Non sono mere opere precarie quelle che assolvono a funzione continuativa

Il TAR Lazio chiarisce le condizioni che determinano la necessità di autorizzazioni edilizie per manufatti “precari”, con focus su magazzini e depositi

Mario Petrulli 15/04/25

Non sono meri manufatti precari quelli che, seppur realizzati con legno e/o metalli, assolvono ad una funzione continuativa, come, ad esempio, quella di magazzino o deposito: è quanto ribadito dal TAR Lazio, Roma, sez. II quater, nella sent. 2 marzo 2025, n. 5830[1].

Nel caso specifico, si trattava di “ben 8 manufatti (n. 2 manufatti da circa mq. 4/5, n. 1 manufatto di circa mq. 8, n. 3 manufatti di circa mq. 12/15, n. 1 manufatto di circa mq. 22 e n. 1 manufatto di circa mq. 32), qualcuno in struttura portante metallica, altri in struttura mista legno/metallo, tra cui ad es. un ampliamento di fabbricato adibito a magazzino, un nuovo fabbricato ad uso artigianale, un nuovo prefabbricato in lamiera adibito a magazzino, tutti realizzati senza alcun provvedimento autorizzatorio”.

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Le norme di riferimento

Secondo l’art. 3, lettera e), del D.P.R. n. 380/2001 (rubricato “Definizioni degli interventi edilizi”), sono “interventi di nuova costruzione“, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6).

Il successivo articolo 6, comma 1, lettera e-bis) include invece, nell’attività edilizia libera, le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni.

La nozione di opera precaria secondo la giurisprudenza amministrativa

Da tali previsioni la giurisprudenza ha desunto la nozione di opera precaria, non soggetta a titolo abilitativo. In particolare, si è affermato che in ordine ai requisiti che deve avere un’opera edilizia per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto due criteri discretivi:
1) criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo;
2) criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un’esigenza temporanea.

La giurisprudenza è concorde nel senso che per individuare la natura precaria di un’opera si debba seguire non il criterio strutturale ma il criterio funzionale, per cui un’opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo. Tuttavia, se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie[2]. È pertanto necessario un titolo edilizio, secondo la sentenza ora richiamata, per la realizzazione di “(…) tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, (…) ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”.

Da ciò la conclusione che la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all’intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo[3].

Nello stesso senso è stato chiarito che “La precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante[4].

La giurisprudenza di legittimità

Secondo la giurisprudenza di legittimità[5], l’opera precaria, per la sua stessa natura e destinazione, non comporta effetti permanenti e definitivi sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo; l’intervento precario deve necessariamente possedere alcune specifiche caratteristiche:

  • la sua precarietà non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione oggettivamente data all’opera dall’utilizzatore;
  • sono irrilevanti le caratteristiche costruttive i materiali impiegati e l’agevole amovibilità;
  • deve avere una intrinseca destinazione materiale a un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo;
  • deve essere destinata a una sollecita eliminazione alla cessazione dell’uso.

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Mario Petrulli | Maggioli Editore 2024

Note

[1] TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 28 giugno 2024, n. 2010: “L’art. 3, c. 1, lett. e.5) qualifica nuova costruzione “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore”.
Un container, due roulotte e una piscina non possono considerarsi finalizzate a soddisfare esigenze temporanee: tali manufatti siano destinati ad uso abitativo, a maggior ragione ove viene riscontrata la presenza degli impianti idrico ed elettrico.
Per giurisprudenza costante, la precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di titolo edilizio, non comportando una trasformazione del territorio, non dipende dalla sua facile rimovibilità, ma dalla temporaneità della funzione, in relazione ad esigenze di natura contingente (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2009, n. 3029).
La precarietà va, pertanto, esclusa quando – come nella fattispecie in esame – si tratta di opere destinate a dare un’utilità prolungata nel tempo.
[2] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 27 marzo 2013, n. 1776.
[3] TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, n. 18266/2023.
[4] Cfr. Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 12 dicembre 2022, n. 10847 e giurisprudenza ivi richiamata; Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 17 novembre 2023, n. 9865.
[5] Cass. sez. III, n. 15455 del 13 aprile 2023.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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