In linea generale, il Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42 recante “Codice dei beni culturali” prevede, all’art. 146 l’obbligo di autorizzazione paesaggistica, per gli interventi da eseguirsi su aree tutelate per legge. Tra queste, ai sensi e per gli effetti dell’art. 142, comma 1, lett. a) “i territori compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per terreni elevati sul mare”.
Sulla tipologia degli interventi soggetti ad autorizzazione gli uffici pubblici, in via di prassi, e la giustizia amministrativa, in via giurisprudenziale, hanno prodotto innumerevoli precedenti con casistiche di difficile lettura. Vediamo dunque di fare ordine e chiarire la disciplina in esame.
Autorizzazione paesaggistica per locali interamente interrati
L’analisi della casistica e la sussunzione del caso concreto nella fattispecie astratta scontano l’enorme difficoltà di analizzare la materialità degli interventi alla luce immateriale di norme di legge fatte di concetti e descrizioni verbali.
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Tra le fattispecie escluse da autorizzazione paesaggistica, per esempio, lo stesso Codice dei beni culturali all’art. 149, rubricato “Interventi non soggetti ad autorizzazione” annovera al comma 1, lett. a) gli “interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’assetto esteriore degli edifici”.
In questa, come in altre definizioni del Codice, si rinviene l’oggetto delle tutele approntate dalla legge. Quello che rileva al fine del coinvolgimento delle autorità preposte alla cura del vincolo è l’alterazione dello stato dei luoghi e l’assetto esteriore degli edifici.
Se il concetto di “stato dei luoghi” potrebbe lasciare spazio a dubbi in merito alla rilevanza intrinseca o estrinseca dell’alterazione suscettibile di attivare la tutela codicistica, la locuzione “assetto esteriore degli edifici” appare del tutto chiarificatore.
Ciò che implica l’esercizio della funzione tutelare è l’alterazione estrinseca, percepibile dall’interno.
Nonostante sia possibile, nei termini appena descritti, un’inequivoca ermeneutica del precetto normativo, l’atteggiamento ondivago della prassi e le incertezze applicative, hanno condotto all’adozione del Il D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, rubricato “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”.
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Il D.R.R. n. 31/2017, all’art. 2, rubricato “Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica”, prevede che “Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato A nonché quelli di cui all’art. 4”.
L’allegato A, al punto A. 1 contempla le “Opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici, comunque denominate ai fini urbanistico-edilizi, anche ove comportanti mutamento della destinazione d’uso”. Il punto A. 15 esenta espressamente, tra l’altro, “… la realizzazione e manutenzione di interventi nel sottosuolo che non comportino la modifica permanente della morfologia del terreno e che non incidano sugli assetti vegetazionali, quali: volumi completamente interrati senza opere in soprasuolo …”.
Il punto, ancora una volta, è prettamente normativo e, quindi, ermeneutico e semantico.
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Cosa c’entra la morfologia del terreno?
In base al D.P.R. n. 31/2017, come già in base al Codice dei beni Culturali, quello che fa la differenza è la “modifica permanente della morfologia del terreno”.
La morfologia del territorio è un preciso ambito della geografia che indaga le caratteristiche esteriori del territorio.
La rilevanza superficiale dell’indagine morfologica ne consente la distinzione dalla geodesia, che studia la forma complessiva della terra e dalla geologia che studia la terra dal punto di vista strutturale.
Prima ancora di un simile approfondimento semantico e scientifico, tuttavia, lo stesso dato testuale della Regolamento n. 31/2017 non può lasciare spazi a dubbi di sorta laddove chiarisce che gli interventi che non modificano la morfologia del terreno e che non incidono sugli assetti vegetazionali sono, tra gli altri, quelli che realizzano “volumi completamente interrati senza opere in soprasuolo”.
Articolo a cura dell’avv. Francesco Mingiardi, Studio legale Patricelli Mingiardi
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