È necessario, al fine di ridurre al minimo l’esposizione ai pericoli e la probabilità che possa accadere un evento infortunistico, valutare i rischi presenti negli spazi confinati, adottare le conseguenti misure di sicurezza, formare e addestrare gli operatori alla corretta attuazione delle procedure di lavoro.
L’andamento infortunistico e le cause spesso mortali di questi infortuni hanno assunto una dimensione inaccettabile in relazione all’attuale politica di prevenzione che ha posto come obiettivo la progressiva riduzione dei rischi attraverso la loro valutazione e la conseguente adozione di misure di sicurezza efficaci.
Spazi confinati: la normativa
Per questo motivo il legislatore ha ritenuto necessario predisporre un regolamento finalizzato a definire un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati a operare nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o nei quali siano presenti o possano formarsi accidentalmente atmosfere pericolose, asfissianti, tossiche, infiammabili o esplosive.
In attesa della definizione di un complessivo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, come previsto dagli articoli 6, comma 8, lettera g), e 27 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., è intervenuto il D.P.R. 14 settembre 2011, n.177, che disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati ad operare nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Il D.P.R. 14 settembre 2011, n.177 si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo.
Cosa dice il decreto 177/2011?
I provvedimenti introdotti dal decreto 177 riguardano:
– imposizione alle imprese e ai lavoratori autonomi, in aggiunta agli obblighi già su di essi gravanti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dell’obbligo di procedere a specifica informazione, formazione e addestramento (oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento) relativamente ai rischi che sono propri degli “ambienti confinati” e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tali contesti debbono applicarsi. Ciò con riferimento a tutto il personale impiegato, compreso il datore di lavoro;
– imposizione ai datori di lavoro delle imprese e ai lavoratori autonomi dell’obbligo di possedere dispositivi di protezione individuale (es.: maschere protettive, imbracature di sicurezza, etc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (es.: rilevatori di gas, respiratori, etc.) idonei a prevenire i rischi propri delle attività lavorative in parola e di aver effettuato, sempre in relazione a tutto il personale impiegato, attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi;
– obbligo di presenza di personale esperto, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività in “ambienti confinati”, assunta con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (in questo secondo caso, necessariamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003) con la necessità che il preposto, che sovrintende sul gruppo di lavoro, abbia in ogni caso tale esperienza (in modo che alla formazione e addestramento il “capo-gruppo” affianchi l’esperienza maturata in concreto);
– integrale rispetto degli obblighi in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) e relativi alla parte economica e normativa della contrattazione di settore, compreso il versamento dell’eventuale contributo all’ente bilaterale di riferimento;
– applicazione delle regole della qualificazione non solo nei riguardi dell’impresa appaltatrice ma nei confronti di qualunque soggetto della “filiera”, incluse le eventuali imprese subappaltatici. Peraltro, il subappalto è consentito solo a condizione che sia espressamente autorizzato dal datore di lavoro committente (il quale dovrà, quindi, verificare il possesso da parte dell’impresa subappaltatrice dei requisiti di qualificazione) e che venga certificato, ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003.
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Cos’è uno spazio confinato?
Ai fini dell’artt. 66 e 121 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., per “ambiente confinato” si intende uno spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio, gas, vapori, polveri).
Alcuni ambienti confinati sono facilmente identificabili come tali, in quanto la limitazione legata alle aperture di accesso e alla ventilazione sono ben evidenti e/o la presenza di agenti chimici pericolosi è nota.
Fra essi si possono citare:
– le stive delle navi;
– i silos;
– serbatoi di stoccaggio;
– le cisterne;
– container;
– le canalizzazioni;
– i tombini;
– le fogne:
– le fosse biologiche;
– i tamburi di miscelazione delle autobetoniere;
– i recipienti di reazione;
– le camere di combustione in forni ecc.
Altri ambienti a un primo esame superficiale potrebbero non apparire come confinati. In particolari circostanze, legate alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa o ad influenze provenienti dall’ambiente circostante, essi possono invece configurarsi come tali e rivelarsi altrettanto insidiosi, come:
– camere con aperture in alto,
– vasche,
– depuratori,
– camere di combustione nelle fornaci e simili,
– canalizzazioni varie,
– camere non ventilate o scarsamente ventilate.
Naturalmente gli esempi citati non vogliono essere esaustivi degli infiniti casi che possono verificarsi. In questi casi infatti la valutazione dei rischi deve considerare anche tutti i pericoli e le situazioni che, in ambienti non confinati, non genererebbero rischi significativi.
Normativa: come sono definiti gli spazi confinati?
La normativa di riferimento fornisce un numero considerevole di definizioni, nessuna delle quali in grado, tuttavia, di essere esaustiva. In generale, l’approccio contemporaneo alla definizione di luogo confinato ha considerato tale qualsiasi ambiente che abbia almeno una delle seguenti caratteristiche:
– caratterizzato da difficoltà di accesso e/o di uscita;
– non progettato per la continua presenza di persone e lavoratori;
– si riscontrano al suo interno fattori di possibile accrescimento l’insufficienza o difficoltà di aerazione naturale.
Secondo questa definizione, alcuni luoghi possono essere riconosciuti e classificati come spazi confinati di tipo permanente, ma esistono anche luoghi e ambienti di lavoro che possono diventare spazi confinati o durante la loro costruzione, fabbricazione o modifica successiva o durante semplici attività di manutenzione straordinaria/ordinaria.
Tutti gli ambienti appena elencati, oltre a non essere progettati per la continua presenza di lavoratori, sono caratterizzati spesso da criticità connesse anche alle sostanze chimiche e biologiche che un operatore potrebbe trovare all’interno o anche introdurre lui stesso per le manutenzioni programmate, tuttavia è sufficiente la conformazione geometrica dei luoghi per configurare la criticità di un ambiente confinato.
Spazi confinati temporanei
Esistono anche “ambienti” comunemente frequentati che assumono temporaneamente le caratteristiche di ambiente confinato in relazione alle attività di lavoro in essere al suo interno, si pensi, per esempio, a:
– fasi di installazione di impianti industriali e civili all’interno dei locali tecnici;
– attività di manutenzione all’interno delle fosse o dei vani corsa degli ascensori di un comune edificio residenziale;
– attività in galleria;
– parcheggi sotterranei;
– metropolitane;
– cantine o sottotetti ecc.
Se alcuni ambienti confinati sono facilmente identificabili come tali, in quanto la limitazione legata alle aperture di accesso e alla ventilazione sono ben evidenti e/o la presenza di agenti chimici pericolosi è nota, è opportuno ricordare che deve essere considerato spazio confinato qualsiasi spazio aperto o chiuso in cui esiste un rischio di morte o di gravi lesioni da sostanze pericolose o da condizioni di pericolo a rapida evoluzione. Si pensi, per esempio, a fosse, depressioni del terreno o ambienti nel quale possono accumularsi gas più pesanti dell’aria (carenza di ossigeno) o dove per effetto di fenomeni atmosferici o attività umana possano manifestarsi onde di piena, sversamenti di grandi quantità di liquidi (rischio di affogamento) ecc.
Qualificazione nel settore degli spazi confinati
Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti:
a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’art. 21 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi;
c) presenza di personale, come già accennato prima, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto;
d) avvenuta attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. I contenuti e le modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli artt. 34 e 37 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.; e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.;
f) avvenuta attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.;
g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarità contributiva (DURC);
h) integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Spazi confinati: vietato il subappalto
In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni.
Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.
Quanto sono pericolosi gli spazi confinati? La classificazione
Sebbene sia stato ampiamente evidenziato come i luoghi confinati siano ambienti critici nei quali i pericoli sono spesso concorrenti nel generare il rischio, è possibile ipotizzare una loro classificazione sulla base di quello che statisticamente sembra essere il parametro di maggior criticità ovvero la disponibilità di aria respirabile.
Secondo questa accezione è possibile classificare 3 livelli di rischio:
– aree confinate a basso rischio: sono ambienti all’interno dei quali le analisi strumentali condotte, unitamente alla verifica di un’adeguata ventilazione, permettono l’ingresso degli operatori senza dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
– aree confinate a medio rischio: sono ambienti all’interno dei quali le analisi strumentali condotte e la verifica delle condizioni di aerazione hanno evidenziato un’esposizione a rischio accidentale a sostanze note in concentrazione nota per gli operatori; esposizione potenzialmente controllabile con DPI filtranti, perché sempre accertata la presenza di ossigeno in concentrazione adeguata (superiore al 20%);
– aree confinate a elevato rischio: ambiente dove la ventilazione è insufficiente (ossigeno inferiore al 20%) e dove, a causa dei processi lavorativi in atto, la probabilità di accadimento di formazione di atmosfere pericolose è prevedibile ed elevata, in questi ambienti gli operatori possono accedere solo con dispositivi isolanti delle vie respiratorie.
Per tutta la durata delle lavorazioni all’interno del luogo confinato dovrà essere monitorata l’atmosfera dell’ambiente di lavoro per conoscere con continuità l’efficienza dell’impianto di ventilazione.
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