L’assoluta inderogabilità delle regole procedurali statali sul fotovoltaico

Il quadro normativo nazionale è stato impostato per agevolare il più possibile l’autorizzazione di impianti “verdi”. Le Regioni che ruolo hanno? Possono intervenire sulle procedure e/o sulle possibilità localizzative degli impianti alimentati a FER?

(di P. Costantino) In tema di fonti energetiche rinnovabili (FER), l’Unione Europea negli ultimi vent’anni ha emanato due direttive – 2001/77/CE e 2009/28/CE, al fine di favorire lo sviluppo di tali tecnologie richiedendo agli Stati Membri di introdurre procedure autorizzative efficaci e proporzionate e ma semplificate e accelerate per l’effettivo raggiungimento degli obiettivi (di fabbisogno energetico e di tutela ambientale) proposti.

In ambito nazionale, il D.Lgs. 387/2003 e il D.Lgs. 28/2011 hanno provato a rispondere alle richieste sovranazionali, con una prima definizione delle procedure e una successiva ridefinizione delle stesse, nell’ottica di sviluppare il più possibile ed a vari livelli (dalle grandi imprese ai piccoli utilizzatori) un agevole ricorso alla produzione di energia da fonti rinnovabili, per ridurre sempre più l’approvvigionamento di fonti energetiche da paesi terzi (extra UE) incentrate sui combustibili fossili (peraltro, in via di naturale esaurimento) e concentrare la produzione energetica su elementi naturali (quali la luce solare o il vento) che, tra i numerosi pregi, sono inesauribili oltreché gratuiti.

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Il quadro normativo nazionale  – cui vanno senz’altro aggiunte le Linee Guida ministeriali del 10.9.2010 volte ad armonizzare gli iter procedurali regionali per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER – è stato impostato nel senso di agevolare il più possibile l’autorizzazione di impianti “verdi”, attraverso l’introduzione dapprima dell’Autorizzazione Unica (art. 12, D.Lgs. 387/03) rilasciata al termine di un procedimento unico di conferenza di servizi con tutte le amministrazioni interessate, che costituisce titolo a costruire e a esercire l’impianto (definito per legge di pubblico interesse) e, ove necessario, diventa variante allo strumento urbanistico; quindi con la Procedura Abilitativa Semplificata e la Dichiarazione di Inizio Lavori Asseverata (artt. 6 e 6-bis, D.Lgs. 28/2011), utilizzabili presso i Comuni per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER al di sotto di prefissate soglie di potenza (oltre le quali si ricorre alla AU) e per alcune tipologie di impianti di produzione di caldo e freddo da FER.

Entrambe le normative, di rilievo nazionale, indicano le modalità e le tempistiche di azione.

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Il ruolo delle regioni

Sul punto, le Regioni che ruolo hanno? Hanno la possibilità di intervenire sulle procedure e/o sulle possibilità localizzative degli impianti alimentati a FER?

La risposta è negativa e lo ha detto, in due recenti occasioni, la Corte Costituzionale. Con la sent. 25 marzo 2022 n. 77, la Corte ha detto che “al fine di garantire i principi statali dettati in tema produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, la normativa regionale non può sospendere il procedimento di installazione di impianti eolici e fotovoltaici”.

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In questo caso, la Corte ha annullato una norma regionale che prevedeva la sospensione dei procedimenti autorizzatori per impianto di fotovoltaico a terra già avviati, in attesa della definizione (in via amministrativa) delle zone ritenute non idonee, quali quelle agricole dedicate a produzioni agro-alimentari di qualità. Sebbene tali zone vadano tutelate, esse non sono di base inidonee allo scopo; pertanto, su tali basi non è ammissibile uno stop alle procedure autorizzative, i cui tempi imposti dalla legge statale sono inderogabili.

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Invece, con la sent. 13 maggio 2022 n. 121, la Consulta ha bocciato un’altra disposizione locale che introduceva nuovi limiti e tetti massimi di potenza per impianti fotovoltaici. In questo caso – come pure in quello precedente – la Consulta ha ricordato che la materia rientra nella “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” (art. 117, 3 co., Cost.), che la normativa nazionale impone “obiettivi minimi di produzione” (cfr. sent. Corte Cost., n. 124/2010) incompatibili con ostacoli procedurali o tetti di potenza e che le regole introdotte dalle norme suindicate hanno “natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in tutto il territorio nazionale” , tutti principi ripetutamente ribaditi dalla Corte Costituzionale (cfr. sent. n. 286/19, n. 86/19, n. 69/18; n. 106/20, n. 177/21, n. 11/22 e n. 46/21).

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