Spesso quando parlo di questo obbligo di legge con un Datore di lavoro od introduco questo argomento durante un incontro di formazione rivolto ai lavoratori in azienda, vedo comparire il sorriso ironico sul volto di chi ho davanti … della serie: “con tutti i problemi che ci sono anche lo stress lavoro correlato?!?”.
Eppure l’art. 28, comma 1 del d.lgs. 81/2008 (Testo coordinato con il d.lgs. del 3 agosto 2009, n. 106) specifica che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato (secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004).
Nello specifico il medesimo articolo al comma 1-bis precisa che l’obbligo di elaborazione di tale valutazione decorre già dal 1° agosto 2010.
In realtà questa analisi, eseguita solitamente non per fiducia nella normativa ma solamente per non incorrere in sanzioni, mette in evidenza più verità di quelle che si crederebbe; gli esiti dei questionari compilati dai lavoratori coinvolti nello studio fanno infatti emergere ombre e lati oscuri spesso volutamente non visti o addirittura volontariamente trascurati dal Datore di lavoro.
In gran parte dei casi in cui il rischio da stress lavoro correlato risulta medio, il problema principale è rappresentato dalla mancanza di comunicazione o comunque dal passaggio non sempre efficace delle informazioni, partendo dal Datore di lavoro per poi passare attraverso Dirigenti/Preposti fino ad arrivare ai lavoratori stessi, che non si sentono coinvolti in prima persona nel processo evolutivo dell’azienda e pertanto non comprendono appieno il proprio ruolo al suo interno.
Ne consegue che in tal caso l’intervento di miglioramento più efficace è rappresentato non tanto da ingenti investimenti economici bensì dalla semplice volontà di affrontare i punti critici, trasformando le proprie debolezze in punti di forza.
In tale ottica di progresso ho visto trasformare la mancanza di un piano di formazione professionalizzante lamentata dal personale aziendale in un’occasione per incentivare l’addestramento interno da parte dei caposettore ai colleghi meno esperti (la convinzione assai radicata che conservare gelosamente il sapere consenta di essere indispensabili ed intoccabili nell’organigramma aziendale si rivela in realtà sterile e controproducente!); ho visto convertire il disagio degli addetti al montaggio per il ritardo nella consegna dei semilavorati da parte degli addetti alla produzione in uno spunto per favorire la cooperazione ed il coordinamento dei capo reparto; ho visto Direttori di stabilimento, Responsabili qualità e Rappresentanti dei lavoratori discutere insieme per trovare soluzioni soddisfacenti dal punto di vista della produzione, della gestione delle procedure e della fruibilità da parte dei lavoratori.
Proprio per questo il mio suggerimento ai Datori di lavoro è: cogliete l’occasione! Fate di questo obbligo di legge un’opportunità per ottimizzare le vostre risorse più grandi: i vostri singoli lavoratori!
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