Perché l’auto elettrica non è mobilità sostenibile?

Giulia Gnola 13/11/19

Senza tirare in ballo ideologie ambientaliste, riporterò alcune cifre che potranno dimostrare i punti a favore e quelli contro la mobilità elettrica. Perché parlarne? Il petrolio è in “via di estinzione”, lo sanno tutti, ma le nostre auto continuano a sfruttarlo, e gran parte del mondo urbano che abbiamo progettato ne è dipendente.

Il problema del futuro della mobilità non è soltanto quello di trovare un’alternativa valida ed efficiente alla benzina e ai suoi derivati: le nostre città sono in larga parte a misura di auto. Provate a percorrere a piedi, magari sotto la pioggia, una delle direttrici che solitamente fate in auto: vi accorgerete dello scempio e del degrado cui sono lasciati i margini stradali, la corsia preferenziale per la mobilità lenta.

Dunque auto a benzina o elettrica? O forse parlare di sostenibilità significa parlare di un altro tipo di mobilità e della qualità dello spazio urbano che le riserviamo? Per questo, ritengo che associare la mobilità sostenibile a quella elettrica sia riduttivo e fuorviante. La mobilità elettrica non è sostenibile.

Auto elettrica, perché non è mobilità sostenibile?

Le aziende automobilistiche, impaurite dal recente “morbo ambientalista”, hanno dovuto rivedere il loro comparto, rivoluzionando in primis l’immagine del loro brand: da oggetti sporchi, fumosi, che emettono CO2, le auto ora sono mezzi puliti (spesso bianchi), Green friendly e a impatto zero.

Se vi dicono che il futuro è questo, che l’auto elettrica è sostenibile, sono balle. Riprendiamo l’originale definizione del Rapporto Brundtland* risalente al neanche lontano 1987. «Mobilità sostenibile significa dare alle persone la possibilità di spostarsi in libertà, comunicare e stabilire relazioni senza mai perdere di vista l’aspetto umano e quello ambientale, oggi come in futuro, consentendo il movimento con il minimo impatto ambientale e territoriale».

Approfondisci con: La mobilità sostenibile è anche dolce

Riempire le nostre città e i nostri meravigliosi Appennini di colonne per la ricarica elettrica significa non “impattare” sul territorio?

La soluzione non è tornare a usare la biga o montare in sella al cavallo, quanto iniziare a ripensare l’ambiente che ci circonda con nozione di causa: se lo spazio che occupano le auto, i parcheggi, fosse “altro”? Se usassimo più risorse per incentivare la mobilità lenta, ridimensionando e ridisegnando i margini delle nostre strade, non avremmo forse più spazio per noi e non per i nostri veicoli?

Da qui in poi sarò il più obiettiva possibile e lascerò che a parlare siano i dati a disposizione sulle auto elettriche. Spero vi aiuteranno a scegliere come muovervi nei prossimi anni, o quanto meno, a iniziare a pensare che un’alternativa è possibile.

Nella seconda parte dell’articolo riprenderò invece la simulazione di un progetto di incrocio stradale sicuro per tutti gli utenti.

* Nel 1983, in seguito a una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fu istituita la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, che aveva l’obiettivo di elaborare un’“agenda globale per il cambiamento”. La Commissione era presieduta dalla norvegese Gro Harlem Brundtland, e nel 1987 pubblicò un rapporto, il Rapporto Brundtland, che introduce la fondamentale teoria dello sviluppo sostenibile.
Leggi qui il Rapporto Brundtland originale 

Leggi anche: Perché la segnaletica stradale è importante — per la mobilità lenta

Auto elettrica, quanto costa la ricarica?

Nel nostro Decreto clima, da poco pubblicato in Gazzetta, è stato istituito il buono mobilità, pari a 500 o 1.500 euro per chi rottama un motociclo o un’auto entro il 31 dicembre 2021. È utilizzabile per il trasporto pubblico locale o l’acquisto di biciclette (anche a pedalata assistita).

Leggi questo articolo per tutti i dettagli: Decreto Clima, incentivi per la mobilità sostenibile in GU!

In relazione a queste misure, entro il 2020 saranno installate fino a 13.000 punti di ricarica accelerata e fino a 6.000 stazioni di ricarica ultra-veloce (fonte dati: III Rapporto di Repower sulla e-mobility). Come saranno fatte e dove saranno localizzate?

Fare il pieno di… kW! Quanto costa?

Esistono diversi modi per eseguire la ricarica di un’auto elettrica, che comportano anche differenze di prezzo. Le principali sono:
– ricarica tramite colonnine elettriche;
– ricarica privata domestica.

Costo della ricarica tramite colonnine elettriche

L’automobilista deve cercare la stazione di ricarica più vicina anche tramite app e avvicinare alla colonnina una sorta di carta fornita dal gestore. Il prezzo varia a seconda del fornitore, ed è di circa 0,45€ al kW fino ad una potenza di 22 kWh (ricarica lenta) oppure di 0,50€ per kW per una potenza superiore (ricarica veloce).

Alcuni gestori offrono una sorta di abbonamento, il cui importo mensile è di circa 25€: in questo caso la ricarica può avvenire un numero illimitato di volte.

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Costo della ricarica privata domestica

Per la ricarica domestica è necessario disporre di un box di ricarica (disponibile anche a noleggio). Falso mito: non serve aumentare la potenza del contatore e sostenere costi aggiuntivi, quello da 3 kWh è più che sufficiente.

Per ricaricare un’auto elettrica privatamente, il prezzo è quello della corrente elettrica per le utenze domestiche, e la media italiana si aggira intorno agli 0,21€ a KW.

Va ricordato però che alle spese della corrente elettrica vanno aggiunte quelle di noleggio o acquisto e installazione del box domestico

Auto elettriche e tradizionali: il pieno a confronto

Altro dettaglio da non sottovalutare in questa analisi costi-benefici, è la capacità della batteria, da cui dipende naturalmente anche l’autonomia del veicolo. Ecco alcuni esempi:

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È stato assunto che la ricarica venga effettuata tramite una colonnina da 22 kWh al costo di 0.45€. Fonte dati: Repower.

La convenienza rispetto al prezzo della benzina e del diesel è evidente, dato che percorrere 150 km con un’auto a benzina o diesel costa in media fra gli 8 e i 15€.

Certo, se poi voleste scegliere un mezzo ancora più economico, non vi resta usare la bicicletta anziché l’automobile, specie per i «piccoli spostamenti» quotidiani. Vi consiglio di leggere questo articolo (Tragitto casa lavoro, quanto mi costi?) per capire quanto risparmiereste ogni giorno.

Intersezione ciclabile: come renderla sicura? Pt. 3

La volta precedente ho riportato un semplice calcolo per determinare la lunghezza della visuale libera, parametro fondamentale per permettere alle persone alla guida e in bicicletta di vedersi reciprocamente prima dell’incrocio, e quindi di incrementare la sicurezza globale degli utenti.

Non servirebbe specificare che un incremento di velocità da parte del conducente in auto determina una minore attenzione e una ricaduta in negativo sui suoi riflessi. Per questo motivo la velocità dei veicoli che curvano in corrispondenza delle intersezioni non dovrebbe mai superare i 15-20 km/h. Come imporlo?

Si può agire sul disegno della strada, in questo caso usando piccoli raggi di curvatura per gli angoli dei marciapiedi, quindi di circa 3-4 m. In questo modo l’autista sarà quasi obbligato a ridurre la propria velocità in curva.

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Fonte dati: Geruschat, D.R., Driver Behavior in Yielding to Sighted and Blind Pedestrians at Roundabouts. 2005.

Anche la larghezza della traversa che riceve la svolta influenza la velocità in curva dei veicoli, e proprio per questo si dovrebbe cercare di realizzarla il meno larga possibile.

Anche l’eventuale presenza di isole pedonali potrebbe aiutare a mantenere una bassa velocità di svolta, e renderebbero minore l’esposizione di ciclisti e pedoni ai veicoli in curva.

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Come decidere il raggio di curvatura?

Occorre prestare attenzione alla tipologia di veicoli che dovranno svoltare nell’intersezione oggetto di progetto. Essi infatti determinano il raggio di curvatura dell’intersezione. Il problema principale è quello di limitare la velocità delle auto, mantenendo la strada di svolta stretta, ma non troppo stretta perché tir e camion non riescano a transitare.

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Veicolo frequente

È la tipologia assimilabile ai piccoli furgoni addetti alla consegna di merci. In questo caso, perché la curva sia garantita al veicolo senza eccedere nella larghezza della strada di ricezione, sarà necessario lasciarlo transitare per un tratto nella corsia di opposto senso di marcia.

Veicolo infrequente

Si tratta di un veicolo che solo in casi eccezionali transiterà in corrispondenza dell’incrocio. È utile comunque tenerlo presente come parametro per disegnare la curva e consentirgli la svolta a una velocità molto molto bassa. In questo caso si può prevedere che le isole di arresto e traffico siano carrabili, ovvero che le ruote dei veicolo possano valicarle senza comportare alcun danno.

Veicolo standard

Con veicolo standard si intende il più comune, ovvero l’automobile. Il problema non è farla curvare, quanto limitarne la velocità, che dovrebbe mantenersi intorno ai 15-20 km/h.

Appuntamento a mercoledì 27 novembre per continuare il progetto!

Per consigli, suggestioni, commenti, scrivetemi a: giulia.gnola@maggioli.it

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