BIM: ACDat (Ambiente di Condivisione Dati) e sicurezza dei dati personali

L’Ambiente di Condivisione Dati (ACDat) rappresenta una pietra miliare della rivoluzione BIM, ma come possiamo tutelare la sicurezza dei dati personali?

Luigi Rubino 23/04/18
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Il concetto di Ambiente di Condivisione Dati ACDat viene introdotto negli ultimi anni in Italia dalla normativa UNI 11337 e viene definito come Ambiente di raccolta organizzata e condivisione dei dati relativi a modelli ed elaborati digitali, riferiti ad una singola opera a ad un singolo complesso di opere. La normativa fa un chiaro riferimento al termine anglosassone Common Data Environment (CDE), introdotto molto tempo prima dalle BS 1192:2007, e negli anni ha rappresentato uno strumento che ha facilitato l’interscambio del flusso informativo tra le controparti.

Il CDE e la digitalizzazione della commessa

Come evidenziato nello schema di Bew-Richards, che sintetizza i Livelli di Maturità del BIM (figura 1), l’utilizzo di un CDE, seppur contestualizzato all’interno di un processo che tende alla completa digitalizzazione della commessa (Livello 3), diventa un requisito indispensabile per raggiungere almeno il livello di maturità 1 (che non contempla l’utilizzo del BIM). Ciò significa che la gestione di un progetto, seppur non basata su modelli digitalizzati, non può prescindere da un’ottica incentrata sulla collaborazione digitale.

BIM: ACDat (Ambiente di Condivisione Dati) e sicurezza dei dati personali bim 1
Figura 1: UK BIM maturity model, Bew-Richards, 2008

L’utilizzo del CDE pone dati e informazioni al centro del progetto digitale e parametrico del settore delle costruzioni, a partire dalle fasi strategiche iniziali, nelle quali la Committenza definisce i propri requisiti ed esigenze, anche per la fase di esercizio, mentre i partecipanti alla gara d’appalto predispongono, coinvolgendo attivamente la propria filiera di fornitori, una proposta tecnico/economica conforme ai requisiti del bando di gara.

Inoltre, la possibilità di configurare ruoli, accessi e procedure all’interno della piattaforma collaborativa consente ai team di progetto coinvolti di gestire revisioni e avanzamenti documentali, di pubblicare i documenti approvati all’interno dell’area di condivisione e, non ultimo, di archiviare quanto preventivamente condiviso e pubblicato (figura 2).

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Figura 2: Common Data Environment, PAS 1192-2:2013

ACDat, Ambiente Condivisione Dati nel decreto BIM

Il Decreto Ministeriale n. 560 del 2017, conosciuto ai più come Decreto BIM, è stato ampiamente trattato in quanto introduce un’importante novità come l’obbligatorietà del BIM dal 2019. Al suo interno trova ampio spazio il tema dell’ACDat, già a partire dalla sua definizione:

“Un ambiente digitale di raccolta organizzata e condivisione di dati relativi ad un’opera e strutturati in informazioni relative a modelli ed elaborati digitali prevalentemente riconducibili a essi, basato su un’infrastruttura informatica la cui condivisione è regolata da precisi sistemi di sicurezza per l’accesso, di tracciabilità e successione storica delle variazioni apportate ai contenuti informativi, di conservazione nel tempo e relativa accessibilità del patrimonio informativo contenuto, di definizione delle responsabilità nell’elaborazione dei contenuti informativi e di tutela della proprietà intellettuale”.

Sulla base di quanto si evince all’Art. 4 del decreto, i flussi informativi che riguarderanno la stazione appaltante dovranno svolgersi nell’ACDat, all’interno del quale avviene la gestione digitale dei processi informativi, esplicitata attraverso un processo di correlazione e di ottimizzazione tra i flussi informativi digitalizzati e i processi decisionali che riguardano il singolo procedimento.

Il decreto sottintende l’importanza dell’ACDat come strumento di trasparenza, ottimizzazione e preservazione dei flussi e delle informazioni legate alla gestione di una commessa, pertanto ne definisce i requisiti base che non possono prescindere da criteri legati alla sicurezza informatica e alla tutela della proprietà intellettuale e dei dati personali.

Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR)

Un sondaggio del governo del Regno Unito del 2017 ha rivelato che quasi il 70% di grandi imprese ha subito una violazione o un attacco informatico, causando perdite per centinaia di miliardi di dollari. La sicurezza dei dati è ormai un grosso problema ed è diventato uno dei temi trattati dalla normativa.

A partire dal 25 maggio 2018, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), approvato dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell’Unione europea e dall’Unione europea, si applicherà a tutti i paesi dell’UE con la finalità di rafforzare e unificare la protezione dei dati personali.

Il GDPR richiede che i dati personali siano:
– trattati in modo equo, lecito e trasparente;
– raccolti per scopi specifici, espliciti e legittimi;
pertinenti e limitati a ciò che è necessario;
accurati e, se necessario, aggiornati;
– conservati per non più del necessario;
– archiviati ed elaborati in modo tale da garantire una sicurezza adeguata dagli attacchi accidentali.

Conclusioni

Sulla base di quanto emerge dalla normativa, appare evidente che un ACDat debba soddisfare determinati requisiti tecnici, per garantire la gestione di una grossa mole di informazioni sensibili, un’elevata sicurezza informatica e, al contempo, una struttura flessibile in cui i dati, trattati unicamente a scopi specifici, possano essere aggiornati in qualsiasi momento.

Esistono già in Italia progetti basati sull’utilizzo dell’ACDat, un esempio è CityLife in cui si è adottata la piattaforma Aconex per la gestione delle informazioni e delle procedure di tutto il progetto.

Luigi Rubino

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