Si conclude con questo post dell’ing. Nicola Mordà il mini ciclo di approfondimento sulla sicurezza sismica delle strutture prefabbricate con un’analisi delle leggi e delle norme relative ai capannoni prima dell’avvento delle Norme tecniche per le costruzioni.
Le criticità che le strutture prefabbricate investite da sisma hanno evidenziato sono stata illustrate nell’articolo Sicurezza sismica delle strutture prefabbricate.
Nell’articolo Sicurezza sismica delle strutture prefabbricate e la sicurezza sul lavoro è stato chiarito, anche se ciò era già imposto dalla legge, che l’ambiente di lavoro dev’essere sicuro rispetto alle azioni ambientali, come il sisma (e non solo).
La questione che si vuole qui porre ed affrontare è se i crolli indotti dai passati eventi sismici siano dovuti a debolezze del sistema strutturale, in questo caso a struttura prefabbricata, o a sottostima del livello di rischio che la variazione dello scenario ambientale comporta su una struttura esistente.
La prima, istintiva, risposta sarebbe ovviamente quella di addossare dette responsabilità al sistema strutturale e ai tecnici ed imprese che le hanno progettate ed eseguite.
È però opportuno approfondire, nelle linee generali, la questione.
Senza entrare nel percorso, travagliato, che le attuali norme tecniche hanno subito è utile ricordare che esse sono state definitivamente recepite nel 2009; precedentemente vi era stato un cambio culturale nel panorama normativo con l’OPCM 3273/2003 che aveva anche rivisto, su solide basi scientifiche, la mappatura sismica dell’Italia. Tra i due periodi vi è stato un mutevole scenario normativo con varie proroghe sul recepimento delle norme. La seguente figura da conto di tale mutato scenario ambientale.
Nel 1987 furono emanate le prime norme cogenti specificamente dedicate alle strutture prefabbricate e, dopo, la relativa circola esplicativa:
– DM 3 dicembre 1987 Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle costruzioni prefabbricate
– Circolare Ministero dei lavori pubblici 16 marzo 1989 n. 31104 istruzioni in merito alle norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo delle costruzioni prefabbricate
Tali norme hanno avuto piena validità fino all’entrata in vigore del DM 14 gennaio 2008, quindi tutte le strutture prefabbricate realizzate dopo tale data erano coerenti con le prescrizioni ivi contenute.
Gli aspetti che si vogliono qui evidenziare sono due, con riferimento al tema della presente nota, e sono contenuti nei seguenti articoli del decreto del 1987.
Decreto Ministeriale 3 dicembre 1987
§ 2.4.1. Appoggi
[…] In zona sismica non sono consentiti appoggi nei quali la trasmissione di forze orizzontali sia affidata al solo attrito.
Appoggi di questo tipo sono consentiti ove non venga messa in conto la capacità di trasmettere azioni orizzontali; l’appoggio deve consentire spostamenti relativi secondo quanto previsto dalle norme sismiche.
6. Uso e manutenzione
6.1. Cambiamento d’uso dell’opera
Nel caso di cambiamento d’uso dell’opera, la proprietà deve provvedere a fare effettuare una verifica strutturale di progetto dell’intera opera da tecnico a ciò abilitato.
Per cambiamento d’uso si intende qui quello che comporta azioni di esercizio non previste in fase di progettazione. Detta verifica, firmata, dovrà essere conservata agli atti.
6.2. Controlli di esercizio successivi
Saltuariamente, ove ritenuto necessario in relazione a possibili o temuti degradi delle opere ed in circostanza di modifica di fatti che possono influire sulle condizioni di esercizio della struttura (destinazione, configurazione di carichi, ecc.), la proprietà dovrà disporre indagini e/o prove atte ad accertare le condizioni statiche delle strutture.
Dovranno effettuarsi rilevazioni, soprattutto in corrispondenza di eventuali fessure o lesioni e delle unioni, da sottoporre ad accurato esame.
I risultati delle prove, in quanto non possono considerarsi in generale totalmente probanti ai fini proposti, non esimono dall’acquisizione di tutti gli altri elementi pertinenti.
Le norme dell’epoca statuivano dei chiari principi per le costruzioni prefabbricate erette in zone sismiche.
Il primo aspetto, evidenziato drammaticamente di recente (non solo, dato che in tutti gli eventi succedutisi in altre parti del mondo si sono manifestate le stesse modalità di collasso), ha posto all’attenzione di tutti la questione della inefficienza degli elementi semplicemente appoggiati.
Si è “scoperto” che essi non erano idonei in zone non sismiche. Ma, per legge, il loro uso era consentito in zone non dichiarate sismiche.
Quindi i tecnici ed i costruttori erano legittimati a realizzarli, sino a quando un recepimento ufficiale delle nuove mappe sismiche non fosse intervenuto salvo che, nelle varie proroghe post OPCM 2003, tali strumenti non fossero stati a livello regionale differiti.
Può essere discutibile l’opportunità o meno di adottarli nelle costruzioni può recenti, in virtù di una sorta di lungimiranza tecnica. Ma in stretti termini di legge ciò non era richiesto.
Se si guarda nella mappa sismica del 1984, ad esempio l’Emilia Romagna, è evidente che la gran parte del territorio era Non Classificato sismico.
Pertanto l’azione sismica non era parte dello scenario di carico che i progettisti, e a valle tutti gli altri soggetti intervenuti nel processo costruttivo, avevano come prescrizione di legge da rispettare, e di conseguenza hanno operato.
Un aspetto che deve, invece, essere stigmatizzato è il precetto introdotto dal § 6.1. Cambiamento d’uso dell’opera che di fatto attribuisce, in largo anticipo rispetto alle norme sulla sicurezza su lavoro, al proprietario dell’immobile l’onere di provvedere ad una verifica della struttura in presenza di una variazione dello scenario di carico rispetto a quello di progetto.
È a questo punto chiaro che la variazione del livello di pericolosità sismica avrebbe dovuto innescare il processo previsto dalla legge che aveva “battezzato” la struttura (lo scenario di carico mutò con la nuova mappa sismica).
La norma era chiara nel definire la variazione di destinazione d’uso e quindi ambiguità con le norme urbanistiche erano superate per interpretazione autentica del termine stesso.
Dato corse quest’onere, qualsiasi tecnico competente avrebbe prontamente segnalato l’inadeguatezza dei vincoli ad attrito rispetto al fatto che le nuove norme classificavano le zone come soggette a rischio sismico.
Come opinione personale, è quindi evidente quale sia l’area entro cui cercare almeno una parte della risposa alla questione posta in precedenza, ossia perché si sono verificati i noti crolli nei fabbricati industriali.
Si ritiene che un’ampia attenzione e riflessione dovrebbero essere riservate all’All. IV del Dlgs. 81/08 e s.m.i. e al §6 del DM 3 dicembre 1987.
Non si ritiene ne corretta ne risolutiva, e soprattutto è particolarmente pericolosa anche per edifici che furono eretti in zone già classificate sismiche, l’interpretazione di superficie che attribuisce solo a carenze progettuali i danni e collassi già detti.
Infatti, con un’attenta politica manutentiva e ottemperando ai precetti appena detti essi sarebbero, probabilmente, stati evitati.
Articolo dell’Ing. Nicola Mordà DoMo Studio Torino
L’ing. Nicola Mordà, autore del manuale di prossima pubblicazione sul comportamento e adeguamento sismico delle strutture prefabbricate, sarà uno dei relatori del convegno Strutture prefabbricate e antisismica: prestazioni delle nuove costruzioni e adeguamento dell’esistente che si terrà a Modena il prossimo 16 maggio 2014 (convegno a partecipazione gratuita previa iscrizione, posti limitati). Gli altri relatori saranno l’ing. Ermanno Papazzoni, esperto di progettazione di strutture prefabbricate in c.a. e c.a. precompresso, e il geologo Alessandro Boni, specializzato in studi geotecnici su terreni di fondazione destinati alla costruzione di strutture prefabbricate.
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