Se il Governo vuole lavorare sull’edilizia scolastica, servono i fondi e serve coordinare le Regioni, attribuire le competenze. I fondi sono già nelle casse dei Comuni ma vincolati dal Patto di stabilità, dal quale bisognerebbe far uscire i Comuni stessi per evitare intoppi. Domani il Consiglio dei ministri prenderà in esame le misure per la scuola con un piano di edilizia scolastica.
Si riempie la casella mail di Matteo Renzi dopo che il Premier ha inviato una lettera ai sindaci italiani chiedendo loro di fornire un primo elenco di interventi per la messa in sicurezza delle scuole. E il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha annunciato l’apertura dei primi cantieri già durante l’estate, tra giugno e settembre. Ma è possibile? Cosa abbiamo fatto fino a oggi in Italia? O abbiamo dormito oppure quelli di Renzi sono solo proclami.
“Il progetto ribadito da Renzi a Siracusa è quello che prevede la possibilità di investire fondi che sono già nella disponibilità di Comuni ed Enti locali ma vincolati dal Patto di stabilità. Poi noi, come Miur – ha spiegato il ministro – abbiamo comunque fondi che confluiranno nel Fondo unico per l’edilizia e che arriveranno a superare gli 800/900 milioni. L’obiettivo resta quello di 4 miliardi, ma la cifra data da Renzi (2,5 mld, ndr) è quella attendibile oggi”. La percentuale di edifici scolastici non a norma – ha ricordato l’ex rettore – non è trascurabile, si aggira attorno al 40%.
Anche per questo non si può più perdere tempo. “L’unità di governance di questo processo – ha spiegato Stefania Giannini – si costituirà nei prossimi giorni. Il tutto dovrebbe comunque avvenire durante l’estate con cantierabilità da giugno a settembre”.
Ha osservato il presidente dell’Anci, Piero Fassino: “La manutenzione delle scuole è una priorità; da troppo tempo se ne parla senza che poi si riescano a produrre effetti efficaci. L’iniziativa di Renzi ha il valore di smuovere le acque e obbligare le amministrazioni a mettere in campo gli interventi necessari. È evidente che all’idea del presidente del Consiglio di individuare subito una scuola su cui realizzare gli interventi deve sempre seguire la predisposizione delle risorse per rendere efficace e visibile l’iniziativa”.
Quella avviata “missione complicata”. Tanti sono i soggetti coinvolti e la babele di voci intralcia nel tradurre in pratica quel “presto e bene” che è, per dirla con le parole del ministro Giannini, il motto del nuovo Esecutivo.
“Se il Governo intende ripartire dalla scuola, bisogna mettere ordine nel settore e attribuire competenze legislative chiare alle Regioni altrimenti – chiarisce in una nota inviata al ministro dell’Istruzione, il vice presidente della Regione Molise, Michele Petraroia – sarà impossibile pianificare interventi sistemici di innovazione, modernizzazione e messa in sicurezza”.
Di cosa stiamo parlando
Il 39% delle scuole in Italia ha uno stato di manutenzione del tutto inadeguato. Occorre aprire più di cinquemila cantieri tra 2014 e 2016. Due miliardi e mezzo già trovati, quattro ragionevolmente raggiungibili, dieci in tre anni.
Mercoledì sul tavolo del consiglio dei ministri arriveranno, assieme a Jobs Act e Piano casa, misure per la scuola con un piano di edilizia scolastica che creerà posti di lavoro. C’é attesa per i dettagli del piano, il cruciale è il Patto di stabilità. Ci sono fondi già distribuiti agli enti locali per l’edilizia scolastica, ma ora sono incagliati nei bilanci. C’è troppo controllo dal centro alla periferia, bisogna evitare i trasferimenti farraginosi e i troppi enti intermediari, responsabilizzare i Sindaci. “Nessuno sa quanti soldi ci sono per l’edilizia scolastica nei territori, solo i sindaci lo sanno, l’allentamento del patto di stabilità consentirà” di usarli, ha dichiarato il sottosegretario all’istruzione Reggi. Il Premier ha chiesto anche a Renzo Piano un contributo.
Da giovedì i sindaci devono potere comunicare alla loro comunità una soluzione per la messa in sicurezza delle scuole e per garantire una didattica all’avanguardia (il pacchetto scuola comprende anche provvedimenti per incentivare l’utilizzo degli strumenti digitali, garantendo anche l’addestramento degli insegnanti, fino ad arrivare a un riconoscimento diverso per i docenti, a livello di stipendio e dignità, efficientamento energetico per spendere meno in bollette e altre modalità per reperire risorse in aggiunta ai fondi diretti).
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