Collegio consultivo tecnico, un bilancio e una riflessione sulla sua efficacia

Il Collegio consultivo tecnico ha terminato la sua vigenza al 31 dicembre 2021. Un bilancio dell’utilizzo di questo istituto e una riflessione sulla sua efficacia

Marco Agliata 04/02/22

Nel disordine che caratterizza il montaggio/smontaggio della normativa dei contratti pubblici anche le vicende che hanno caratterizzato la nascita, poi l’abrogazione e poi la rinascita del Collegio consultivo tecnico si distinguono per il loro emblematico svolgimento.

La natura del Collegio consultivo tecnico

Le ragioni normative del Collegio sono state già oggetto di una nota pubblicata al momento della sua comparsa nel d.l. 76/2020. Si ritiene, pertanto, utile completare quanto scritto allora con alcune informazioni che sono emerse dal percorso normativo e dall’utilizzo di questo istituto, che ha terminato la sua vigenza al 31 dicembre 2021 e che possono rappresentare una riflessione sulla sua efficacia.

Collegio consultivo tecnico, un bilancio e una riflessione sulla sua efficacia collegio consultivo

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Il presupposto dell’articolo 6 del d.l. 76/2020 convertito dalla legge 120/2020 era quello di assegnare ad un soggetto terzo le funzioni di assistenza alla stazione appaltante e all’esecutore dei lavori per la rapida soluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura che dovessero insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto.

In questo senso, di fatto, il richiamato articolo 6 ha riproposto la figura del “collegio consultivo tecnico” già introdotta con l’articolo 207 del d.lgs. 50/2016 e successivamente cancellata dal d.lgs. 56/2017 (correttivo del codice dei contratti) a seguito dei rilievi posti dal Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere n. 855 del 1° aprile 2016.

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A riguardo il massimo Organo di giustizia amministrativa affermava: “…al fine di razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, (l’articolo 207, nda) introduce l’istituto del collegio consultivo tecnico, con lo scopo di prevenire le controversie che potrebbero sorgere in sede di esecuzione del contratto ed in particolare con “funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle dispute di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto” (comma 1). Così definito, il presupposto non risulta espresso in modo chiaro, non essendo agevolmente definibili i casi di dispute (espressione atecnica) che si prevede possano nascere. La norma, in particolare, non chiarisce se ricorso al collegio consultivo costituisca un sistema alternativo all’accordo bonario e come i due istituti si rapportino tra loro. Infine tale previsione potrebbe influire sui compiti della Camera arbitrale e pone problemi di compatibilità con il criterio di delega di cui alla lett. aaa), art. 1 n. l. 11/2016. Alla luce di tali profili di criticità si propone la soppressione della norma.”

Il nuovo inquadramento normativo del Collegio

In sostanza la riproposizione del Collegio consultivo con l’articolo 6 del d.l. 76/2020 convertito dalla legge 120/2020 è avvenuta introducendo una funzione “ponte” rispetto alle questioni poste dal Consiglio di Stato soprattutto in merito alla funzione del Collegio in rapporto con l’accordo bonario, infatti il comma 3 dell’articolo 6 del d.l. 76/2020 convertito dalla legge 120/2020 stabilisce (come ribadito anche dalle Linee guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in data 2 dicembre 2020) che le determinazioni del Collegio consultivo non hanno funzione meramente consultiva di supporto ma assumono carattere vincolante per la loro natura di lodo contrattuale previsto dall’articolo 808-ter del codice di procedura civile.

Quest’ultimo articolo specifica che:

“Le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall’articolo 824-bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo.

Il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente secondo le disposizioni del libro I:

  1. se la convenzione dell’arbitrato è invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale;
  2. se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale;
  3. se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812;
  4. se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo;
  5. se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. Al lodo contrattuale non si applica l’articolo 825.”

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Nella pratica…

Nella pratica operativa e dopo due anni di applicazione dell’istituto, è possibile affermare che il Collegio consultivo, in diversi casi, ha evitato l’insorgere del contenzioso, che avrebbe certamente posto a rischio i tempi di esecuzione delle opere, intervenendo tempestivamente durante l’esecuzione.

Ferma restando la richiamata annullabilità, da parte del giudice, delle determinazioni del Collegio consultivo è evidente che tali atti hanno valore negoziale e integrano le pattuizioni contrattuali per cui l’inosservanza delle determinazioni è valutata ai fini della responsabilità per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi sottoscritti con il contratto di appalto.

A tale proposito si è espressa anche la Corte dei conti che ha confermato che la funzione del Collegio consultivo rientra nell’alveo della funzione arbitrale (in quanto lo stesso comma 3 dell’articolo 6 della legge 120/2020 conferisce natura di lodo contrattuale alle determinazioni del Collegio) ed è quindi possibile per le parti prevedere, come chiarito dall’articolo 808-ter del codice di procedura civile, in deroga a quanto disposto dall’articolo 824 bis c.p.c. in tema di efficacia del lodo, che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale.

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