“In linea di principio la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale; alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio”.
La Corte Costituzionale torna a pronunciarsi sul tema delle distanze tra edifici, ribadendo con la sentenza n. 6 del 16 gennaio 2013, la esclusiva competenza dello Stato, anche se lascia uno solo uno “spiraglio” alle Regioni (leggi anche su Ingegneri.cc Distanze tra edifici: non si deroga … mai!).
“Se da un lato non può essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra edifici“, si legge infatti nella sentenza, “dall’altro essa, interferendo con l’ordinamento civile, è rigorosamente circoscritta dal suo scopo – il governo del territorio – che ne detta anche le modalità di esercizio. Pertanto, la legislazione regionale che interviene in tale ambito è legittima solo in quanto persegue chiaramente finalità di carattere urbanistico”.
La disposizione censurata dalla Corte Costituzionale è quella riferita alla legge della Regione Marche 4 settembre 1979, n. 31 (Interventi edificatori nelle zone di completamento previste dagli strumenti urbanistici generali comunali), che consente che gli edifici aventi impianto edilizio preesistente, con evidenti caratteristiche di non completezza, compresi nelle zone di completamento con destinazione residenziale previste dagli strumenti urbanistici generali comunali approvati, siano ampliati anche in deroga alle distanze e/o al volume stabiliti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765).
“Pertanto”, è la conclusione della Corte, “l’art. 1, secondo comma, della legge regionale Marche n. 31 del 1979 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto eccede la competenza regionale concorrente del «governo del territorio», violando il limite dell’«ordinamento civile», di competenza legislativa esclusiva dello Stato”.
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