Si conclude oggi la vita della seconda rata dell’Imu: è il 17 dicembre, il termine ultimo per il versamento. Nonostante questo, i problemi non finiscono qui, perchè possono essersi verificati errori. Il dipartimento delle Finanze ha, quindi, pubblicato una risoluzione molto utile, nella quale spiega come si possono risolvere i problemi emersi in seguito al pagamento dell’Imposta municipale unica, nei casi in cui si siano verificati errori.
Con la risoluzione 2/DF il dipartimento delle Finanze è intervenuto a chiarire alcuni dubbi sui rimborsi e i conguagli di somme versate all’ente locale o allo Stato. Il Comune viene stato identificato come interlocutore unico del contribuente. Sono state inoltre identificate le procedure per agevolare coloro che, per pagare l’Imu, sono inciampati in errori di vario tipo.
Cosa accade se a giugno è stata versata allo Stato una somma che poi si rivela non dovuta? A chi bisogna chiedere il rimborso?
L’Imu è un tributo comunale e bisogna bussare alle porte del Municipio. Il caso riportato nella risoluzione è quello di un anziano che, avendo trasferito la residenza in una casa di riposo, aveva, per l’acconto, considerato il suo immobile “seconda” abitazione, per poi “scoprire” che il proprio Comune, successivamente, aveva assimilato lo stesso all’abitazione principale, elevando la detrazione fino ad annullare l’imposta. Risultato: a giugno era stata versata una somma, divisa fra Stato e Comune, interamente non dovuta. Soluzione: “… alla luce di quanto affermato … e cioè che l’Imu resta un tributo comunale, e nell’ottica della semplificazione degli adempimenti … si precisa che il contribuente, al fine di ottenere il rimborso, deve presentare un’unica istanza all’ente locale, il quale verifica il fondamento della richiesta”.
Quella dell’esempio sopra riportato è una situazione sulla cui traccia bisogna muoversi anche quando la ripartizione è da correggere, sia che il conto totale sia a credito sia che sia a debito.
Pensiamo a un versamento in acconto di 380 euro, suddiviso fra Stato e Comune, a fronte di un tributo annuo totale, calcolabile a delibere consiliari adottate, di 300 euro, tutti di pertinenza dell’ente locale: il contribuente avrebbe un credito totale di 80 euro, ma al Comune ne spetterebbero ancora 110. Anche in tale ipotesi, oltre a non dover effettuare alcun versamento, l’unico destinatario dell’istanza sarà il Comune. Istanza con cui si chiederà il rimborso degli 80 euro, differenza fra i 190 versati in più allo Stato e dei 110 dovuti all’ente locale stesso.
E se invece, nella stessa situazione di prima (acconto di 380, ripartito metà allo Stato e metà al Comune, Imu dell’anno tutta di quest’ultimo) il tributo totale fosse risultato pari a 400 euro? La logica da seguire è la medesima: il contribuente paga 20 euro all’ente locale (e non 210), informandolo che il saldo è stato versato tenendo in considerazione la somma erroneamente attribuita a giugno allo Stato.
Quali altri rimedi sono contenuti nella risoluzione 2/DF?
La risoluzione 2/DF si sofferma anche su altre tipologie di correzioni da effettuare, in particolare, quella legata all’errata indicazione del codice tributo, per la quale non c’è niente di nuovo: la regola aurea resta la stessa e l’Imu è un tributo comunale. Ne consegue che la correzione non va richiesta all’Agenzia delle Entrate.
Fonte: www.fiscooggi.it
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