Emissioni a effetto serra: i fattori determinanti, spiegati bene

Le emissioni atmosferiche di gas a effetto serra di un Paese dipendono da molteplici fattori riconducibili alle attività produttive dei vari settori economici.

Nel periodo 2008-2016 le emissioni nazionali di origine energetica (combustione e fuggitive) rappresentano mediamente l’82% delle emissioni totali, mentre le emissioni da processi industriali e da processi dell’agricoltura rappresentano rispettivamente il 7,4% e il 6,5%. Gli assorbimenti dovuti alle attività forestali nel periodo 2008-2016 ammontano mediamente a 28,3 Mt CO2 eq/anno.

In un sistema altamente interconnesso l’individuazione dei nessi causali di un determinato fenomeno, come le emissioni atmosferiche di gas serra, è un tema spinoso, tuttavia è possibile valutare il ruolo dei diversi fattori determinanti secondo un modello concettuale che stabilisce relazioni coerenti tra i diversi fattori e il fenomeno studiato. La molteplicità di fattori coinvolti nella dinamica delle emissioni di gas serra rende quindi necessario un approccio analitico idoneo a discernere il ruolo dei vari fattori determinanti.

Gas serra: conseguenze

La concentrazione atmosferica dei gas a effetto serra (GHG) rappresenta il principale fattore determinante del riscaldamento globale Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Tra i principali gas serra l’anidride carbonica (CO2) copre un ruolo prevalente in termini emissivi e che esprime la variazione dei flussi di energia della Terra dovuta ai gas serra. La riduzione delle emissioni di CO2 è la principale strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici. Oltre all’utilizzo delle fonti rinnovabili la riduzione delle emissioni può essere raggiunta anche attraverso l’incremento dell’efficienza e l’utilizzo di combustibili a basso contenuto di carbonio.

La stima dell’impatto delle diverse misure mitigative è pertanto un elemento essenziale nella valutazione delle politiche ambientali. A tal proposito l’analisi della decomposizione è stata utilizzata per quantificare l’impatto di differenti fattori determinanti la variazione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 sia per quanto riguarda la produzione elettrica sia per quanto riguarda i consumi finali.

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Gli assorbimenti di origine forestale non sono oggetto del presente studio ma saranno inclusi negli obiettivi dei Paesi europei al 2030, anche se tuttora non state stabilite le metodologie di calcolo. Le emissioni atmosferiche di gas climalteranti mostrano un andamento crescente fino al 2005, successivamente si osserva un declino che in seguito agli effetti della crisi economica ha subito una ulteriore accelerazione. Nel 2009 si osserva un declino particolarmente ripido rispetto all’anno precedente (-9,7%).  Nel 2016 le emissioni nazionali di CO2 eq hanno subito una riduzione del 17,5% rispetto a quanto registrato nel 1990 e del 26,3% rispetto al 2005.

La diminuzione delle emissioni dal 2005 ha riguardato tutti i settori, sebbene tassi di differente entità. Parallelamente all’andamento dei consumi energetici è possibile osservare come le emissioni associate alle attività industriali (industrie energetiche, manifatturiere, costruzioni e processi industriali) abbiano subito un declino particolarmente ripido dal 2005. In particolare le emissioni dell’industria manifatturiera e costruzioni mostrano una contrazione del 10% dal 1990 al 2005 e del 42,9% dal 2005 al 2016.

Le emissioni del settore trasporti mostrano una costante crescita con inversione di tendenza solo dopo il 2007. Le emissioni dei trasporti nel 2016 sono il 2,4% in più rispetto a quelle del 1990. Il settore civile (residenziale e servizi) mostra un incremento significativo delle emissioni dal 1990 (+7%), con una differenza notevole tra residenziale e servizi, mentre le emissioni del settore residenziale si riducono del 10,6%, nel settore dei servizi si ha un incremento del 89,1%.

Le industrie energetiche, insieme alle emissioni fuggitive, rappresentano il settore con la quota emissiva di maggiore entità (26,1% nel 2016), seguite dal settore dei trasporti (24,4%) e dal settore civile (17,5%).

I settori menzionati, insieme alle industrie manifatturiere e costruzioni e alle emissioni da combustione dell’agricoltura e pesca, rappresentano le emissioni di origine energetica che nel 2016 costituiscono l’81,1% delle emissioni di gas ad effetto serra nazionali. Dal 1990 tale quota è mediamente del 82,4% e successivamente al 2008 mostra una contrazione da 83,1% a 81,1%.

Settori

1990

1995

2000 2005 2010 2015 2016 Delta %

MtCO2eq 1990-2016

Industrie energetiche

137,2

141,7

149,5

161,3 134,0

105,8

104,4

-23,9%

Emissioni fuggitive

12,9

12,1

10,8

9,4 8,8

7,6

7,2

-43,9%

Industria manifatturiera e costruzioni

93,2

91,3

92,2

83,9 62,6

50,9

47,9

-48,6%

Trasporti

102,1

113,6

123,3

128,0 115,2

106,0

104,5

2,4%

Residenziale

57,5

54,7

55,7

62,4 58,9

51,2

51,5

-10,6%

Servizi

12,3

14,7

17,9

24,5 28,9

22,9

23,3

89,1%

Agricoltura e pesca (energia)

9,1

9,6

8,9

9,3 8,1

7,7

7,8

-14,8%

Altro (combustione)

1,1

1,6

0,9

1,3 0,7

0,5

0,5

-53,4%

Processi industriali

40,5

38,3

39,2

46,7 36,4

32,3

32,1

-20,7%

Agricoltura

35,1

35,0

34,3

32,1 30,1

29,4

30,4

-13,4%

Rifiuti

17,3

20,0

21,9

21,9 20,4

18,6

18,3

5,6%

LULUCF(1)

-3,0

-21,6

-15,7

-27,5 -30,6

-35,3

-29,9

883,5%

Totale senza LULUCF

518,4

532,6

554,5

580,9 504,0

432,9

427,9

-17,5%

(1)  Land use, land-use change, and forestry (LULUCF)

Le emissioni atmosferiche di gas a effetto serra mostrano un andamento crescente fino al 2005, successivamente si osserva un declino che in seguito agli effetti della crisi economica ha subito un’ulteriore accelerazione.

Il confronto dell’andamento delle emissioni di gas serra con il PIL mostra che, nel periodo 1990- 2016, la crescita delle emissioni è stata generalmente più lenta di quella dell’economia, mettendo in evidenza un disaccoppiamento relativo tra le due variabili che negli ultimi anni diventa assoluto. Gli indicatori di intensità energetica e di intensità carbonica mostrano un incremento di efficienza energetica e decarbonizzazione dell’economia nazionale dal 2005.

La diminuzione degli indicatori di intensità è in parte dovuta anche all’incremento dell’efficienza nel settore industria e alla contrazione della quota di valore aggiunto di tale settore con conseguente incremento della quota dei servizi, caratterizzati da intensità energetica notevolmente inferiore. Le emissioni per unità di energia finale consumata diminuiscono dal 1990, sebbene per il settore dei servizi si osservi una oscillazione intorno a un valore medio senza una particolare tendenza.

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Fattori determinanti delle emissioni di gas serra

Da quanto esposto emerge che l’Italia ha un sistema energetico ed economico tra i più efficienti in Europa. I dati mostrano infatti elevata efficienza di trasformazione dell’energia e bassa intensità energetica rispetto ai principali Paesi europei. Una bassa intensità energetica corrisponde spesso a un assetto delle attività economiche originate prevalentemente dal settore dei servizi e una contrazione delle attività industriali.

L’intensità di carbonio europea è mediamente inferiore a quella nazionale poiché in diversi Paesi è presente una quota non irrilevante di energia di origine nucleare. Tuttavia l’intensità di carbonio del mix fossile nazionale è tra le più basse in Europa per una quota di carbone nettamente inferiore e una quota di gas naturale superiore rispetto a quanto osservato per la media dei Paesi europei.

L’andamento delle emissioni di gas serra dipende da molteplici fattori. La crisi economica intervenuta dal 2008 ha comportato una drastica contrazione del prodotto interno lordo con una conseguente riduzione delle emissioni di gas serra. Sebbene la riduzione delle emissioni dopo il 2007 sia riconducibile prevalentemente alla diminuzione dell’intensità energetica e all’incremento di consumi energetici da fonti rinnovabili, la contrazione delle attività produttive ha avuto un ruolo non trascurabile.

Negli altri Paesi esaminati si osserva un netto disaccoppiamento tra ricchezza prodotta ed emissioni di gas serra, sebbene al disaccoppiamento non corrisponda necessariamente una riduzione delle emissioni in linea con gli obiettivi, come per la Germania. Dalle analisi condotte emerge chiaramente che la potenzialità di riduzione delle emissioni deve essere valutata parallelamente ai valori di partenza dei fattori che determinano le emissioni atmosferiche e ai relativi margini di variabilità del sistema energetico, così come da valutazioni relative alla struttura del sistema produttivo, soprattutto in merito al rapporto tra attività del settore terziario e dell’industria.

Gli indicatori settoriali di decarbonizzazione mostrano che il settore civile (residenziale e terziario) occupa una delle ultime posizioni tra i Paesi europei con margini di riduzione delle emissioni molto ampi, soprattutto considerando il livello di elettrificazione dei consumi finali che nel settore residenziale è tra gli ultimi in Europa.

L’Unione europea ha fatto della lotta al cambiamento climatico una delle priorità del suo programma di interventi di cui è espressione la politica climatica. Dopo gli obiettivi previsti per il 2020 dal “Pacchetto Clima e Energia”, la Commissione Europea ha proposto nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni atmosferiche da raggiungere entro il 2030 (Clean Energy Package) che fanno seguito all’accordo raggiunto a Parigi in occasione della COP21. Tali obiettivi prevedono la riduzione delle emissioni di gas serra nazionali del 40% rispetto al 1990, l’aumento dell’energia da fonti rinnovabili al 27% del consumo finale e il risparmio del 30% di energia attraverso l’aumento dell’efficienza energetica.

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Patrizia Cinquina

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