015 n. 221 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”:
– le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare sono vietate all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali;
– le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare sono vietate nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette;
– all’interno della fascia di divieto, infatti, i titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino.
Per i titoli minerari non ancora rilasciati (istanze autorizzative in corso) la modifica normativa ha comportato, sotto il profilo delle procedure di VIA ed autorizzative, la necessità di procedere ad una nuova perimetrazione delle aree in relazione al divieto di operare entro le 12 miglia dalla linea di costa e dal perimetro delle aree marine protette.
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Tutela dei mammiferi marini
Attualmente non esistono delle normative specifiche che regolino in modo mirato ed esaustivo gli impatti di natura acustica potenzialmente generati da attività antropiche quali le indagini geofisiche in ambiente marino. Non esistono, infatti, limiti normativi per le emissioni acustiche prodotte da strumenti, quali sonar, ecoscandagli, ecc. e per le relative caratteristiche temporali e di propagazione di rumore e vibrazioni.
Linee guida emanate da ACCOBAMS. Agreement on the Conservation of Cetaceans of Black Sea, Mediterranean Sea and contiguous Atlantic: Guidelines To Address The Impact Of Anthropogenic Noise On Cetaceans In The Accobams Area – (Guidelines for seismic surveys and airgun uses) (2004).
L’ACCOBAMS rappresenta uno strumento di cooperazione per la conservazione della biodiversità marina, ed in particolare dei Cetacei, nel Mar Nero, Mediterraneo e nella parte Atlantica contigua al Mediterraneo. Questo strumento ha redatto una serie di raccomandazioni e linee guida volte a minimizzare l’impatto delle attività che generano rumore sulla fauna marina e si divide in una sezione generale, una sezione pratica e una sezione speciale.
Linee guida emanate dal JNCC. Joint Nature Conservation Committee: Guidelines for minimising the risk of injury and disturbance to marine mammals from seismic surveys, Agosto 2010.
Il JNCC è un organismo internazionale rappresentato dal comitato scientifico del governo britannico per la conservazione della natura. Le misure di mitigazione redatte dal JNCC vengono normalmente adottate in ambito internazionale e sono state redatte con lo scopo di minimizzare i possibili impatti dell’airgun sulla fauna marina in generale e sui mammiferi marini in particolare.
Rapporto Tecnico “Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani”, ISPRA – 2012. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), a seguito di richiesta della Commissione Tecnica di Valutazione Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha redatto un documento tecnico, di riferimento per la pianificazione, la fase di attività e fase post – survey, per una valutazione del rischio associato alle prospezioni geofisiche e la minimizzazione dell’impatto acustico causato da tali attività sull’ambiente marino. Il documento indica anche una serie di best practices di cui tener conto in aggiunta a quanto riportato nelle linee guida ACCOBAMS e JNCC, precedentemente descritte.
Monitoring Guidance for Underwater noise in European seas – European Commission, Joint Research Centre, Institute for Environment and Sustainability – 2014.
La Commissione Europea ha recentemente pubblicato dei rapporti elaborati dal sottogruppo tecnico sul rumore sottomarino (TSG noise) per fornire agli Stati Membri un orientamento che permetta di raggiungere le condizioni stabilite dalla Direttiva quadro sulla Strategia Marina (MSFD) in relazione al descrittore 11 sull’underwater noise, così come definito nella Decisione 477/2010/EU del 1 settembre 2010:
“L’introduzione di energia, comprese le fonti sonore sottomarine, è a livelli che non hanno effetti negativi sull’ambiente marino”. I Rapporti sono organizzati in tre documenti:
– Part I: Executive Summary (JRC Scientific and Policy Report EUR 26557 EN)
– Part II: Monitoring Guidance Specifications (JRC Scientific and Policy Report EUR 26555 EN)
– Part III: Background Information and Annexes (JRC Scientific and Policy Report EUR 26556 EN).
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Indagini geofisiche mediante l’impiego di airgun
Un air gun è uno strumento usato in geofisica e in particolare nelle prospezioni geofisiche in aree marine o grandi laghi. Si tratta di un mezzo che genera onde compressionali emettendo bolle di aria compressa nell’acqua.
Funziona con un compressore, solitamente posto sul battello che comprime aria, che tramite un tubo viene immessa nell’air gun: in questo viene iniettata una camera stagna immersa nell’acqua e raggiunta la pressione richiesta l’aria viene espulsa repentinamente, generando una bolla d’aria sott’acqua la cui espansione improvvisa produce un’onda compressionale nel mezzo liquido. Lo spettro di frequenza dell’onda compressionale generata dipende dal volume e pressione dell’aria usata e dalla profondità dell’acqua.
Questo sistema consente di utilizzare la pressione dell’aria per creare dei piccoli sommovimenti nel sottosuolo marino e consente di captare dei segnali per capire se ci sia presenza di gas o petrolio. L’eco di questi suoni, riflesso dal fondale, viene trasformato in mappe che rivelano, se presente, le caratteristiche del giacimento, successivamente esplorato con trivelle al fine di testarne più approfonditamente, con il prelievo di campioni, le caratteristiche.
Tanto che anche le campagne oceanografiche svolte nel Mediterraneo ed in particolare nelle acque territoriali italiane, hanno utilizzato tali strumentazioni – spesso in maniera combinata – per ottenere, ad esempio, informazioni relative alla individuazione e ricostruzione degli andamenti geometrici delle unità geologiche costituenti il sottofondo marino, finalizzate alla comprensione dell’evoluzione degli ambienti deposizionali utili per ricostruzioni paleogeografiche e paleoambientali. Tali metodologie sono inoltre state utilizzate per tomografie sismiche volte alla comprensione delle strutture vulcano-tettoniche profonde ed all’individuazione delle camere magmatiche di complessi vulcanici.
Sentenze del Consiglio di Stato
Nel dettaglio le sentenze sono tre, tutte della quarta sezione del Consiglio di Stato. Le prime due, del 28 febbraio, riguardano due ricorsi analoghi presentati della Regione Abruzzo, che avevano visto l’intervento della Regione Puglia a sostegno di parte delle posizioni sostenute dall’Abruzzo. La terza dell’8 marzo è relativa a un ricorso presentato dalla provincia di Teramo e da una serie di comuni della costa abruzzese. Controparte oltre al ministero dell’Ambiente, anche il ministero delle Sviluppo economico e quello dei Beni culturali. I motivi di ricorso sono stati giudicati in parte infondati.
Si deve rimarcare la netta differenziazione tra l’attività di “prospezione”, oggetto della fattispecie di cui è giudizio, e l’attività di “ricerca”, chiaramente delineata dall’art. 2 del D.M. 25 marzo 2015. Peraltro, occorre dare conto che la descrizione di tali attività presente nel decreto del 2015, ha trovato piena conferma nel successivo D.M. del 7 dicembre 2016, il quale, all’art. 2 specifica:
– «attività di prospezione»: attività consistente in rilievi geografici, geologici, geochimici e geofisici eseguiti con qualunque metodo e mezzo, escluse le perforazioni meccaniche di ogni specie, ad eccezione dei sondaggi geotecnici e geognostici, intese ad accertare la natura del sottosuolo e del sottofondo marino;
– «attività di ricerca»: insieme delle operazioni volte all’accertamento dell’esistenza di idrocarburi liquidi e gassosi, comprendenti le attività di indagini geologiche, geotecniche, geognostiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonché le attività di perforazione meccanica, previa acquisizione dell’autorizzazione di cui all’art. 1, commi 78 e 80 della legge n. 239/2004, come sostituiti dall’art. 27 della legge n. 99/2009”.
Come si rileva anche dalla lettura delle definizioni di cui al D.M. 7 dicembre 2016, le attività di prospezione e ricerca presentano una distinzione determinante laddove quest’ultima, a differenza della prima, implica potenzialmente l’esercizio di attività di perforazioni meccaniche. La possibile incidenza della perforazione sul territorio, e la rilevanza delle relative conseguenze su di esso, dunque, legittimano e fanno ritenere pienamente giustificato il differente trattamento normativo rispetto all’attività di pura prospezione.
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