Prosegue, grazie alla collaborazione con Michele Miguidi, autore della preziosa Guida Essenziale al Testo Unico Edilizia , il nostro percorso di approfondimento sulle tipologie di interventi contemplati dal d.P.R. 380/2001 (consulta il Testo Unico Edilizia Aggiornato).
Oggetto di questo post è il restauro e il risanamento conservativo. In particolare, verificheremo quali interventi si qualificano come “restauro” e “risanamento”, quali modifiche non rientrano in queste categorie di lavori, fornendo infine alcuni casi particolari tratti dalla giurisprudenza, che negli anni ha integrato e specificato i confini di questi interventi, così come definiti dall’art. 3 del Testo Unico Edilizia.
Partiamo con il dire che negli interventi di restauro e di risanamento conservativo non vi devono essere modificazioni dell’identità, della fisionomia, dei volumi, della superficie delle singole unità e della struttura dell’edificio.
Restauro e risanamento conservativo: qualificazione degli interventi
Gli interventi di restauro e risanamento conservativo mirano a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante “un insieme sistematico di opere“.
È necessario garantire il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, cosicché la destinazione d’uso sia con essi compatibile.
Una breve rassegna di interpretazioni di giurisprudenza
Il Testo Unico Edilizia fornisce la definizione generale di “restauro e risanamento conservativo”, ma è poi alla giurisprudenza successiva che tale definizione è stata sviscerata, analizzata e studiata nei casi più particolari. Ecco perché è necessario fornire ai lettori una brevissima rassegna delle sentenze più significative che, nel corso degli anni, hanno chiarito le questioni più controverse.
La sentenza n. 35390/2010 della Cassazione Penale, per esempio, ha chiarito che “l’intervento di restauro e risanamento conservativo presuppone l’esistenza, nel suo complesso, di un organismo edilizio su cui intervenire, proprio perché finalizzato al recupero degli immobili nella loro attuale consistenza e nell’ambito degli spazi concretamente identificabili”.
Il T.A.R. dell’Emilia Romagna con la sentenza n. 317/2004 fornisce un altro “mattoncino” per definire sempre più concretamente cosa si intenda per “restauro e risanamento conservativo”. Nello specifico i giudici amministrativi hanno sancito l’illegittimità di un’autorizzazione edilizia, rilasciata sul presupposto che tali opere siano riconducibile alla categoria del restauro e risanamento, per la realizzazione di una scala di collegamento tra un’area cortilizia e un locale tecnico inferiore.
Perché? Secondo il T.A.R. quest’opera è “chiaramente nuova” e non necessaria al restauro o al ripristino dell’immobile preesistente.
Andando indietro con gli anni, anche il Consiglio di Stato ha più volte ribadito il concetto, secondo il quale per restauro e risanamento conservativo si intende un intervento rivolto a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio.
Per verificare questa affermazione rimandiamo i lettori alle sentenze del Consiglio di Stato n. 798 del 14 febbraio 2003 e n. 3728 del 6 luglio 2002.
Dossier Testo Unico Edilizia
Ricordiamo infine a tutti i lettori che sarà predisposta una Pagina dedicata al d.P.R. 380/2001 dove, oltre al Testo Unico Edilizia aggiornato alla legge 134/2012 e in versione integrale, si potranno reperire tutti gli approfondimenti e i post su questo fondamentale testo di legge per i tecnici e i professionisti dell’edilizia.
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