L’ultimo episodio di crollo strutturale, avvenuto all’interno della Vela Celeste di Scampia, sembra mettere in scena un mix perfetto di cause e concause, su cui oramai si parla da anni senza tuttavia rilevare azioni efficaci nel merito.
Il cedimento improvviso del ballatoio in acciaio del terzo piano, attraverso il quale sono collegati gli ingressi dei diversi appartamenti tra i due corpi di fabbrica paralleli della Vela Celeste, ha interessato 15 persone di cui 3 purtroppo decedute e le restanti ferite anche in modo molto grave tra cui due bambine. Sono oltre 800 le persone sfollate per precauzione, in attesa dei primi accertamenti sull’agibilità delle strutture limitrofe.
Il crollo della struttura sospesa ha provocato lo sfondamento dell’analoga passerella del secondo piano e poi a catena quello sottostante. I soccorritori raccontano scene strazianti.
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Le Vele: una storia di abusi e di riqualificazioni
Le Vele erano un complesso residenziale di sette edifici costruito fra gli anni ’60 e ’70, su progetto dell’architetto Franz Di Salvo, con l’obiettivo di riqualificazione sociale e urbana dell’area. Il progetto non fu del tutto completato riguardo gli spazi di aggregazione comune, e ben presto l’area subì il decadimento sociale che tutti conosciamo. Dal terremoto dell’Irpinia molte delle unità immobiliari delle Vele risultano abitate a titolo abusivo. Il sito giornalistico Open riporta come «quando una di queste viene sgomberata gli abusivi costruiscono passerelle artigianali e abbattono il muro».
Recentemente il quartiere è oggetto di interventi di riqualificazione edilizia e sociale dell’area, che hanno previsto ed eseguito la demolizione delle restanti Vele sostituendole con nuovi edifici residenziali, tranne di quella Celeste che sarà lasciata a memoria e su cui il progetto prevede la riqualificazione con destinazione pubblica.
Come sempre, saranno le indagini e le perizie tecniche a stabilire cause e responsabilità del crollo strutturale. Il crollo è avvenuto sull’unico edificio da conservare e su cui erano già in corso i primi lavori di riqualificazione per lo smaltimento di amianto, che, da quanto è possibile apprendere dalla stampa, non interessavano le parti strutturali, anche se saranno comunque oggetto di valutazione degli inquirenti.
Perché c’è stato il crollo del ballatoio a Scampia?
Si può evocare la fatalità per questo crollo? No. Perché, al di là del delicato contesto sociale dell’area, una perizia redatta da tecnici già otto anni fa, in occasione della redazione del sopracitato progetto di riqualificazione urbana, evidenziava forti criticità sulla sicurezza statica dei ballatoi poiché «tale struttura si trova in uno stato di degrado dovuto a fenomeni di forte corrosione per la scarsa manutenzione. In molte parti si notano distacchi delle stesse passerelle con grave pericolo per i residenti» (sito giornalistico Open). Al momento non ci sono notizie di lavori intrapresi dopo gli esiti di questa perizia, la quale ha rilevato anche altre criticità come i guasti agli ascensori o l’espulsione di copriferro dai pilastri.
Assenza di manutenzione, probabili interventi abusivi, nessuna valutazione preliminare sulla sicurezza residua delle strutture dopo molti anni di esercizio. Un mix esplosivo, che prima o poi favorisce la crisi strutturale di qualche elemento. Probabilmente c’era un sovraffollamento di persone, essendo quindici quelle coinvolte nel crollo?
Difficile dare adesso una risposta certa, potrebbe essere un’ipotesi su cui i periti lavoreranno verificando i calcoli progettuali del ballatoio, che sovraccarico potesse sopportare in origine e quale era ammesso allo stato attuale compatibilmente col suo degrado. Stiamo comunque parlando di strutture atte a ricevere un certo affollamento durante il passaggio delle persone.
Si può invocare in questa occasione, come giustificazione, il degrado sociale dell’area? Forse in parte. Ma la scarsa manutenzione unita a opere abusive e assenza di valutazioni e verifiche di sicurezza dello stato di fatto dopo anni di esercizio è un mix riscontrabile anche altrove e che purtroppo caratterizza una certa cultura edificatoria e manutentiva del nostro Paese.
La cultura della prevenzione
Abbiamo già scritto in altre occasioni della mancanza di una cultura della prevenzione, in un Paese con una vetustà edilizia molto alta che meriterebbe risorse per piani di indagine e verifiche strutturali, da rendere prioritari rispetto ad altre istanze di ristrutturazione. A volte prendere coscienza del grado di rischio può rappresentare già il primo passo per un processo di sensibilizzazione e di scelte di priorità di investimento per la messa in sicurezza, che richiede sicuramente un percorso temporale non immediato e da svolgersi a tappe, ma da intraprendere.
La casa dovrebbe rappresentare il luogo più sicuro dove abitare. Non sempre l’edificio in cui viviamo è di recente costruzione, merita pertanto periodici approfondimenti e manutenzione programmata allo stesso modo di quanto è richiesto dal nostro corpo nella fase della vita, soprattutto quando non è più giovane. Fare manutenzione programmata sulle strutture in cui viviamo dovrebbe avere la medesima frequenza con cui ci rechiamo dal dottore per comprendere le cause e i rimedi di fronte ad un malessere, o per fare semplici analisi di controllo. Sono entrambi modi per preservare la nostra vita.
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