Miglioramento sismico edifici storici: sicurezza o conservazione?

All’interno del patrimonio edilizio esistente, merita un capitolo a parte l’edilizia storico-monumentale, ancora più difficilmente “adeguabile”. Come?

Il Capitolo 8 delle Norme Tecniche per le Costruzioni NTC 2018 (D.M. 17/01/2018) contiene importanti indirizzi normativi riguardo la progettazione degli interventi di consolidamento statico e miglioramento sismico sul patrimonio edilizio esistente. Per le sue caratteristiche edificatorie diverse, il costruito esistente merita specifiche linee guida di intervento strutturale che non possono essere del tutto similari a quelle per la nuova progettazione. Questo vale soprattutto per gli edifici in muratura, quale tecnica costruttiva più comunemente ricorrente nell’edilizia storica.

Inoltre, all’interno del patrimonio esistente, merita ancora un capitolo a parte l’edilizia storico-monumentale, ancora più difficilmente “adeguabile” ai nuovi standard di sicurezza sismica e pertanto oggetto di limitazioni ad hoc (contenute nello specifico D.P.C.M del 9 febbraio 2011) riguardo il loro raggiungimento. Il dibattito tra conservazione e sicurezza interessa pertanto l’intero insieme del costruito esistente, sia esso ordinario o storico sotto vincolo di tutela, differenziando e ammettendo livelli di sicurezza inferiori a quelli raggiungibili per le nuove costruzioni.

Miglioramento sismico degli edifici storici

Al paragrafo 8.4 delle NTC 2018 sono differenziate le tipologie di intervento, da quelle di puntuale riparazione locale, al miglioramento sismico per interventi estesi a tutte le strutture del fabbricato fino ad arrivare all’obbligo di adeguamento sismico dell’edificio in concomitanza di interventi strutturali o cambi di destinazione d’uso più pesanti. Il medesimo paragrafo specifica che soltanto ricadendo nel miglioramento o adeguamento sismico sussiste l’obbligo della verifica sismica dell’intero edificio.

Miglioramento e adeguamento sono due distinti traguardi che richiedono un maggiore onere computazionale, progettuale ed economico, da estendere all’intero edificio rispetto al semplice intervento di riparazione o rinforzo locale. Entrambi presuppongono un incremento delle resistenze degli elementi strutturali a seguito di lavori di consolidamento che riguardano l’intero schema strutturale dell’edificio.

Il paragrafo 8.4.3 prevede l’adeguamento sismico nei casi di sopraelevazione, ampliamenti strutturalmente collegati all’esistente, consistenti variazioni di destinazione d’uso, cambiamento del sistema strutturale esistente, modifiche di classe d’uso a favore di nuove destinazioni d’uso scolastico o strategico.

miglioramento sismico edifici storici
L’esecuzione dell’intonaco armato all’interno del cantiere di restauro della Reggia di Venaria Reale (TO) quale soluzione tecnica per il consolidamento statico e il miglioramento sismico.

NTC 2018 e NTC 2008 a confronto

Cos’è il rapporto zE?

In caso di adeguamento sismico, il rapporto zE tra l’azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione deve essere uguale (o maggiore) all’unità, mentre nel caso del miglioramento sismico potrà essere inferiore all’unità, con valori minimi differenziati a seconda degli obbiettivi richiesti dalle norme.

In relazione alle difficoltà progettuali (ed economiche) spesso emerse in diversi obblighi di adeguamento sismico imposti dalle precedenti NTC 2008 sul patrimonio architettonico esistente, le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni NTC 2018 richiedono per gli edifici esistenti livelli di sicurezza inferiori ma più facilmente perseguibili, senza rischiare di stravolgere lo schema statico e le peculiarità architettoniche originarie dell’edificio esistente.

La difficoltà principale riscontrabile nel costruito esistente risiede nelle scarse resistenze dei materiali degradati, nelle irregolarità planimetriche-altimetriche, in schemi statici originari senza presidi antisismici, tali da rendere spesso difficoltoso, in molti casi, il raggiungimento dei medesimi standard di sicurezza sismica richieste dalle Norme Tecniche per la progettazione delle nuove costruzioni. A meno di stravolgere o appesantire la struttura con irreversibilii danni estetici.

I recenti terremoti hanno ampiamente dimostrato come edifici storici pesantemente “adeguati” con radicali interventi di sostituzione di solai e coperture lignee con impalcati più rigidi e pesanti in c.a., siano collassati alle successive scosse sismiche per evidenti disomogeneità degli equilibri di rigidezza e masse all’interno della struttura, il cui originario schema statico era stato stravolto.

Leggi anche Tetti degli edifici storici: verifica e interventi di miglioramento

Quali livelli di sicurezza zE sono richiesti?

Se le precedenti NTC 2008 individuavano nei diversi casi di adeguamento sismico l’obbligo univoco di raggiungere il medesimo livello di sicurezza sismica delle nuove costruzioni (l’attuale zE = 1), le nuove NTC 2018 hanno differenziato i livelli di sicurezza raggiungibili nei singoli casi descritti dal paragrafo 8.4.3 dove non sempre è richiesto di raggiungere zE = 1.

In particolare viene posto l’obbligo di perseguire zE ≥ 1 solo nei casi di sopraelevazione, ampliamento e cambio dello schema strutturale originario, mentre per cambi di destinazione d’uso si può limitare l’intervento a raggiungere zE ≥ 0,8. La stessa politica è stata applicata anche nel paragrafo 8.4.2 relativo al miglioramento sismico, prevedendo zE ≥ 0,6 per costruzioni in classe d’uso III a uso scolastico e per costruzioni strategiche di classe d’uso IV, mentre per le rimanenti costruzioni è richiesto solamente un incremento di zE pari a 0,1 dalla situazione dello stato di fatto.

miglioramento sismico edifici storici
I danni causati a Visso (MC) dall’ultimo terremoto del Centro Italia sul collegamento della facciata della Parrocchia di Maria Santissima, quale esempio di vulnerabilità sismica del patrimonio storico-architettonico che deve essere maggiormente tutelato.

L’edilizia storica non può essere completamente adeguata

Se apparentemente la sicurezza sismica degli edifici esistenti sembra essere stata ridiscussa “al ribasso”, nella pratica il ridimensionamento a valori di sicurezza più bassi, è frutto della constatazione che l’edilizia storica non può essere completamente adeguata a discapito della perdita di inestimabili valori storico-architettonici. Perché, oltre alla perdita dei valori estetici, esiste anche il rischio di stravolgere l’originario schema statico, con risultati spesso incerti.

Le nuove NTC intraprendono pertanto una strada più realistica per il raggiungimento di migliori livelli di sicurezza del costruito esistente, che da sempre rappresenta il punto più vulnerabile nel patrimonio architettonico italiano. Obblighi meno stringenti per l’esistente, maggiore consapevolezza del rischio sismico e della necessità di estendere le verifiche a tutto il costruito edificato, interventi contenuti ma più efficaci.

Poiché la maggior parte dei danni sismici più pericolosi avviene per cinematismi fuori piano, l’adeguamento a ogni tipologia di ribaltamento o espulsione locale di ogni pannello murario, riconducendo il fabbricato a un più efficace comportamento scatolare nel piano, costituirebbe già un notevole passo avanti per migliorare la sicurezza dei fabbricati. E questo è perseguibile già con pochi mirati interventi, legati soprattutto al miglioramento delle connessioni. Una volta raggiunto questo obiettivo principale, sarà possibile lavorare sui diversi limiti di sicurezza richiesti per le sollecitazioni nel piano delle pareti.

Miglioramento sismico degli edifici storici

D.P.C.M. 9 febbraio 2011: l’edilizia monumentale

Se le sopracitate difficoltà erano già evidenti nelle progettazioni di intervento sull’edilizia esistente, con maggior peso esse diventavano incompatibili nel caso del patrimonio storico-architettonico sotto vincolo di tutela da parte delle Soprintendenze. Una legge a parte merita infatti tutta l’edilizia monumentale.

Il legislatore tecnico ha ritenuto opportuno emanare un D.P.C.M. del 9 febbraio 2011 dal tema molto mirato: “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008”. Questa direttiva è a tutti gli effetti una rivisitazione delle norme tecniche delle costruzioni contestualizzate alle delicate e specifiche esigenze degli edifici monumentali. In essa si ribadisce, ovviamente, l’importanza della valutazione e del raggiungimento della sicurezza strutturale all’interno di edifici storici, tuttavia ponderando attentamente le scelte tecniche di consolidamento nei confronti delle esigenze di salvaguardia e tutela dell’originalità materica, artistica, storica ed architettonica del bene monumentale.

«Per i beni culturali tutelati è necessario attenersi a interventi di miglioramento, a riparazioni o ad interventi locali (punto 8.4 delle NTC2008). Con il termine di miglioramento si deve intendere l’esecuzione di opere in grado di far conseguire all’edificio un maggior grado di sicurezza rispetto alle condizioni attuali, con un livello di protezione sismica non necessariamente uguale a quello previsto per l’adeguamento delle costruzioni. […] In questa Direttiva viene proposto un percorso di conoscenza, analisi sismica e progetto degli interventi che considera: le esigenze di conservazione, la volontà di preservare il manufatto dai danni sismici, i requisiti di sicurezza in relazione alla fruizione ed alla funzione svolta. […]»

Viene chiaramente ribadito «[…] che per i beni culturali tutelati è possibile derogare rispetto all’adeguamento […]» e che « […] se l’indice di sicurezza sismica raggiungibile è inferiore a quello auspicabile, ovvero sarebbero necessari interventi troppo invasivi, il progettista può giustificare l’intervento ricorrendo anche a valutazioni qualitative, che dovranno essere tradotte in termini quantitativi, adeguatamente giustificati in una relazione esplicativa ad integrazione della relazione di calcolo […] L’obiettivo è evitare opere superflue, favorendo quindi il criterio del minimo intervento, ma anche evidenziare i casi in cui sia opportuno agire in modo più incisivo. La valutazione delle azioni sismiche corrispondenti al raggiungimento di determinati stati limite consente infatti, da un lato di giudicare se l’intervento progettato è realmente efficace (dal confronto tra lo stato attuale e quello di progetto), dall’altro fornisce una misura del livello di sicurezza sismica del manufatto a valle dell’intervento (in termini di vita nominale). Da questa impostazione risulta che spesso è opportuno accettare consapevolmente un livello di rischio sismico più elevato rispetto a quello delle strutture ordinarie, piuttosto che intervenire in modo contrario ai criteri di conservazione del patrimonio culturale. […]» (paragrafo 2.2 D.P.C.M. 9 febbraio 2011).

La Direttiva contiene importanti approfondimenti sulle modalità di valutazione della vulnerabilità sismica secondo le differenti tipologie storico-architettoniche (palazzi, chiese, torri), concentrando ovviamente la maggior parte dell’attenzione su edifici in muratura portante, in quanto essere lo schema strutturale maggiormente ricorrente nel patrimonio storico-architettonico italiano. Grande attenzione viene dedicata anche all’approfondimento della conoscenza preliminare dell’edificio storico, mediante il raggiungimento di specifici livelli di conoscenza. Sono altresì introdotti specifici livelli di stato limite legati all’importanza artistica dell’opera, in particolare per la salvaguardia di superfici affrescate.

La Direttiva prevede altresì una seconda deroga eventualmente applicabile al numero degli anni di vita nominale: «[…] Se l’azione sismica allo SLV risulta significativamente inferiore a quella attesa nel sito, assunto un periodo di riferimento compatibile con le caratteristiche e le condizioni d’uso del manufatto, ciò determina la necessità di eseguire una valutazione più accurata ed eventualmente intervenire entro un intervallo di tempo più breve del periodo di riferimento. Infatti, coerentemente con il concetto probabilistico di sicurezza, la struttura può considerarsi sicura nei riguardi di un terremoto con periodo di ritorno più breve rispetto a quello dell’azione sismica di riferimento; la vita nominale, introdotta nelle NTC, rappresenta quindi il parametro attraverso il quale programmare gli interventi di mitigazione del rischio. […]»(paragrafo 2.1 D.P.C.M. 9 febbraio 2011).

Nell’intervento di miglioramento sismico su un edificio storico sotto vincolo di tutela è possibile, se necessario, ridurre il valore della vita nominale (ovviamente ad un numero di anni ragionevolmente superiore ai valori delle strutture ad uso solo temporaneo). «[…] La vita nominale di un bene culturale dovrebbe essere molto lunga, volendone garantire la conservazione nel tempo anche nei riguardi di azioni sismiche caratterizzate da un elevato periodo di ritorno; tuttavia, ciò porterebbe ad una verifica sismica gravosa e nel caso in cui gli interventi richiesti dovessero risultare troppo invasivi nei riguardi dell’opera, coerentemente con la possibilità di limitarsi ad interventi di miglioramento, il progetto potrà fare riferimento ad una vita nominale più breve. Questa vita nominale ridotta (anche inferiore a 50 anni) consentirà comunque di certificare la sicurezza di un intervento meno invasivo, in quanto questo tutelerà la costruzione in termini probabilistici per un numero minore di anni. Ulteriori e più pesanti interventi potranno in tal modo essere posticipati nel tempo; al termine della vita nominale una nuova verifica dovrà essere eseguita, e conseguentemente nuovi interventi potranno risultare necessari, ma sarà a quel punto possibile avvalersi dei progressi conoscitivi e tecnologici, in termini di conoscenza della pericolosità sismica, capacità di valutare la vulnerabilità della costruzione e disponibilità di tecniche di intervento meno invasive. […]» (paragrafo 2.4 D.P.C.M. 9 febbraio 2011).

Tutte le importanti considerazioni qualitative e quantitative descritte dalla Direttiva dovrebbero altresì far riflettere sulla reale convenienza a trasformare alcuni edifici storici in edifici con funzione strategica, poiché su di essi graverebbero verifiche sismiche molto onerose, difficilmente perseguibili con esito positivo se non a scapito della conservazione architettonica ed artistica, su cui neppure le deroghe previste dalla Direttiva potrebbero (forse) venire molto in aiuto. Meglio delocalizzare le funzioni strategiche su strutture di più recente o nuova costruzione, limitando i cambi d’uso all’interno degli edifici storici oggetto di rifunzionalizzazione.

Quali conclusioni possiamo trarre?

Il dibattito tra conservazione e sicurezza del patrimonio edilizio esistente trova nelle leggi e nei paragrafi sopracitati i requisiti normativi con cui ricercare il delicato equilibrio tra le due istanze. Entrambe fondamentali ed importanti. Tuttavia non potrà mai prevalere l’una sull’altra, perché in entrambi i casi si rischierebbe comunque la perdita della conservazione storica dell’edificio monumentale.

Riguardo alla complessa ricerca della sicurezza sismica degli edifici storici senza andare a discapito della conservazione, il Prof. Giovanni Carbonara scrive «[…] E’ certamente una sfida, ma si tratta di ruotare volutamente l’asse dell’attenzione da un agire spesso alla cieca [..], ad un progettare, forse umile, ma molto pensato ed approfondito per fare meglio facendo meno [..]» (Recupero&Conservazione magazine, 148/2018 ). Fare meglio significa spesso intervenire (e spendere) meno, per raggiungere un adeguato livello di sicurezza compatibile con i valori storici dell’edificio monumentale. Che rappresenterà sicuramente un notevole passo avanti nei confronti della attuale situazione di elevata vulnerabilità che caratterizza gran parte del patrimonio storico-architettonico.

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