Dopo molta attesa il 13 dicembre scorso è stato finalmente pubblicato il decreto ministeriale del 22 novembre 2012 (vedi anche Certificazione energetica edifici, in Gazzetta il decreto di modifica) che prevede alcune modifiche alle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, tra le quali l’abolizione della controversa autodichiarazione del proprietario.
L’effetto immediato di questa abrogazione ricadrà sin da subito sugli atti di compravendita di edifici esistenti con superficie inferiore ai 1.000 metri quadri (per intenderci quasi tutti gli appartamenti oggetto di trasferimento oneroso), per i quali era stato fin qui possibile una semplice dichiarazione resa dal proprietario in cui si affermava, a fronte della scadente qualità energetica dell’immobile, che l’edificio fosse di classe energetica G e che i costi per la gestione energetica fossero molto alti.
Dal 28 dicembre 2012, ovvero a decorrere dal giorno decimo quinto dalla data di pubblicazione del decreto in gazzetta, è dunque necessaria la consulenza di un tecnico abilitato per la redazione di un attestato di certificazione energetica di qualsiasi tipologia di edificio (con alcune esclusioni), e quasi si chiude un cerchio che si era iniziato a tracciare con il d.lgs. 28 del 3 marzo 2011, il quale ha introdotto l’obbligo di indicazione dell’indice di prestazione energetica negli annunci commerciali di vendita degli edifici, senza tuttavia indicarne le sanzioni, la cui definizione è stata emanata solo da poche regioni mentre, nelle regioni che non lo hanno fatto, non si sono sortiti gli effetti desiderati. Chiudere quel cerchio ovviamente significherebbe introdurre omogeneamente in Italia le succitate sanzioni ed estendere gli obblighi anche ai contratti di locazione, come previsto, del resto, dalle direttive europee.
Per il momento, tuttavia, questo ulteriore passo mette fine ad una discutibile deroga tutta italiana contro cui la Commissione europea aveva puntato il dito sin dalla sua pubblicazione, avviando prima una procedura d’infrazione a carico del nostro Paese e poi deferendo questi alla Corte di Giustizia (lo scorso aprile) per non essersi pienamente conformato alla direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia.
Nel comunicato la Comunità europea ammoniva l’Italia affermando che la direttiva “prevede che gli attestati devono essere compilati ed eseguiti da esperti qualificati e/o accreditati”, mentre la legislazione italiana non prevedeva questo requisito per tutti gli edifici e comprendeva deroghe all’obbligo di certificazione da parte di un esperto non previste nella direttiva, in particolare al paragrafo 9 dell’allegato A del d.m. 26 giugno 2009, Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, appunto abrogato dal d.m. 22 novembre 2012.
Il decreto ministeriale, inoltre, interviene sulle linee guida nazionali modificando anche altri punti chiave.
Innanzi tutto è stata finalmente maggiormente dettagliata la casistica degli edifici esentati dalla certificazione energetica, escludendo dagli obblighi solo quegli edifici per cui risulta tecnicamente non possibile o non significativo procedere alla certificazione energetica. In particolare vengono esclusi, a meno delle porzioni eventualmente adibite a uffici e assimilabili (purché scorporabili agli effetti dell’isolamento termico) box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi e altri edifici a questi equiparabili in cui non è necessario garantire un confort abitativo.
E ancora: i “ruderi”, previa esplicita dichiarazione di tale stato dell’edificio nell’atto notarile di trasferimento di proprietà, gli immobili venduti nello stato di “scheletro strutturale”, cioè privi di tutte le pareti verticali esterne o di elementi dell’involucro edilizio, o “al rustico”, cioé privi delle rifiniture e degli impianti tecnologici (ma deve essere resa una esplicita dichiarazione di tale stato dell’edificio nell’atto notarile di trasferimento di proprietà).
Per quest’ultimo caso (ruderi, scheletro strutturale o al rustico) si sottolinea l’obbligo di deposito di una nuova relazione tecnica sul contenimento dei consumi energetici (art. 28, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n. 10) da rendere alla denuncia di inizio lavori e quindi si sottointende il rispetto di tutto l’iter documentale “energetico” che prevede il deposito dell’attestato di qualificazione energetica a fine lavori e quello di certificazione energetica per il rilascio del certificato di agibilità.
Altro punto affrontato sono i compiti degli enti tecnici (CTI, CNR ed ENEA), meglio specificati. Infatti, il decreto ministeriale chiarisce che questi rendano disponibili raccolte di casi studio, fogli di calcolo o altri strumenti che i predetti istituti ritengono idonei, su cui sono svolte le verifiche per dare garanzia che i software commerciali determinino dei valori degli indici di prestazione energetica con uno scostamento massimo di più o meno il 5% rispetto ai corrispondenti parametri determinati con l’applicazione dei pertinenti sistemi di riferimento nazionali.
Inoltre, probabilmente rispondendo ad una specifica necessità dei certificaticatori energetici nata dal riscontro sul campo delle mille difficoltà incontrate nel reperimento dei dati presso i committenti, si dispone che gli amministratori degli stabili e i responsabili degli impianti forniscano ai condomini o ai certificatori, da questi incaricati, tutte le informazioni e i dati edilizi e impiantistici, compreso il libretto di impianto (o di centrale) per la climatizzazione, necessari alla realizzazione della certificazione energetica degli edifici.
E non è un caso che il legislatore, in questa nuova versione delle linee guida nazionali, abbia voluto citare tra le informazioni e i dati impiantistici obbligatori da rendere ai certificatori il libretto di impianto (o di centrale), cruccio di molti, spesso irreperibile perchè perso, o in custodia presso gli installatori o i responsabili degli impianti, o non perfettamente compilato nelle sue prescrizioni minime in merito ai controlli di sicurezza e alla manutenzione. E in questo contesto si rafforza per i certificatori non solo l’obbligo, già cogente, di allegazione dei libretti, senza la quale gli attestati non possono avere una validità decennale, ma anche il ruolo deontologicamente corretto di informare i conduttori degli impianti circa le responsabilità sulla gestione degli stessi e l’importanza dei controlli sulle caldaie.
Bene quindi i Ministeri che con questo nuovo decreto vanno a colmare alcune lacune, non tutte, su una legislazione che ora va completata (come detto ad esempio con le locazioni), in cui sono da introdurre nuovi parametri limite sulle prestazioni energetiche dell’edificio e dei suoi elementi costituenti (revisione del d.P.R. 59 del 2 aprile 2009), sono ancora da definire in modo più strutturato i requisiti dei tecnici abilitati, e per la quale si è già all’opera per modificare la procedura di certificazione energetica in modo, in ultimo, da renderla più trasparente e più controllabile possibile e dare maggiore credibilità ad uno strumento che è certamente il più importante per promuovere l’efficienza energetica in edilizia e offrire un contributo al settore edile, tra i più in crisi, che non può più (o non più come in passato) dedicarsi alle nuove costruzioni, ma deve intraprendere una nuova sfida che è quella della riqualificazione, anche energetica, di un parco edilizio nazionale tra i più energivori e insicuri d’Europa.
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