Si concretizzano in maniera progressiva importanti cambiamenti in materia di sicurezza sul lavoro: le norme sulla sicurezza negli ambienti di lavoro devono essere applicate sempre, ovverosia non soltanto quando nell’ambiente di lavoro sono presenti dipendenti, ma anche quando ci sono altre persone legate all’azienda da un rapporto giuridico diverso da quello di natura subordinata, o parenti che aiutano il datore di lavoro in modo occasionale.
A confermarlo, oltre alla legislazione (ossia uno dei pilastri della normativa, l’art. 2 del d.lgs. 81/2008) è anche un orientamento consolidato della giurisprudenza.
L’articolo 2 co.1 lett. a del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro definisce lavoratore ai fini della sicurezza sul lavoro qualsiasi persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di rapporto, svolga un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato. Questo anche qualora la persona partecipi all’attività al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione.
Sicurezza sul lavoro: la tutela spetta a tutti
Tale norma è stata sviluppata e “riempita” mediante un deposito alluvionale di sentenze che ne hanno strutturato la forma mediante esemplificazioni concrete. La tutela prevenzionale è stata in questo senso estesa anche ai cosiddetti “equiparati”: ad esempio, il socio lavoratore di cooperativa o di società che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso, l’associato in partecipazione, il soggetto beneficiario di tirocini formativi e iniziative di orientamento previste da leggi, il partecipante a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici, comprese le apparecchiature con videoterminali.
Tra i contributi giurisprudenziali va segnalata la sentenza della Cassazione 18073/2015, la quale ha specificato che è lavoratore ai fini della sicurezza sul lavoro colui il quale sia autorizzato ad accedere nell’ambiente di lavoro (un cantiere, nel caso di specie), chi vi accede per ragioni connesse all’attività lavorativa e chi si reca o sosta anche in momenti di pausa, riposo o sospensione del lavoro.
Le pronunce della Cassazione in materia
La Cassazione (sent. 45056/2015) ha inoltre stabilito che anche gli “irregolari” rientrano nella tutela prevenzionale, giudicando persuasiva la sentenza di merito che ha ritenuto meritevole di protezione per la sicurezza anche il lavoratore irregolare che si sia infortunato, qualora egli, anche se immigrato clandestino, risultasse svolgere attività lavorativa in base a congrui elementi. Un’altra sentenza della Suprema corte (n. 17581/2010) ha da canto suo riconosciuto che la normativa antinfortunistica tutela la sicurezza in tutte le forme di lavoro, compresa quella di chi collabori saltuariamente e al di fuori di un formale rapporto di lavoro.
La sentenza n. 22965 del 2014 ha inoltre stabilito che il cantiere, come ogni luogo di lavoro, non deve presentare pericoli per chiunque vi entri in contatto, per cui deve essere preclusa l’accessibilità alle fonti di rischio con opportune misure escludenti. Se vi accedono degli estranei e si infortunano, il datore per la sicurezza sul lavoro ne risponde.
Leggi anche Ecco il nuovo Regolamento europeo sui DPI: cosa cambia per la sicurezza.
Il principio possiede rilevanti implicazioni giuridiche e pratiche per quel che riguarda il responsabile della sicurezza: quest’ultimo ha l’obbligo di garantire la salute di tutti i soggetti che si trovino, anche occasionalmente, all’interno dell’ambiente di lavoro, senza poter escludere gli esterni alla struttura lavorativa. Di conseguenza, una sua responsabilità per violazioni previste nel Testo Unico in materia di Sicurezza sul Lavoro o nel Codice penale (con riferimento specifici a omicidio colposo o lesioni personali colpose, aggravate da violazioni di norme prevenzionali) affiora anche quando l’infortunato sia estraneo alle attività lavorative.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento