Come da tempo annunciato a giugno tornerà l’imposta sugli immobili, non si chiamerà più Ici, ma IMU, Imposta Municipale Unica. Quest’ultima entrerà a pieno regime nel 2015, ma il Governo Monti ha deciso di anticiparla con il decreto SaltaItalia chiamandola provvisoriamente IMUS, ossia Imposta Municipale Unica Sperimentale.
Questa nuova imposta, a differenza dall’ICI, si applica anche sulla prima casa.
A quanto ammonta l’aliquota?
A Roma il contribuente, possessore dell’unica casa in cui vive, sa già che dovrà pagare lo 0,5 per cento del valore del proprio immobile. Se si ha una seconda casa l’aliquota quasi raddoppia.
A Milano è allo 0,96 per cento e così sembra pure per Torino e Roma ha deciso per l’1,06 per cento.
Come si calcola il valore dell’immobile?
Sono stati attivati nuovi coefficienti moltiplicatori, che per le categorie più comuni – per esempio le abitazioni private, ma anche magazzini, stabilimenti balneari e tettoie varie – portano il moltiplicatore a 160.
Per gli altri tipi di fabbricati i nuovi coefficienti sono:
– 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B, collegi, convitti,orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari e caserme; nelle categorie catastali C/3,laboratori per arti e mestieri, C/4, esercizi sportivi senza fini di lucroe C/5, stabilimenti balneari e di acque curative senza fine di lucro;
– 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5, istituti di credito,cambio e assicurazioni;
– 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10, uffici e studi privati;
– 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5, ossia opifici, alberghi, pensioni, residence, teatri, cinema, sale concerti, arene, parchi-giochi e simili, case di cura e ospedali a fine di lucro,esercizi sportivi a fine di lucro,attività industriali non suscettibili di diversa destinazione,attività commerciali non suscettibili di diversa destinazione, edifici galleggianti o assicurati al suolo, ponti privati soggetti a pedaggio, fabbricati connessi ad attività agricole, scuole e laboratori scientifici privati, posti barca in stabilimenti turistici e stabilimenti balneari; tale moltiplicatore è elevato a 65 a decorrere dal 1o gennaio 2013;
– 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1, negozi e botteghe.
Per i terreni agricoli il valore è costituito applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento (ai sensi dell’articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) un moltiplicatore pari a 130.
Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il moltiplicatore è pari a 110.
Come si calcola l’importo da pagare?
Per il calcolo il contribuente dovrà rivalutare la rendita catastale risultante dal certificato dell’Agenzia del Territorio del 5 per cento e poi moltiplicare questo risultato per il coefficiente, nel caso di un’abitazione privata per 160, ottenendo così pronta la “base imponibile”.
A questa base si applica l’ aliquota nazionale o quella stabilita dal Comune, ottenendo l’importo da pagare al lordo delle eventuali detrazioni.
Attenzione, le aliquote sono stabilite dal Comune, ma entro paletti rigidamente fissati dallo Stato.
L’aliquota ordinaria è stabilità allo 0,76 per cento, ossia 7,6 per mille, con facoltà di modifica da parte dei Comuni – con deliberazione adottata dal Consiglio entro il termine della data di approvazione del bilancio di previsione ( art. 52 del Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.446) – di 0,3 punti in più o in meno.
Per la prima casa e le sue pertinenze l’aliquota ordinaria scende allo 0,4 per cento, ma può oscillare per delibera del Comune tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento.
Per gli immobili dati in affitto, non produttivi di reddito fondiario o posseduti da soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, l’aliquota di base può essere ridotta fino allo 0,4 per cento.
I fabbricati rurali ad uso strumentale, ossia diretti alle finalità della propria produzione, scontano invece un’aliquota dello 0,2 per cento, riducibile allo 0,1 per cento.
Detrazioni
La prima detrazione è di 200 euro ed è diretta a tutti i titolari della prima casa – si intende indipendentemente dal reddito – fino a concorrenza dell’imposta, e incrementata, solo per gli anni 2012 e 2013, di 50 euro per ogni figlio, ma con un limite massimo di otto figli dimoranti e residenti fino a 26 anni.
Comunque, i Comuni possono stabilire di elevare la detrazione fino a concorrenza dell’imposta, ossia possono deliberare di fatto l’esclusione della prima casa dall’imposta, ma questo se il bilancio lo consenta e senza poter tuttavia ritoccare per contrappasso l’aliquota ordinaria per le case tenute a disposizione, ossia le seconde case. Insomma, se si favoriscono i residenti non si può poi scaricare tutto l’onere sui non residenti.
L’aliquota ridotta per l’abitazione principale e la detrazione si applicano anche alla casa coniugale del soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ne risulti tuttavia assegnatario (articolo 6, comma 3-bis del D.Lgs. n. 504 del 1992).
La detrazione si applica anche alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (di cui all’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992).
La prima casa ha per definizione la già usuale unicità della iscrizione in catasto come singola unità immobiliare,ma si aggiunge alla dimora abituale “de facto” del possessore anche la registrazione formale anagrafica della sua residenza.
Le pertinenze sono soltanto quelle stabilite nelle categorie catastale C/2, C/6 e C/7, considerate una soltanto per categoria e indipendentemente dalla loro iscrizione catastale insieme all’abitazione.
Gettito dell’IMU ripartito tra Stato e Comuni
Il riparto del gettito dell’IMU, per il periodo sperimentale, tra i diversi livelli di governo, ossia Stato e Comuni, prevede dal 2012 l’assegnazione allo Stato della quota pari alla metà dell’importo ottenuto applicando l’aliquota di base dello 0,76 per cento alla base imponibile di tutti gli immobili, escluse le abitazioni principali, relative pertinenze e i fabbricati rurali.
Ciò significa che lo Stato incamera la metà dell’importo dell’IMU sul totale dell’imponibile – abitazioni principali, pertinenze e fabbricati rurali esclusi – applicando l’aliquota ordinaria, non solo indipendentemente dagli eventuali “sconti” deliberati dai Comuni – ma dalle agevolazioni previste dalla stessa legge.
Inoltre, vengono sottoposti a tassazione anche gli immobili di proprietà comunale, prima esenti sia dalla vecchia ICI che dalla stessa IMU stabilita dal Decreto legislativo n. 23/2011 sul federalismo municipale.
L’IMU, come già l’Ici, è indeducibile dalle imposte erariali e dall’IRAP.
Si ricorda che è fatto obbligo di dichiarare entro il 30 novembre 2012 al Catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al Catasto terreni, ad eccezione di:
a) manufatti con superficie coperta inferiore a 8 m2;
b) serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale;
c) vasche per l’acquacoltura o di accumulo per l’irrigazione dei terreni;
d) manufatti isolati privi di copertura;
e) tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 m, purché di volumetria inferiore a 150 m3;
f) manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo.
Se non si dichiarano, fa l’iscrizione d’ufficio l’Agenzia del Territorio a spese e sanzioni a carico del contribuente.
Di recente, il Decreto Legge n.1 del 2012 cosiddetto “liberalizzazioni“, all’articolo 56, consente ai Comuni di ridurre fino allo 0,38 per cento l’aliquota dell’imposta dovuta i cd. “immobili di magazzino”, ovvero i fabbricati destinati alla vendita dalle imprese edili – finché permane la suddetta destinazione e per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori.
Infine, l’articolo 91-bis del medesimo provvedimento prevede che, dal 2013, l’esenzione da IMU per gli immobili di enti non commerciali adibiti a specifiche attività sarà applicabile solo nel caso in cui le predette siano svolte con modalità non commerciali. Nel caso in cui tali attività – pur dando luogo, astrattamente, ad esenzione – siano svolte con modalità commerciali, gli immobili saranno soggetti, in tutto o in parte, all’imposta municipale.
Calcolo dell’ IMU
Nel calcolare l’IMU bisogna considerare la rendita catastale che si deduce dal certificato che si può richiedere all’Agenzia del Territorio. Nei Comuni ci sono talvolta sportelli che rilasciano il certificato.
Quindi si rivaluta la rendita catastale del 5% e si moltiplica a seconda del tipo di immobile per i coefficienti stabiliti più sopra già riportati.
Si ottiene così la base imponibile che va moltiplicata per l’aliquota stabilita per il tipo di immobile dal Comune ottenendo l’imposta da pagare. Si sottrae quindi l’eventuale detrazione alla quale si ha diritto.
Il pagamento si effettua sul solito modello F24, ma è meglio attendere per i codici aggiornati le istruzioni dell’Agenzia dell’Entrate che dovrebbero essere diramate a breve.
Bisogna ricordare che per l’Ici alcuni comuni recapitavano a casa del contribuente i bollettini già precompilati e quindi è immaginabile che ciò avverrà anche per l’Imu. Ma per chi invece non è in grado di fare i calcoli di quanto dovuto sarà necessario rivolgersi ai Caaf (con importi variabili dai 10 ai 25 euro circa) oppure ai professioni.
Infine se molti Comuni hanno già deciso le aliquote e le detrazioni la scadenza per deliberare è fissata al 30 giugno essendo la scadenza per i contribuenti il 16 giugno nell’incertezza i cittadini potranno applicare le misure base del 4 per mille per l’abitazione principale e del 7,6 per mille per gli altri immobili e pagare l’eventuale conguaglio in sede di saldo di dicembre.
Fonte: Ansa
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