La definizione di una richiesta che contrasta con le norme ed i regolamenti locali porta inevitabilmente al diniego del titolo abilitativo richiesto che dovrà essere adeguatamente motivato in tutti gli aspetti di rilievo, con l’indicazione del dispositivo che ne pregiudica l’assenso.
Talvolta però, accade che nel corso della procedura per il diniego delle richieste, l’autorità preposta alla definizione della domanda, emette un provvedimento la cui motivazione non appare adeguatamente giustificata (leggi anche Autorizzazione paesaggistica, con motivazioni carenti è illegittimo il diniego).
In tale ambito e per un caso similare, la IV Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6065 del 18 dicembre 2013, ha accolto il ricorso in appello poiché ha ritenuto che dell’esposizione dei fatti, si ravvisa il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
Infatti il provvedimento di diniego viene fondato sul parere reso dalla Commissione beni ambientali, secondo la quale il manufatto soggetto a sanatoria edilizia sarebbe realizzato “con forme rozze e materiali inadeguati per un contesto urbano” e tale aspetto negativo sarebbe reso anche per la “posizione del manufatto“, tra edifici pubblici, in modo tale da rendere “ancora più grave la presenza di esso“, acuendo il contrasto “tra esso e gli edifici che lo circondano“.
Nel dispositivo, i giudici di Palazzo Spada, ribaditi i limiti del sindacato giurisdizionale in ordine alle valutazioni tecnico discrezionali dell’amministrazione, tali da evitare che il giudice invada il “merito amministrativo“, hanno ritenuto che tale provvedimento effettivamente presenti un difetto di motivazione.
Infatti, per un verso, si fa riferimento sia a caratteristiche dei materiali utilizzati per la realizzazione del manufatto, genericamente definiti “inadeguati“, sia a caratteristiche estetiche delle forme del manufatto, definite “rozze“; per altro verso, si sottolinea la “mera” ubicazione dell’opera che contribuirebbe a renderne intollerabile la presenza.
Ambedue i profili non contribuiscono a definire le ragioni ostative alla sanatoria edilizia, rappresentando essi, nel primo caso, mere valutazioni non circostanziate da elementi di fatto volti a supportare il giudizio negativo formulato; nel secondo caso, una semplice descrizione di luoghi, in relazione ai quali il concreto contrasto del manufatto non risulta reso evidente.
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