Paesaggio, edilizia e silenzio-assenso: osservazioni a margine di due sentenze del Consiglio di Stato

Due recenti sentenze della IV Sezione del Consiglio di Stato fanno chiarezza sul controverso tema del silenzio-assenso in materia paesaggistica e urbanistico-edilizia

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(di A. Ferruti [1]) Due recenti sentenze della IV Sezione del Consiglio di Stato (sez. IV n. 8610/2023 e n. 9969/2023) fanno chiarezza sul controverso tema del silenzio-assenso in materia paesaggistica e urbanistico-edilizia.

Parere tardivo della Soprintendenza: è privo di effetti

Con la prima sentenza, depositata il 2 ottobre 2023 (CDS sez. IV, n. 8610/2023), sono individuati alcuni principi sul silenzio-assenso, con particolare riguardo alla sua applicazione per amministrazioni che tutelano interessi costituzionali di grado superiore, quali la Soprintendenza in sede di autorizzazione paesaggistica disciplinata dagli artt. 146 e ss. d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, altrimenti noto come “Codice Urbani”.

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L’iter logico-giuridico

Al termine di un’articolata ricostruzione della normativa, che trae le mosse dalla cd. Riforma Madia della legge sul procedimento amministrativo[2] e dai relativi decreti attuativi[3] per giungere ai cosiddetti Decreti Semplificazione del 2020[4] e del 2021[5], oggetto di diverse opzioni interpretative da parte del medesimo Consiglio di Stato, la sentenza qui commentata aderisce all’orientamento che ritiene applicabile l’art. 17-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241[6] al parere della Soprintendenza che è “espressione di una cogestione attiva del vincolo paesaggistico”.

Pertanto, il parere espresso successivamente al decorso dei termini fissati dal procedimento deve ritenersi tardivo e privo di effetti[7].

Alcune precisazioni

Si tratta, a ben vedere, di una sentenza che, ponendo fine ad una diatriba tra gli interpreti e gli operatori del settore anche per altre analoghe vicende (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2022 n. 5746[8]), riconosce l’intento del legislatore di raggiungere, attraverso gli istituti di semplificazione di cui agli artt. 14-bis[9], in tema di conferenza di servizi e 17-bis della legge n. 241/1990 un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all’operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell’omissione burocratica[10].

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la protezione del valore paesaggistico attribuisce all’autorità tutoria non solo diritti ma anche “doveri e responsabilità. In tale composito quadro, la competenza della Soprintendenza resta garantita sia pure entro termini stringenti entro i quali deve esercitare la propria funzione. Né, precisa la sentenza, in caso di mancato esercizio del potere entro i termini assegnati dall’ordinamento alla Soprintendenza, l’interesse paesaggistico rimane privo di tutela, posto che resta ferma la possibilità di tale organismo periferico del Ministero della Cultura di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus[11].

I limiti per l’operatore giuridico

Per il Consiglio di Stato nella sentenza qui analizzata, infatti, la legge, specialmente quando formulata mediante la cd. tecnica per fattispecie analitica, fornisce la misura della discrezionalità giudiziaria, rappresentando il punto fermo da cui occorre muovere nell’attività interpretativa e a cui è necessario ritornare all’esito del combinato ricorso a tutti gli altri canoni di interpretazione.

Da qui l’insussistenza di un potere del giudice di decidere una controversia a lui sottoposta facendo diretta applicazione di un principio costituzionale anche quando non si sia in presenza di una lacuna che, va aggiunto, era inesistente nel caso sottoposto al giudizio del Consiglio di Stato[12], conclusosi appunto con la sentenza della sez. IV, n. 8610/2023.

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Autorizzazione paesaggistica preventiva e permesso di costruire per silentium

Con la seconda sentenza, depositata il 21 novembre 2023 (CDS sez. IV, n. 9969/2023), invece, sono specificati gli snodi procedimentali connessi ad un’autorizzazione paesaggistica che, conseguita anteriormente all’attivazione dell’iter per il rilascio del permesso di costruire, è stata fatta confluire in quest’ultimo procedimento che si sarebbe dovuto concludere con il rilascio di un titolo implicito per silentium.

La fattispecie

Secondo quanto emerge dalla ricostruzione della fattispecie effettuata nella sentenza, in particolare, il diniego di attestazione emesso da un Comune era stato motivato “per il solo fatto della pertinenza dell’intervento ad area soggetta a vincolo”, mentre il privato aveva allegato la preventiva autorizzazione paesaggisticaalla propria istanza, la cui pratica si presentava dunque, a quel momento, «completa» dal punto di vista dell’acquisizione dei nulla osta, pareri e assensi necessari e dunque della rappresentazione di tutti gli interessi pubblici da salvaguardare, ai fini della decisione dell’Amministrazione comunale”.

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Nel confermare la sentenza del TAR Toscana, sez. III, 24 gennaio 2023, n. 72[13], quindi, il Consiglio di Stato rivela che l’assunto dell’Amministrazione comunale comporta “una errata applicazione del comma 8 dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed una illegittima limitazione dell’operatività dell’istituto del silenzio-assenso, che producono l’effetto abnorme di frustrare le finalità di semplificazione e di accelerazione dell’agire amministrativo alla base della stessa disposizione normativa citata, nonché le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche all’origine delle più recenti modifiche apportate ad essa ed alla legge n. 241 del 1990”, ossia – va precisato – all’origine delle modificazioni apportate dai due “decreti semplificazione” del 2020 e del 2021 di cui si è detto in precedenza.

Né, precisa ulteriormente il Consiglio di Stato, avrebbe avuto senso convocare una conferenza di servizi posto che tale “modulo procedimentale trova la sua ragion d’essere nella concreta necessità di acquisire assensi e nulla osta di altri enti affidatari di interessi pubblici coinvolti nell’azione amministrativa, e dunque di un’esigenza che, nell’ipotesi in questione, risultava ab origine superata, così da trasformare il più complesso iter prospettato … in un irragionevole aggravio del procedimento”.

Alcune precisazioni

Da ultimo, con un implicito richiamo ad alcuni passaggi della sentenza della sez. VI, n. 5746/2022, non assume rilievo la “pretesa mancanza del requisito della conformità urbanistico-edilizia”, affermata dall’Amministrazione in sede di appello.

Infatti, “le eventuali ragioni di contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia avrebbero dovuto essere da essa attentamente valutate entro il termine previsto dalla legge per la conclusione del procedimento, rappresentando ora, per come [sono state, n.d.r.] esposte, in mancanza di qualsiasi esercizio del potere di autotutela contro il provvedimento formatosi per silentium, un’inammissibile motivazione postuma[14].

Gli effetti per gli atti di trasferimento della proprietà

Per completezza espositiva relativa alla circolazione dei beni immobili, quindi, può affermarsi che il permesso di costruire formatosi per silentium dovrà essere menzionato negli atti di trasferimento della proprietà[15], con integrazione sistematica dell’art. 46, Testo Unico Edilizia[16], il tutto sulla falsariga delle elaborazioni giurisprudenziali (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. II, 20 maggio 2019, n. 725)[17].

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Considerazioni conclusive

Un insegnamento comune sembra trarsi dalle due sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 8610/2023, n. 9969/2023 e, ancor prima, dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5746/2022 cui si è fatto cenno[18] .

Non è più possibile per le Amministrazioni, qualsiasi interesse pubblico esse tutelino[19](fossero anche super-primari[20]), sottrarsi alle regole (anche) temporali del procedimento invocando (insussistenti) prerogative che consentano di esprimersi al di fuori del procedimento avviato dal privato.

Quest’ultimo, dunque, può (e, si aggiunge sommessamente, deve) contare su termini certi entro i quali la P.A. deve formalizzare le proprie autorizzazioni, siano esse positive o negative, senza che si possa dare luogo ad equivoci di sorta sugli effetti dell’inerzia della P.A.

In questo modo, per giunta, sarebbe accolto l’auspicio formulato da acuta dottrina di cui si parlava all’inizio[21] circa le modalità di effettivo perseguimento della “semplificazione procedimentale” [che] “si è tradotta in una crescita esponenziale dei ricorsi giurisdizionali, spostando così il profilo della verifica dell’attività” [dei privati] dal procedimento al processo (ciò è documentato, per esempio, dal contenzioso in tema di d.i.a./s.c.i.a. in materia edilizia)”, contenzioso di cui si è cercato di dar conto in questo contributo.

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[1] Andrea Ferruti, Avvocato del Foro di Roma. Questo contributo costituisce naturale prosecuzione e sviluppo degli spunti offerti dal webinar “Le verifiche di conformità edilizia, urbanistica e catastale degli immobili e Due Diligence Immobiliare”, organizzato da Maggioli Formazione nel mese di novembre 2023, in cui sono stato docente assieme agli architetti Romolo Balasso e Marco Campagna, con la supervisione del dottor Mauro Ferrarini e dei suoi collaboratori che, sentitamente, ringrazio.

[2] La dottrina che si è occupata della legge 7 agosto 2015, n. 124 e dei relativi decreti attuativi è pressoché infinita. Si segnalano, tra gli altri, G. Amoroso, La “Riforma Madia”: rapporto tra legge delega e decreti attuativi, in Libro dell’anno del diritto-Encicl. giur. Treccani, Roma, 2018, 335, nonché M.A. Sandulli (a cura di) – F. Aperio Bella (coordinamento), Principi e regole dell’azione amministrativa, Milano, 2015.

[3] In primis, il d.lgs. 30 giugno 2016, n. 127 “Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124”, per il quale si vedano, tra gli altri, S. Soricelli, La natura giuridica della conferenza di servizi dopo la Riforma Madia, in www.federalismi.it, 2017, S. Piovesan, La Riforma Madia riscrive integralmente la conferenza di servizi, in Comuni d’Italia, 2016, fasc. 6, 16, M. Santini, La nuova conferenza di servizi dopo la Riforma Madia – Dalla l. 7 agosto 1990 n. 241 al d.leg. 30 giugno 2016 n. 127, Roma, 2016, M. Santini, La Riforma Madia sulla conferenza di servizi, in Nuovo dir. amm., 2016, fasc. 5, 13, I. Cacciavillani, La conferenza di servizi nella c.d. «Legge Madia»: riforma od atrofizzazione, in www.lexitalia.it, n. 3/2016, M. De Benedetti – A. Zenca, La riforma della conferenza di servizi alla luce delle recenti disposizioni del d.leg. n. 127 del 2016, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2017, S. Mezzacapo, Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’art. 2 l. 7 agosto 2015 n. 124 (commento al d.leg. 30 giugno 2016 n. 127), in Guida al dir. dossier, 2016, fasc. 5, 86, A. Cimellaro – A. Ferruti, Dal 28 luglio 2016 al via la nuova conferenza di servizi – D.leg. 30 giugno 2016 n. 127, in Comuni d’Italia, 2016, fasc. 5, 45, L. De Lucia, La conferenza di servizi nel d.leg. 30 giugno 2016, n. 127, in Dir. economia, 1997, 547, G. Vesperini, La nuova conferenza di servizi (commento al d.leg. 30 giugno 2016, n. 127), in Riv. giur. urbanistica, 2016, 12, G. Conti, La conferenza di servizi dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 127 del 15 maggio 1997, in Giornale dir. amm., 2016, 578.

[4] Sull’art. 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120) si vedano F. Gualandi, Decreto semplificazioni e ristrutturazione edilizia ricostruttiva: prime riflessioni in tema di distanze e di incrementi volumetrici, in www.lexitalia.it, n. 3/2021, E. Righetti, Chiarimenti interpretativi sugli interventi di ristrutturazione edilizia ricostruttiva a seguito dal decreto Semplificazioni, in L’Ufficio Tecnico, n. 1-2/2021, p. 78, M. Petrulli, Opere stagionali e dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee: le novità del decreto Semplificazioni, ibidem, p. 93, F. Botteon, Lo spostamento di sedime come ristrutturazione nel d.l. 76 “Semplificazioni”: il (problematico) ruolo della legislazione regionale e – soprattutto – della pianificazione comunale, in www.lexitalia.it, n. 12/2020, A. Ferruti, L’edilizia privata dopo la conversione in legge del decreto semplificazioni, in L’Ufficio Tecnico, n. 11-12/2020, 90, R. Greco, I titoli edilizi “semplificati” dopo il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020, G. Guzzo, La legislazione edilizia alla luce delle recenti modifiche apportate dal d.l. n. 76/2020. Il quadro legislativo e giurisprudenziale, www.lexitalia.it, n. 12/2020, G. Rizzi, Decreto semplificazioni 2020 e modifiche al testo unico in materia edilizia, in Notariato, 2020, 582, S. Bigolaro, Gli interventi di trasformazione dell’esistente e il rispetto delle distanze dopo il decreto “semplificazioni”, in www.lexitalia.it, n. 7/2020 e P. Urbani, Decreto “semplificazioni”: l’edilizia, in Giornale dir. amm., 2020, 751.

[5] Si intende far riferimento al decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108.

[6] Si riporta il testo dell’art. 17-bis “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”, legge n. 241/1990, vigente dal 17 luglio 2020, come modificato dall’art. 17, comma 1, lettera g), D.L. n. 76/2020:

“1. Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente. Esclusi i casi di cui al comma 3, quando per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi è prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, la proposta stessa è trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ultima amministrazione. Il termine è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; lo stesso termine si applica qualora dette esigenze istruttorie siano rappresentate dall’amministrazione proponente nei casi di cui al secondo periodo. Non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

  1. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Esclusi i casi di cui al comma 3, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al comma 1, secondo periodo, l’amministrazione competente può comunque procedere. In tal caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, è trasmesso all’amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l’assenso ai sensi del presente articolo. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
  2. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
  3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi”.

[7] Fondamentale sul punto è la lettura del parere del Consiglio di Stato, 13 luglio 2016 n. 1640 sullo schema di decreto sulla conferenza di servizi, divenuto poi il citato decreto legislativo n. 127/2016, il cui testo in massima può leggersi in Giornale dir. amm. 2017, 95, con nota di C. Vitale, Il silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni: il parere del Consiglio di Stato.

[8] La sentenza è pubblicata in Foro it., 2022, III, c. 425, con nota adesiva di A. Travi, Silenzio-assenso e conformità urbanistica delle opere e in www.giustiziainsieme.it, 2020, con nota di M. Calabrò, Il silenzio assenso nella disciplina del permesso di costruire – L’inefficacia della decisione tardiva nel d.l. n. 76/2020.

In questa sede giova evidenziare alcune argomentazioni della sentenza del Cons. Stato, sez. VI, n. 5746/2022, vero e proprio “leading case” o “causa pilota” sull’interpretazione dell’art. 20, comma 8, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (cd. Testo Unico Edilizia), come modificato dall’art. 10, comma 1, lett. i), D.L. 76/2020.

La sentenza n. 5746/2022, infatti, afferma che il dispositivo tecnico denominato “silenzio-assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia “equivale” a provvedimento di accoglimento. Ciò in ragione dell’obiettivo precipuo di semplificazione perseguito dal legislatore, di rendere più spediti e dare certezza ai rapporti tra Amministrazione e cittadini, che viene realizzato stabilendo che il potere di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale. Peraltro, come precisato dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 5746/2022, l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie “silenziosa” in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda.

[9] Si riporta il testo dell’art. 14-bis, legge n. 241/1990, vigente dal 28 luglio 2016, come integralmente sostituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. 127/2016:

1. La conferenza decisoria di cui all’articolo 14, comma 2, si svolge in forma semplificata e in modalità asincrona, salvo i casi di cui ai commi 6 e 7. Le comunicazioni avvengono secondo le modalità previste dall’articolo 47 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

  1. La conferenza è indetta dall’amministrazione procedente entro cinque giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. A tal fine l’amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate:
  2. a) l’oggetto della determinazione da assumere, l’istanza e la relativa documentazione ovvero le credenziali per l’accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell’istruttoria;
  3. b) il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, integrazioni documentali o chiarimenti relativi a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni;
  4. c) il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento. Se tra le suddette amministrazioni vi sono amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il suddetto termine è fissato in novanta giorni;
  5. d) la data della eventuale riunione in modalità sincrona di cui all’articolo 14-ter, da tenersi entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera c), fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.
  6. Entro il termine di cui al comma 2, lettera c), le amministrazioni coinvolte rendono le proprie determinazioni, relative alla decisione oggetto della conferenza. Tali determinazioni, congruamente motivate, sono formulate in termini di assenso o dissenso e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell’assenso. Le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso sono espresse in modo chiaro e analitico e specificano se sono relative a un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico.
  7. Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedono l’adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine di cui al comma 2, lettera c), ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell’amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell’amministrazione, per l’assenso reso, ancorché implicito.
  8. Scaduto il termine di cui al comma 2, lettera c), l’amministrazione procedente adotta, entro cinque giorni lavorativi, la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza, con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero qualora ritenga, sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle amministrazioni ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza. Qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l’amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l’effetto del rigetto della domanda. Nei procedimenti a istanza di parte la suddetta determinazione produce gli effetti della comunicazione di cui all’articolo 10-bis. L’amministrazione procedente trasmette alle altre amministrazioni coinvolte le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui al suddetto articolo e procede ai sensi del comma 2. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nell’ulteriore determinazione di conclusione della conferenza.
  9. Fuori dei casi di cui al comma 5, l’amministrazione procedente, ai fini dell’esame contestuale degli interessi coinvolti, svolge, nella data fissata ai sensi del comma 2, lettera d), la riunione della conferenza in modalità sincrona, ai sensi dell’articolo 14-ter.
  10. Ove necessario, in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere, l’amministrazione procedente può comunque procedere direttamente in forma simultanea e in modalità sincrona, ai sensi dell’articolo 14-ter. In tal caso indice la conferenza comunicando alle altre amministrazioni le informazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 2 e convocando la riunione entro i successivi quarantacinque giorni. L’amministrazione procedente può altresì procedere in forma simultanea e in modalità sincrona su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato avanzata entro il termine perentorio di cui al comma 2, lettera b). In tal caso la riunione è convocata nei successivi quarantacinque giorni”.

[10] Di fronte a questo orientamento giurisprudenziale che sta assumendo carattere maggioritario dovrebbe, quindi, essere superata la posizione espressa anche recentemente dal Ministero della Cultura con la circolare n. 34 del 30 settembre 2023 a proposito degli accertamenti di compatibilità paesaggistica di cui all’art. 167, d.lgs. 42/2004. Quest’ultima circolare, almeno prima facie, non sembra infatti tener conto della normativa sopravvenuta e, in particolare, delle modifiche apportate dal D.L. 76/2020 di cui si è dato conto in precedenza le quali rendono inattuali i principi affermati nelle sentenze citate ivi citate.

[11] Si tratta di un principio tipico del diritto amministrativo per cui la revoca e, più in generale, gli atti di secondo grado devono seguire la medesima procedura osservata per l’adozione del provvedimento originario ed essere disposti dallo stesso organo che li ha emanati.

Per applicazioni concrete di tale principio si vedano Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 5990 e, incidentalmente, il citato parere del Consiglio di Stato n. 8190/2016, mentre per un inquadramento sistematico, si veda S. Tuccillo, Autotutela amministrativa, qui.

[12] Il tema qui accennato è affrontato egregiamente da M. Luciani, Ogni cosa al suo posto, Milano, 2023, passim e, specialmente, pp. 147 e ss.

[13] Il cui testo può leggersi in www.giustizia-amministrativa.it e al seguente link: https://ediltecnico.it/wp-content/uploads/2023/04/tar-toscana-322-2023.pdf

[14] Sul punto, si vedano Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2021 n. 5401, in Foro amm. 2021, 1134, (m) e Cons. Stato, sez. III, 28 luglio 2020 n. 4801, in www.giustizia-amministrativa.it.

[15] Sul tema, oltre a G. Rizzi, art. cit., si rinvia allo Studio del Notariato n. 84-2018/P, Le menzioni edilizie ed urbanistiche in tema di circolazione di fabbricati, G. Trapani, 2020, reperibile nell’apposita sezione del sito istituzionale www.notariato.it, G. Mazzini, Le garanzie per il compratore, in I contratti immobiliari (a cura di F. Peluso), Santarcangelo di Romagna, 2020, 191-194 e S. Sideri, Edilizia, urbanistica e circolazione immobiliare nell’attività notarile, Milano, 2022, 123-174 (cfr. anche successiva nota).

[16] Su questo articolo fondamentale è la sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 22 marzo 2019, n. 8230, pubblicata in Foro it., 2019, I, p. 2370, n. C. Bona, Notariato, 2019, p. 267, n. F. Magliulo, Foro it., 2019, I, p. 2790 (m), n. C. de Lorenzo, A.M. Siniscalchi, Vita not., 2019, p. 848, Immobili & proprietà, 2019, p. 319 (m), n. M. Monegat, Gazzetta forense, 2019, p. 417, n. V. Tarroux. Nuova giur. civ., 2019, p. 727, n. C. Natoli, Contratti, 2019, p. 527, n. S. Orlando, Riv. not., 2019, p. 329, n. C. Cicero, A. Leuzzi, Riv. giur. edilizia, 2019, I, p. 613, n. R. Bocchini, Urbanistica e appalti, 2019, p. 496, n. E. Amante, Guida al dir., 2019, fasc. 21, p. 32, n. A. Pescara, L. Presotto.

Per tale sentenza, la nullità comminata dall’art. 46 del D.P.R. n. 380/2001 e dagli artt. 17 e 40 della l. n. 47/1985 va ricondotta nell’ambito del terzo comma dell’art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile, proprio, a quell’immobile. Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.

[17] La sentenza del Tar Puglia, Bari, sez. II, n. 725/2019 (il cui testo può leggersi in Urbanistica e appalti, 2019, 822, con nota di R. Musone) afferma che “laddove specificamente richiesta e sollecitata più volte nel tempo dal privato istante a pronunciarsi sull’istanza di rilascio del permesso di costruire in forma espressa, l’amministrazione comunale non può pronunciare la decadenza dell’atto tacito formatosi ai sensi dell’art. 20, comma 8, D.P.R. n. 380/2001, dovendo emanare il relativo provvedimento e non potendo persistere nell’omissione”.

[18] Oltre a tali sentenze si richiamano anche quelle menzionate nella nota 14

[19] Per usare l’incisiva espressione di S. AMOROSINO, La semplificazione amministrativa e le recenti modifiche normative alla disciplina generale del procedimento, in Foro amm.-Tar, 2005, 2635.

[20] Utili indicazioni al riguardo sono contenute nel parere del Consiglio di Stato, Sez. I, 30 settembre 2019, n. 2534, il cui testo può leggersi in Giorn. dir. amm., 2020, 125, con nota di C. NOTARMUZI, L’opposizione dei comuni avverso la determinazione conclusiva della conferenza di servizi e, in precedenza, in www.ediliziaurbanistica.it, ottobre 2019, con annotazioni di A. FERRUTI, Dissenso in conferenza di servizi: quali sono le amministrazioni di «serie A»? Focus sul parere del Consiglio di Stato.

[21] G. D’Angelo, art. cit., 594.

Immagine: iStock/aerogondo

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