di Chiara Testoni
Da tempo in letteratura si sente parlare di smart cities come della ”bacchetta magica” per garantire una crescita sostenibile dell’ambiente antropizzato. In generale, per smart city si intende una città strutturalmente interconnessa da sistemi digitali, ecologica, economicamente competitiva, inclusiva.
Tuttavia oggi sembra doveroso porsi il quesito se siamo di fronte a un cambiamento sostanziale o se invece assistiamo a un fenomeno meramente transitorio.
Intendiamo prendere in considerazione il concetto di smart city attraverso il tema della riqualificazione urbana come strumento per una concreta trasformazione qualitativa e sostenibile del territorio, al di là delle spesso sopravvalutate perfomances delle tecnologie informatiche .
Attraverso le esperienze europee più significative degli ultimi anni (Hafencity ad Amburgo, Rosengård e Augustenborg a Malmö, Barrio de La Mina a Barcellona), non si sostiene la dogmatica negazione dell’importanza delle ICT ma la convinzione che la qualità urbana si misuri essenzialmente nel rapporto concreto tra le persone e lo spazio costruito, da un lato, e nella relazione tra le persone e la comunità alla quale appartengono, dall’altro.
Nei casi citati il concetto di riqualificazione urbana è inteso in senso sia “materiale” sia “immateriale” , cioé non solo come alterazione fisica dello spazio ma come un’azione complessa che coinvolge contestualmente la tutela delle risorse ambientali, il welfare economico e il benessere sociale.
Gli esempi mostrano alcuni denominatori comuni che possono costituire un punto di riflessione utile per la declinazione del concetto di smart city alla realtà italiana.
In primo luogo emerge come i principali artefici dei processi di trasformazione urbana siano le Pubbliche Amministrazioni, chiamate oggi a rivedere il loro ruolo tradizionale di committenti e a trasformarsi in “registi”, coordinatori, interlocutori, in stretta sinergia con gli attori del mercato imprenditoriale e con i cittadini.
In secondo luogo, è messo in luce il ruolo chiave svolto dal disegno urbano integrato come strumento attuativo irrinunciabile per avviare la crescita eco-compatibile dello spazio antropizzato, la sostenibilità economico-finanziaria degli interventi, la formazione di un senso di comunità.
Nell’immagine in evidenza Rosengård, Malmö: progetto di valorizzazione degli spazi aperti (Città di Malmö)
(Maggiori approfondimenti saranno disponibili sul n.1-2/2013 della rivista L’Ufficio Tecnico)
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