Sulla pericolosità dell’amianto (o asbesto) e sui danni alla salute che può cagionare esiste una vastissima letteratura (che vale la pena consultare) e ormai tutti, più o meno, conosciamo la gravità del rischio stesso, anche perché, dal momento storico della messa al bando dell’amianto in Italia, si è avuta una proliferazione di norme che hanno regolato, nel tempo, le modalità per la gestione dei materiali, la valutazione del rischio, i requisiti delle imprese dedite alla bonifica, le caratteristiche dei laboratori d’analisi, la formazione professionale, ecc.
Una bella campagna di sensibilizzazione relativamente recente aveva come motto: “La parola Amianto ha un suono strano: inizia come «amore» e finisce come «pianto»”. In effetti, è così: l’amore per questo materiale è esploso negli anni ’60-’70, quando praticamente ogni cosa sembrava essere destinata ad essere prodotta con questa fibra che, in virtù delle sue proprietà fisiche e meccaniche, sembrava garantire una vita eterna (da cui il nome di una ‘nota’ industria produttrice) a qualsiasi prodotto derivato e si ritrovò ad avere una diffusione a dir poco sensazionale.
La parte relativa al “pianto”, purtroppo, la conosciamo tutti e, ancora oggi, proprio per le sue peculiari caratteristiche (e per la vetustà di molti fabbricati del territorio italiano), l’amianto rappresenta ancora un grosso rischio, anche e specialmente in certi settori produttivi e lavorativi.
Analizziamo in questo articolo quali sono i rischi connessi all’esposizione da amianto e come fare una corretta valutazione del rischio. Il testo è estratto dal volume Elaborazione e Gestione del DVR: carenze ed errori da evitare di Danilo G. M. De Filippo, edito da Maggioli Editore.
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Indice
Cosa è l’amianto
L’amianto è una fibra minerale già presente in natura e dalle caratteristiche molto interessanti in quanto resistenti alle temperature elevate, all’azione di agenti chimici e all’azione meccanica. Tanto flessibile al punto da poter essere filato oltre ad essere un ottimo materiale fonoassorbente. Purtroppo, anche questo materiale non è eterno (come si pensava) e ha la caratteristica di sfaldarsi e ridursi (anche se debolmente perturbato) in fibre molto sottili che si disperdono in aria e, malauguratamente, possono essere inalate, causando gravi patologie nei soggetti esposti.
Proprio per i motivi indicati, si è resa necessaria la messa al bando, in Italia, con la legge n. 257/1992. Il problema è, come già detto, che, proprio per le loro caratteristiche, i minerali d’amianto sono stati impiegati dappertutto e con molteplici funzioni.
Nell’industria fungeva da materia prima per produrre manufatti di ogni tipo o fattura; è stato usato come isolante termico nei cicli industriali con alte e basse temperature (dalle centrali termiche agli impianti frigoriferi), come barriera antifuoco e come materiale fonoassorbente. Nel settore dei trasporti è stato impiegato per produrre elementi sottoposti a stress termici, come freni e frizioni (anche nel settore ferroviario) ma anche nelle vernici e coibentanti di navi e aerei.
Il settore edile è quello che ha visto il maggior utilizzo, unito al cemento, per la produzione di tubazioni per acquedotti, fognature e lastre (Eternit), ma anche come rivestimento per aumentare la resistenza al fuoco e nei pannelli per controsoffittature, per favorire l’isolamento termico e acustico. Ancora oggi è possibile rinvenire manufatti, come vasche, termosifoni o stufe prodotte con amianto.
I minerali soggetti a limitazioni
Ad oggi, i minerali ancora utilizzati ma interessati da fortissime limitazioni (art. 247 – Definizioni) sono le varietà fibrose del:
- Crisotilo (tipo del Serpentino – amianto bianco – CAS 12001-29-5) – la tipologia maggiormente utilizzata;
- Amosite (Anfibolo – amianto bruno – CAS 12172-73-5);
- Crocidolite (Anfibolo – amianto blu – CAS 12001-28-4);
- Tremolite (Anfibolo – CAS 14567-73-8);
- Antofillite (Anfibolo – CAS 77536-67-5);
- Actinolite (Anfibolo – CAS 12172-67-7).
Come fare una corretta valutazione del rischio
Alla luce della così ampia diffusione di questo pericoloso agente cancerogeno, appare chiara l’importanza di una corretta valutazione del rischio, specie nel settore edile, e della conseguente applicazione di tutte le indicazioni normative. All’interno del Testo Unico sulla salute e sicurezza, il rischio da amianto è oggetto del Titolo IX “Sostanze pericolose”, Capo III “Protezione dai rischi connessi all’esposizione da amianto”, dall’art. 246 all’art. 261.
Per le finalità di valutazione del rischio specifico appare fondamentale la premessa sancita dall’art. 248 – Individuazione della presenza di amianto in cui si stabilisce che prima di intraprendere qualsiasi lavoro di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d’amianto. Ed infatti, se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, il datore di lavoro si dovrà prodigare nell’apposita valutazione ed eventualmente, in tutte le conseguenti azioni di mitigazione e protezione.
Un ulteriore passaggio, infatti, è quello di capire cosa risulti dalla valutazione suddetta, perché, nei casi che si elencano di seguito, il DdL viene “alleggerito” da alcuni obblighi:
- brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
- rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
- incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
- sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai fini dell’individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.
Gli adempimenti richiesti al datore di lavoro
Nei casi (molto frequenti) in cui queste condizioni non siano soddisfatte, il primo adempimento richiesto al datore di lavoro è quello di effettuare una notifica telematica (art. 250) dove, con particolare riferimento al tema dell’esposizione al rischio, è necessario indicare il numero di lavoratori interessati (esposti) e la durata dei lavori.
Occorre precisare, comunque, che la norma dispone una sorta di “qualificazione” specifica delle imprese idonee ad operare in attività di bonifica dell’amianto. All’art. 256, infatti, viene stabilito che lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedendo che l’impresa sia iscritta ad un apposito Albo dei Gestori Ambientali, costituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica).
Al datore di lavoro di queste imprese, prima dell’inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto, viene richiesta la predisposizione di un piano di lavoro (detto Piano di Rimozione) al cui interno devono essere riportate, tra l’altro, tutte le misure adottate per la protezione, anche individuale, dei lavoratori esposti, le misure per decontaminazione del personale incaricato (art. 252) dei lavori, nonché le misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali.
Errori e criticità nella valutazione del rischio da amianto
La più rilevante criticità per l’esposizione all’amianto è dovuta al lungo periodo di latenza tra l’esposizione e l’insorgenza dei sintomi patologici, motivo di frequente sotto-stima dell’esposizione stessa.
Il settore dell’edilizia è probabilmente uno dei più critici, in quanto l’eventuale presenza di manufatti in amianto, per esempio nei casi di ristrutturazione di fabbricati esistenti, viene (purtroppo anche intenzionalmente) sottovalutata, tralasciando di attivare i corretti procedimenti di mitigazione previsti dalla norma e non predisponendo le necessarie valutazioni del rischio che, oltre a riguardare il DVR, devono essere incluse anche nel Piano Operativo di Sicurezza delle imprese e nel Piano di Sicurezza e Coordinamento del cantiere.
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Elaborazione e Gestione del DVR: carenze ed errori da evitare
Questo testo è un manuale al contrario in quanto non istruisce qualcuno a far qualcosa (nello specifico, un Documento di Valutazione del Rischio) ma, piuttosto, vuole costituire un’ampia “raccolta” di errori, omissioni, carenze e criticità, analizzate e commentate dall’Autore, che molto spesso si riscontrano all’interno di questo fondamentale documento prevenzionistico, così che possa costituire una traccia utile all’estensore del DVR, per non incorrere negli stessi sbagli. Elaborare e gestire nel tempo un DVR “perfetto” non è semplice in quanto la possibilità di commettere un errore di valutazione è molto elevata. L’opera quindi offre al lettore (datore di lavoro, consulenti, tecnici, specialisti, professionisti) uno strumento pratico, operativo e caratterizzato da una grande concretezza che consente la redazione e l’aggiornamento del Documento di Valutazione del Rischio in qualsiasi tipo di attività produttiva ed economica in modo completo, professionale, non burocratico, realmente utile per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro e “a prova di errore”.Danilo G. M. De FilippoIngegnere meccanico, da sempre impegnato nella materia della sicurezza sui luoghi di lavoro, è stato insignito dell’Onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Ispettore Tecnico del Lavoro, appartenente all’Albo dei formatori per l’INL, è anche docente esterno ed autore di numerosi testi e pubblicazioni in materia di sicurezza sul lavoro oltre ad essere parte attiva nell’organizzazione di eventi per la più ampia diffusione della prevenzione degli incidenti sul lavoro.
Danilo G. M. De Filippo | Maggioli Editore 2024
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