Abuso edilizio vista mare, demolire o “curare”?

Un oceano di cemento illegale invade le coste italiane, ma raramente viene buttato giù. Su 32 mila ordinanze di demolizione nei comuni costieri, quasi il 90% non è stato eseguito. Perché?

Chissà cosa avrebbe pensato il girovago Ulisse spiaggiando la zattera su uno dei nostri “moderni” litorali: tanti pachidermici (e crepati) mostri di cemento da aggiungersi a Scilla e Cariddi. Che, spesso, abbandonati dai loro abitanti umani, sono divorati da rovi famelici e vegetazioni da Terzo Paesaggio; e per fortuna, viene da dire.

Insomma, sulle nostre coste non si abbatte l’abuso. Anche secondo l’ultimo report di Legambiente sull’argomento, occorre ripristinare con urgenza la legalità […] sono state realizzate case vista mare nel totale disprezzo delle leggi, del paesaggio, del diritto collettivo a poterne godere e della sicurezza di chi ci vive. Poco o nulla viene buttato giù. Le demolizioni sono ferme al palo e nelle zone costiere le condotte omissive sono ancora più evidenti.

Perché c’è questa situazione di stallo? E perché è così difficile abbattere edifici palesemente abusivi? Vediamo cosa dice la legge in materia di abusi edilizi e gli ultimi casi che hanno riportato il tema all’attenzione dei media.

Abuso edilizio e demolizione: qual è il problema?

In pratica, le demolizioni non vengono eseguite. O meglio, avvengono di rado e nel segno della più assurda anarchia.

Ricordiamo che l’ordine di demolizione collegato alla sentenza di condanna è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dalla legge n. 47 del 1985: più di trent’anni fa.

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Di fatto, qualcosa non funziona: le demolizioni dei manufatti abusivi sono ingessate, e nelle zone costiere questo è ancora più evidente. Secondo Legambiente sono 32.424 le ordinanze di demolizione emesse dal 2004 al 2018 in poco più del 20% dei comuni costieri italiani che hanno risposto all’indagine “Abbatti l’abuso”. Di queste però solo 3.651 sono state eseguite, cioè con il ripristino dei luoghi e l’abbattimento del manufatto abusivo: in pratica poco più dell’11%.

Nelle aree interne si contano in media 23 ordinanza di demolizione a comune. Se invece ci si sposta al mare, si arriva a 247 ordinanze per ogni comune, dato che conferma la rilevanza dell’abusivismo in zona costiera. Come si fa allora ad abbattere ecomostri, fabbricati pericolanti, scheletri di cemento armato, immobili della criminalità organizzata, costruzioni realizzate sulle spiagge o in violazione del limite di distanza dalla costa?

Legalmente, il motivo principale per cui non si riesce a intervenire con le demolizioni è legato all’iter giudiziario: le ordinanze di demolizione emesse dai Comuni vengono quasi sempre impugnate dai proprietari degli immobili davanti al Tar, e di norma si chiede la cosiddetta sospensiva, che permette di rimanenere nell’appartamento o nell’edificio ai proprietari, che nel frattempo presentano un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato.

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Il Comune in teoria, in casi del genere sarebbe il “vincitore”, ma non usa la ruspa perché nel caso in cui il Consiglio di Stato dovesse dare ragione al proprietario, dovrebbe pagare i danni. Ed eccoci ad uno dei problemi: le udienze davanti al Consiglio di Stato sono fissate con tempi da epopea, e una sentenza può arrivare anche dopo 5 o 6 anni.

Quale regione è la “più abusiva”?

Citando i dati forniti dal report di Legambiente, le demolizioni lungo il litorale campano, uno dei più colpiti dal fenomeno,  non arrivano neanche al 2% negli ultimi 15 anni. Peggio fanno solo il Molise (fermo a zero) e le Marche (dove si sfiora l’1%), ma i dati quantitativi sono molto diversi: la Campania guida la classifica delle regioni per numero di ordinanze emesse, sia nei comuni costieri che nei comuni dell’entroterra, ma ha demolito solo il 3%. Se prendiamo in considerazione solo gli abusi realizzati lungo la costa in questa regione si contano ben 11.092 ordinanze emesse e solo 220 le eseguite.

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In Calabria si arriva al 5,2% e in Puglia al 6,4%. Straordinaria eccezione è la Sicilia, che arriva a una percentuale del 15% nel rapporto tra ordinanze di abbattimento emesse e realmente eseguite. La performance migliore, è del Friuli-Venezia Giulia, con il 45%.

Qual è la soluzione proposta?

Legambiente propone una riforma legislativa che trasferisca ai prefetti la competenza delle operazioni di abbattimento perché non condizionati dal ricatto elettorale. Ai Comuni verrebbe lasciato il controllo urbanistico del territorio, la repressione dei reati, e l’emissione delle ordinanze di demolizione.

Legambiente dichiara: oggi i Comuni agiscono più che altro su sollecitazione della Procura della Repubblica, almeno per gli immobili colpiti da ordinanze sancite da sentenza di terzo grado […] Di fronte all’aut aut dei giudici, i sindaci hanno poche alternative. Gli abusivi lo sanno e, non di rado, decidono di auto-demolire, risparmiando migliaia di euro di spese: in media, per ogni abuso abbattuto d’ufficio ne viene abbattuto uno direttamente dagli stessi proprietari.

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Redazione Tecnica

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