Piano operativo sicurezza (POS): la guida alla compilazione

Marco Brezza 02/02/16

Il Piano operativo della sicurezza (POS), redatto da ciascun datore di lavoro delle imprese appaltatrici, si configura come uno strumento di fondamentale importanza per la sicurezza in cantiere e deve riferirsi esclusivamente al singolo cantiere interessato dalle lavorazioni non potendo per nessuna ragione trasformarsi in un documento generico e indefinito, né incarnarsi nella banale reiterazione del Documento di Valutazione del Rischio aziendale (DVR). Nel POS, infatti, la valutazione del rischio deve riferirsi in maniera precisa e puntuale a quanto potenzialmente potrebbe accadere nel cantiere ove effettivamente si svolgeranno i lavori.

Nell’ultimo periodo (ovverosia negli ultimi 2 anni) una rilevante mole di novità ha investito tale strumento, modificandone in parte la struttura: la necessità di confermare l’importanza di questo documento e di fare chiarezza sui veri contenuti minimi del POS richiesti dalla norma ha indotto il legislatore ad individuare dei modelli “semplificati” per la redazione del piano operativo di sicurezza che sono stati individuati e pubblicati attraverso il decreto interministeriale 9 settembre 2014. Per capire le ragioni e le conseguenze dei cambiamenti intercorsi abbiamo deciso di intervistare l’Ing. Danilo G.M. De Filippo, Responsabile Vigilanza Servizio Ispezioni del Lavoro di Siena, membro del gruppo di formatori incaricati dal Ministero del lavoro in seno al progetto “Formazione e Sicurezza” ed autore del nuovissimo libro edito da Maggioli ed intitolato Le nuove regole per il POS e il PSS semplificati.

Marco Brezza: Il grande percorso di cambiamento intrapreso dalla sicurezza sul lavoro negli ultimi 20 anni ha visto uno spostamento di rilevanza dal concetto di protezione del lavoratore a quello di prevenzione sistematica sotto il profilo della condivisione partecipata tra lavoratore ed impresa avente come nucleo imprescindibile la valutazione del rischio. Quali sono, nell’ambito specifico della sicurezza sul cantiere, gli elementi più visibili di questo cambiamento virtuoso?

Danilo G.M. De Filippo: Con il recepimento delle direttive comunitarie e con la conseguente pubblicazione del famoso d.lgs. n. 626 del 1994, è iniziata una vera e propria “rivoluzione copernicana” sul modo di approcciare il problema degli incidenti sul lavoro: si è passati da una struttura il cui centro assoluto era il lavoratore in quanto soggetto da “proteggere” a qualsiasi costo ed a cui indirizzare ogni tipo di tutela, ad un sistema il cui fulcro centrale è rappresentato dal concetto di sicurezza stesso, secondo criteri di “tutela anticipata” di carattere prevenzionistico, basati essenzialmente sulla previsione del pericolo e sulla stima dei potenziali danni che questo può generare. Nasce e si sviluppa così il concetto di valutazione del rischio per la cui effettuazione è necessario che tutti i soggetti inseriti dalle norme all’interno del sistema sicurezza offrano il loro contributo partecipativo/operativo.

In questo nuovo contesto, anche il settore delle costruzioni (particolarmente esposto ai fenomeni infortunistici) ha visto innovare radicalmente la propria struttura prevenzionistica mediante l’emanazione di leggi speciali e attraverso l’introduzione di nuove figure e nuovi obblighi coerenti con il rinnovato approccio filosofico della materia. La sicurezza nel cantiere viene “progettata” e curata da un Coordinatore il quale, tenendo conto anche delle stime effettuate dai datori di lavoro delle imprese (attraverso i propri documenti per la sicurezza), esegue una valutazione del rischio globale e, con la collaborazione delle imprese stesse, definisce le modalità di tutela valide per tutti gli operatori. Proprio dalla stringente necessità di questa compartecipazione è possibile intuire l’importanza di una corretta elaborazione di un PSC o di un POS.

M.B.: Troppo spesso la redazione del POS (Piano operativo della sicurezza) viene considerata come un mero adempimento formale da espletare velocemente anche attraverso l’affidamento a software e sedicenti consulenti in materia di sicurezza. Quali risultati effettivi si possono ottenere attraverso una corretta redazione di questo strumento. E i modelli “semplificati” voluti dal legislatore mediante decreto interministeriale 9 settembre 2014 che ruolo positivo possono avere in tale ambito?

De Filippo: Per poter prevenire un qualsiasi evento, occorre innanzitutto conoscere quell’evento. La valutazione del rischio voluta dal legislatore è proprio imperniata su questo concetto basilare: analizzare ogni possibile avvenimento infortunistico così da predisporre idonee misure prevenzionistiche (rectius “anticipate”) che facciano in modo che quell’evento non si verifichi o, almeno, non abbia conseguenze dannose o letali. Il Piano Operativo di Sicurezza (POS) è una valutazione dei rischi specifici a cui l’impresa si sottopone per il singolo cantiere ed in virtù di questo non può (e non deve) essere considerato un mero adempimento burocratico, affidato magari al consulente tuttofare o al software onnisciente che mai potranno formulare ragionamenti realmente aderenti alla realtà del cantiere presso cui i lavoratori andranno ad operare. Una corretta stima può essere effettuata solo da chi conosce il proprio ciclo produttivo, i propri dipendenti e le proprie attrezzature ed è capace di valutare come queste vadano ad inserirsi, di volta in volta, in un cantiere che, rammentiamolo, è sempre diverso da quello precedente.

I modelli “semplificati” individuati attraverso il Decreto Interministeriale 9 settembre 2014 sono stati fortemente voluti dal legislatore che ha percepito la necessità di ribadire l’importanza di tutti i documenti per la sicurezza in cantiere e l’esigenza di renderli maggiormente “fruibili” ai soggetti responsabili della redazione. Più che una semplificazione, infatti, la norma ha realizzato un’operazione di “riorganizzazione” dell’allegato XV e così i modelli divengono dei contenitori normalizzati, all’interno dei quali il redattore viene “guidato” attraverso un percorso di analisi delle informazioni necessarie a valutare i rischi e programmare la sicurezza in cantiere, lasciando poche possibilità di errore o di omissione.

M.B.A chi si rivolge il volume (appena uscito per i tipi Maggioli) intitolato Le nuove regole per il POS e il PSS semplificati? Quale ambito operativo va a toccare?

De Filippo: Il testo è rivolto principalmente ai datori di lavoro delle imprese che così potranno provvedere all’elaborazione di un POS completo senza doversi “scontrare” con le talvolta “nebulose” richieste dell’allegato XV del TUSL. Il volume però si rivolge anche ai Coordinatori per la Sicurezza a cui, non dimentichiamolo, la norma affida l’obbligo – penalmente sanzionabile – di verificare la correttezza e l’idoneità dei Piani Operativi di Sicurezza che vanno considerati quali “piani complementari e di dettaglio” del PSC. In generale poi, il testo è consigliato anche a tutti i tecnici e consulenti che, per ragioni professionali, operano nel settore delle costruzioni ed in quello della sicurezza sui luoghi di lavoro. Il libro è corredato da un modello editabile del POS (e del PSS) con note e commenti a margine in maniera tale che chi ne cura l’elaborazione non perda mai di vista quanto richiesto dalla norma.

M.B.Molti ritengono che il POS sia un “duplicato” del DVR aziendale e quanto meno ne sia un “di cui”. Quanto c’è di vero in questa frase?

De Filippo: Questa affermazione è solo parzialmente condivisibile perché, se da un lato è sicuramente vero che sia il DVR che il POS sono documenti di valutazione del rischio, dall’altro, occorre precisare che i due elaborati posseggono caratteristiche profondamente diverse. Per comprendere meglio queste differenze, occorre fare una sostanziale premessa: il DVR è un documento generale di valutazione del rischio che, per il particolare settore dell’edilizia, si propone, coerentemente all’art.29 del d.lgs. n.81/2008, l’analisi e la stima di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, correlati alle attrezzature di lavoro, alle sostanze o ai preparati chimici impiegati o, ancora, connessi all’età dei lavoratori, alla loro provenienza da altri Paesi. Il DVR del settore delle costruzioni, però, a differenza della maggior parte degli altri settori produttivi, non può concentrare la propria valutazione sui rischi collegati all’ambiente di lavoro in quanto ciascun cantiere – temporaneo o mobile – è ovviamente diverso dall’altro per caratteristiche morfologiche, logistiche, territoriali o, più semplicemente, per la differente natura delle opere da realizzare. Il Piano Operativo di Sicurezza, invece, è un nuovo documento in cui tutti quei rischi “generali” contenuti nel DVR vengono, di volta in volta, “trasferiti” in una diversa realtà produttiva, la quale ovviamente ne può alterare le caratteristiche e le conseguenze e, per questa ragione, tali rischi necessitano di una nuova e specifica valutazione.

Marco Brezza

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