I fili da non toccare, nello specifico, sono rappresentati dalla riforma del Catasto, a suo tempo ‘parcheggiata’ dal governo Renzi e che oggi, volenti o nolenti, è necessario riprendere in esame.
Sulla sostanziale iniquità dell’attuale Catasto sono state scritte intere biblioteche e nessuno può seriamente smentire la circostanza: eppure tutti sono allarmati dall’ipotesi di riforma, Confedilizia – ça va sans dire – in prima fila.
Riepiloghiamo: circa quattro fa Attilio Befera, allora Direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, ripeteva che per la riforma del Catasto sarebbero serviti almeno cinque anni.
Allora noi non credevamo che ciò potesse essere vero: o, meglio, non credevamo si dovesse impiegare cinque anni per mettere in campo un catasto di valori.
Già, perché quando si parla di catasto si tende a dimenticare che quello attuale è un catasto di redditi; ai valori si è arrivati, dal 1986 in poi, con un giochetto aritmetico, moltiplicando i redditi (cioè le inattendibili rendite catastali) per alcuni coefficienti, eguali in tutto il paese.
Le rendite catastali sono poi ulteriormente viziate, per quanto attiene agli immobili abitativi (cioè al 92% delle unità immobiliari censite) dall’arcaico sistema di calcolo della consistenza, a vani.
Quest’ultimo problema è però facilmente superabile e, con un investimento relativamente modesto, è possibile procedere (se già non è stato fatto) all’acquisizione delle superfici reali per tutte le unità, le cui planimetrie sono già digitalizzate.
Questo è il primo passo; il secondo è determinare i valori ma anche per questo il Catasto possiede già i dati necessari, visto che da molti anni raccoglie, elabora e pubblica i valori al mq nell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI).
Si tratta, è noto, di valori non molto precisi epperò, adottando gli importi minimi della forbice (min-max) registrata da OMI, i valori catastali delle unità immobiliari così ricavati saranno comunque molto più attendibili di quelli attualmente in uso.
Allora dicevamo che per fare questo …non servono cinque anni: partendo col piede giusto potrebbe bastare anche solo un anno, purché questo lavoro venga fatto in collaborazione con le categorie professionali (geometri in testa) che già oggi mantengono aggiornato il Catasto, essendo l’attività svolta dall’Agenzia ormai di solo controllo.
Ma quattro anni sono ormai passati senza risultati: ora il problema è che oggi non vi sono soggetti politici tanto solidi da poter garantire la famosa invarianza di gettito e si teme quindi che il risultato sarà il solito pastrocchio all’italiana, buono per scontentare tutti: questo perché, come tutti sanno, chi tocca i fili muore.
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