Aree costiere rischio inondazioni: da ENEA una mappa per pianificare l’adattamento al cambiamento climatico

Per adattamento climatico si intende la capacità di adottare misure adeguate a prevenire o ridurre al minimo i danni e gli effetti avversi dei cambiamenti climatici. ENEA spiega come può essere di supporto una mappa per una più puntuale definizione delle aree a rischio

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ENEA annuncia lo sviluppo di un nuovo servizio con l’obiettivo di mappare le aree costiere a rischio inondazione per via degli effetti del cambiamento climatico.

La mappatura messa a punto da un team di ricercatori composto da climatologi, esperti GIS, oceanografi e geologi, è il risultato della combinazione tra modelli ad alta risoluzione, tecnologie satellitari e rilievi sul campo.

Il nuovo servizio climatico, presentato al XXI Congresso International Union for Quaternary Research (INQUA), a Roma, intende essere di supporto a decisori pubblici e pubbliche amministrazioni centrali e locali fornendo indicazioni sulle tendenze evolutive del territorio, in modo da pianificare le strategie di adattamento al cambiamento climatico, ovvero da definire misure adeguate a prevenire o ridurre al minimo i danni e gli effetti avversi dei cambiamenti climatici.

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Sergio Cappucci di ENEA – Laboratorio Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico – spiega che grazie a questo nuovo approccio, ENEA può fornire in tempi rapidi un contributo a un inevitabile cambio di passo rispetto alle metodologie utilizzate fino ad oggi, riuscendo ad arrivare ad una più puntuale definizione di quelle aree in cui la probabilità di inondazione deve essere considerata in dettaglio al fine di evitare rischi per le popolazioni e gli insediamenti produttivi.

Vediamo meglio di cosa si tratta e a che punto è il progetto della mappa, stando alle informazioni diffuse da ENEA.

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Come nasce la mappa? Le fasi

Sono tre fasi di cui si compone il progetto.

Nella prima, attraverso l’utilizzo dei modelli digitali del terreno di alcune delle piattaforme nazionali ed europee (come il Portale Cartografico Nazionale per i modelli digitali e il programma Copernicus per i movimenti verticali della superficie terrestre), vengono individuate le aree costiere che nei prossimi decenni saranno più vulnerabili alle variazioni del livello del mare.

La seconda fase interessa una valutazione approfondita delle categorie di beni più esposte alle inondazioni.

La terza fase consiste nei rilievi sul campo. Misure, campionamenti, datazioni e rilievi geologici consentono, infatti, di migliorare la qualità dei dati e dei modelli digitali della superficie terrestre, ma anche di individuare le diverse componenti che contribuiscono agli scenari indicati nelle mappe di inondazione e che i satelliti non sono ancora in grado di rilevare singolarmente, vale a dire tettonica, subsidenza, carico e compattazione dei sedimenti litosferici, aggiustamento glaciale e variazioni delle falde acquifere conseguenti allo sfruttamento delle risorse idriche.

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A che punto è il progetto e quali sono gli scenari futuri

ENEA comunica che ad oggi, sono state completate le mappe di Follonica-Piombino e Marina Di Campo in Toscana, Fertilia-Alghero in Sardegna e Parco Nazionale del Circeo (Latina-Sabaudia) nel Lazio, mentre sono in via di definizione quelle dei litorali della Spezia, Roma, Napoli, Brindisi, Taranto e Cagliari.

Cappucci spiega: “I risultati dei nostri studi hanno dimostrato che entro la fine del secolo, i beni maggiormente esposti al rischio di inondazione sono le zone umide, le aree di retrospiaggia e retroduna e alcune infrastrutture marittime. Per ciò che riguarda le zone umide e le aree di retrospiaggia il rischio di inondazione rispetto all’attuale livello medio del mare è dovuto alla bassa quota e alla subsidenza, mentre per le infrastrutture costiere come porti, opere di difesa, moli, casse di colmata, la causa sembra riconducibile al naturale affondamento sul fondo marino”.

Per saperne di più
enea.it

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Foto: iStock.com/lucamato

Redazione Tecnica

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