Intervento edilizio erroneamente ritenuto gratuito: il Comune deve chiedere il pagamento del contributo di costruzione

Il contributo di costruzione deve essere rideterminato ogni qualvolta l’Amministrazione si accorga che l’iniziale determinazione (anche pari a zero) era stata erronea, per una errata applicazione delle tabelle o anche per un semplice errore di calcolo.

Mario Petrulli 01/10/24
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Se l’intervento edilizio oggetto di una CILA è considerato erroneamente gratuito dal privato, l’ufficio tecnico comunale deve riscontrare l’errore e richiedere il pagamento degli oneri concessori dovuti: è il principio espresso dal TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, nella sent. 8 agosto 2024, n. 563 (nel caso specifico, si trattava di una CILA presentata per la modifica di una destinazione d’uso).

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Indice

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Casi pratici risolti Oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: esonero e riduzione

Di notevole rilevanza pratica, la materia del contributo di costruzione correlato al rilascio del permesso di costruire (oneri di urbanizzazione e costi di costruzione) è molto spesso oggetto di difficoltà interpretative e di contenzioso, per quanto riguarda le problematiche relative alle richieste di esonero e riduzione. Questa nuovissima Guida operativa fornisce un’analisi puntuale della qualificazione e delle caratteristiche del contributo per il rilascio del permesso di costruire, nello specifico oneri di urbanizzazione, costo di costruzione e ipotesi di esonero e riduzione.Nella seconda parte del testo vengono illustrati 45 casi pratici risolti, con commento esplicativo e opportuni riferimenti giurisprudenziali e dottrinali.Mario Petrulli, avvocato esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; formatore, collabora con siti giuridici specializzati, riviste di settore (L’Ufficio Tecnico) e società di consulenza. Autore di molteplici pubblicazioni in materia. Titolare dello Studio Legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)

Mario Petrulli | Maggioli Editore 2017

Il caso specifico

I giudici hanno ricordato che il contributo di costruzione deve necessariamente essere rideterminato ogni qualvolta l’Amministrazione si accorga che l’iniziale determinazione (eventualmente, anche pari a zero) era stata erronea, in quanto conseguenza di una errata applicazione delle relative tabelle ovvero anche di un semplice errore di calcolo.

L’Amministrazione comunale, infatti, è sempre titolare del potere-dovere di richiedere il (corretto) contributo di costruzione secondo i parametri e nei limiti fissati dalla legge e dalle relative disposizioni regolamentari, richiesta che risulta vincolata per l’Amministrazione medesima. La suddetta richiesta non necessita di alcuna specifica motivazione, in quanto costituisce il mero esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge all’Amministrazione comunale per il rilascio del titolo edilizio ed è soggetta, in quanto tale, al solo termine di prescrizione decennale.

Dunque, se è pur vero che il contributo di costruzione va determinato in sede di rilascio del titolo edilizio –come lamentato in ricorso – questo non preclude la possibilità (anzi il dovere) per l’Amministrazione di rideterminare il contributo medesimo, ove ci si avveda della sua errata determinazione. Proprio la natura paritetica dell’atto di determinazione del contributo consente che l’Amministrazione possa apportarvi modifiche, sia in senso favorevole al privato che in senso contrario ad esso, purché ciò avvenga nei limiti della prescrizione decennale del relativo diritto di credito.

Dunque, per quanto il tecnico avesse indicato come gratuito l’intervento, l’Amministrazione comunale aveva il dovere di procedere alla corretta determinazione del contributo di costruzione dovuto per l’intervento in questione. Ovviamente, la rideterminazione del contributo, nei termini sopra precisati, può riguardare sia il caso in cui vi sia stata una precedente determinazione errata, sia il caso in cui la determinazione non vi sia stata, ritendo, erroneamente, non dovuto il contributo.

Le regole generali in materia di contributo di costruzione

Come è noto, i principi generali regolatori in materia di contributo di costruzione sono stati elaborati dalla giurisprudenza[1] e messi a fuoco, in particolare, dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2018:

  • gli atti con i quali l’Amministrazione comunale determina o ridetermina il contributo di costruzione di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 20001, va ribadita la loro natura privatistica;
  • l’obbligazione di corrispondere il contributo nasce nel momento in cui viene rilasciato il titolo ed è a tale momento che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo;
  • l’atto di imposizione e di liquidazione del contributo, quale corrispettivo di diritto pubblico richiesto per la compartecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione, non ha natura autoritativa né costituisce esplicazione di una potestà pubblicistica, ma si risolve in un mero atto ricognitivo e contabile, in applicazione di rigidi e prestabiliti parametri regolamentari e tabellari;
  • la determinazione degli oneri di urbanizzazione si correla ad una precisa disciplina regolamentare, con la conseguenza che, per costante orientamento, i provvedimenti applicativi della stessa non richiedono alcuna puntuale motivazione allorché le scelte operate dalla pubblica amministrazione si conformino ai criteri stessi di cui alle tabelle parametriche;
  • la natura paritetica dell’atto di determinazione consente che la pubblica amministrazione possa apportarvi modifiche, sia in favore del privato che in senso contrario, purché ciò avvenga nei limiti della prescrizione decennale del relativo diritto di credito, trattandosi, infatti, di una determinazione che obbedisce a prescrizioni desumibili da tabelle, in ordine alla quale l’amministrazione comunale si limita ad applicare dei parametri, aventi per la stessa natura cogente, laddove è esclusa qualsivoglia discrezionalità applicativa;
  • la controversia in ordine alla spettanza e alla liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione ha ad oggetto l’accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti della pubblica amministrazione e non è soggetta alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi e ai rispettivi termini di decadenza;
  • la natura non autoritativa dei relativi atti e l’assenza di discrezionalità, nell’ambito di un rapporto paritetico tra la pubblica amministrazione e il privato, rendono perciò concettualmente inconfigurabile l’esercizio dell’autotutela pubblicistica, quale potere di secondo grado che viene incidere, secondo determinati presupposti e limiti, su un primigenio episodio di esercizio del potere autoritativo, che qui non sussiste ab origine;
  • il contributo di costruzione è un corrispettivo di diritto pubblico, proprio per il fondamentale principio dell’onerosità del titolo edilizio introdotto dall’art. 1 della legge n. 10/1977, e come tale, benché esso non sia legato da un rigido vincolo di sinallagmaticità rispetto del rilascio del permesso di costruire, rientra anche, e coerentemente, nel novero delle prestazioni patrimoniali imposte di cui all’art. 23 Cost.;
  • il pagamento del contributo di costruzione –corrispettivo di diritto pubblico – non può che costituire l’oggetto di un ordinario rapporto obbligatorio, disciplinato dalle norme di diritto privato;
  • deve, quindi, escludersi che a tali rapporti di natura meramente obbligatoria e agli atti iure gestionis, di carattere contabile e aventi finalità liquidatoria, adottati dal Comune, si applichi la disciplina dell’autotutela di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 o, più in generale, la disciplina dettata dalla stessa legge n. 241/1990 per gli atti provvedimentali espressivi di potestà pubblicistica;
  • il carattere paritetico del rapporto non esclude la doverosità della rideterminazione quante volte la pubblica amministrazione si accorga che l’iniziale determinazione degli oneri di urbanizzazione sia dipesa da un’inesatta applicazione delle tabelle o anche da un semplice errore di calcolo;
  • il Comune è pur sempre, infatti, titolare del potere-dovere di richiedere il contributo di costruzione secondo i parametri e nei limiti fissati dalla legge e dalle disposizioni regolamentari integrative fissate dalle Regioni, facendone una applicazione vincolata alla predeterminazione di coefficienti, che il privato deve conoscere e ben può verificare.
  • consegue a quanto sopra che gli atti con i quali la P.A. determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale;
  • la natura non autoritativa degli atti con cui si provvede alla determinazione del contributo, atti non riconducibili all’espressione di una potestà pubblicistica, comporta che nell’ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dal rilascio del titolo edilizio, sia sempre possibile, e anzi doverosa, da parte dell’Amministrazione, nell’esercizio delle facoltà connesse alla propria posizione creditoria, la rideterminazione del contributo, quante volte la medesima si accorga che l’originaria liquidazione di questo sia dipesa dall’applicazione inesatta o incoerente di parametri e coefficienti determinativi, vigenti al momento in cui il titolo fu rilasciato, o da un semplice errore di calcolo, con l’ovvia esclusione della possibilità di applicare retroattivamente coefficienti successivamente introdotti, non vigenti al momento in cui il titolo fu rilasciato;
  • la complessità delle operazioni di calcolo o l’eventuale incertezza nell’applicazione di alcune tabelle o coefficienti determinativi, dovuti a ragioni di ordine tecnico, non sono eventi estranei o ignoti alla sfera del debitore, che invece con l’ordinaria diligenza, richiesta dagli artt. 1175 c.c. e 1375 c.c., può e deve controllarne l’esattezza sin dal primo atto di loro determinazione;
  • l’amministrazione comunale, nel richiedere i detti importi con atti non aventi natura autoritativa, agisce quindi secondo le norme di diritto privato, ma si deve escludere l’applicabilità dell’art. 1431 c.c. a questa fattispecie, in quanto l’errore nella liquidazione del contributo, compiuto dalla pubblica amministrazione, non attiene ad elementi estranei o ignoti alla sfera del debitore ed è quindi per lui in linea di principio riconoscibile, in quanto o riguarda l’applicazione delle tabelle parametriche, che al privato sono o devono essere ben note, o è determinato da un mero errore di calcolo, ben percepibile dal privato, errore che dà luogo alla semplice rettifica;
  • la tutela dell’affidamento e il principio della buona fede, che in via generale devono essere osservati anche dalla pubblica amministrazione dell’attuazione del rapporto obbligatorio, possono trovare applicazione ad una fattispecie come quella in esame nella quale, ordinariamente, la predeterminazione e l’oggettività dei parametri da applicare al contributo di costruzione rendono vincolato il conteggio da parte della pubblica amministrazione, consentendone a priori la conoscibilità e la verificabilità da parte dell’interessato con l’ordinaria diligenza, solo nella eccezionale ipotesi in cui tali conoscibilità e verificabilità non siano possibili con l’ordinaria diligenza richiesta al debitore, secondo buona fede, nell’ottica di una leale collaborazione volta all’attuazione del rapporto obbligatorio e al soddisfacimento dell’interesse creditorio vantato dal Comune.

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Mario Di Nicola | Maggioli Editore 2024

Note

[1] Ex multis: Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sent. n. 12/2018; sez. IV, sent. 15 gennaio 2024, n. 473.

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