Da quando lo Sblocca Italia è stato convertito in legge l’articolo 23-ter del Testo Unico dell’Edilizia è diventato effettivo. La conseguenza? Il cambio destinazione uso è diventato più facile, poiché è stata tolta la potestà delle Regioni e dei Comuni di legiferare in materia, facendo tornare la materia di esclusiva competenza statale (o, almeno, questa era l’intenzione del legislatore).
E cosa dice, precisamente, l’articolo 23-ter sul mutamento destinazione uso? Dice, in sostanza che il cambio è sempre possibile (sempre) all’interno della stessa categoria funzionale.
Con questo dispositivo normativo, lo Stato facilita il mutamento d’uso e ha imposto alle Regioni non solo di indicare per legge quali cambi dell’uso di immobili (con o senza opere) siano subordinati al preventivo rilascio del permesso di costruire o a SCIA; ma anche di adeguare la propria normativa al principio sopra indicato: il cambio di destinazione d’uso nell’ambito della stessa categoria funzionale è sempre possibile, mentre diventa rilevante solo se si effettua un passaggio da una categoria ad un’altra diversa (da residenziale a commerciale, per esempio).
A oggi solo Liguria, Toscana e Umbria hanno realizzato l’adeguamento alla norma statale, ma recentemente anche il Consiglio di Stato ha ribadito e certificato l’urgenza di tale impostazione con la sentenza n. 1444 del marzo scorso.
La norma statale vince su quelle locali o no?
In base alle più comuni interpretazioni, le norme locali nelle Regioni che non hanno ancora provveduto a cambiare non hanno più valore. Non mancano, in questo senso, voci contrarie che, invece, ritengono ancora pienamente valide le norme locali anche in contrasto con le indicazioni contenute del nuovo articolo 23-ter, come l’Emilia-Romagna che in una circolare del marzo scorso ribadisce la validità della propria normativa in materia di cambio destinazione d’uso degli immobili.
Categorie e costi
Ricordiamo che sono cinque, in base alle norme vigenti, le categorie funzionali degli immobili: residenziale, turistico-ricettiva, rurale, commerciale e produttiva-direzionale. Per ogni cambio di destinazione d’uso ci può essere o meno la necessità di realizzare delle opere (mutamento d’uso “con” o “senza” opere). Ovviamente, in caso di opere edilizie occorrerà munirsi dell’eventuale titolo edilizio.
Nulla cambia, invece, riguardo ai costi e agli oneri da sostenere, che vengono calcolati dai singoli Comuni in base alla variazione del carico urbanistico che si viene a creare a seguito del cambio di destinazione d’uso. Tali oneri vengono desunti da apposite delibere comunali che devono essere aggiornate periodicamente ogni 5 anni.
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