Distanze in edilizia. Il computo delle distanze dai confini e dai fabbricati limitrofi suscita sempre notevole interesse per la complessità della materia e per le molteplici interpretazioni che, nel tempo, si sono avvicendate.
Le parti aggettanti, come balconi e scale, in generale rientrano tra gli elementi che compongono gli edifici da assoggettare al regime delle distanze in edilizia di cui all’articolo 9 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 “Limiti inderogabili di distanza tra i fabbricati”, per assicurare le necessarie condizioni di salubrità sotto il profilo igienico- sanitarie, mediante l’eliminazione di perniciose intercapedini (consulta anche il nostro Speciale tecnico dedicato alle Distanze in edilizia).
Nel merito, di recente si è espressa la IV Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza del 4 marzo 2014, n. 1000, relativamente al distacco di una scala, sia pure solo per una parte, ritenendo che il vano scale e in particolare, a maggior ragione una rampa di scala scoperta non incide sulla volumetria, trattandosi, di un volume tecnico (Consiglio di Stato, Sezione IV, 7 luglio 2008, n. 3381), ma anche che la stessa struttura può avere altre conseguenze sul diverso versante della normativa dettata per le distanze dai confini.
A fronte del contenuto della disciplina all’uopo dettata e del carattere inderogabile della stessa, deve ritenersi non tollerabile la presenza di una parte sia pure di modesta entità di un opus edilizio che va ad insistere in maniera permanente su uno spazio territoriale che deve rimanere libero da qualsiasi ingombro.
A diversa conclusione invece sono pervenuti i Giudici di Palazzo Spada in ordine alla questione dei balconi, senza che per il vero si possa accedere alla tesi dell’assimilabilità e/o equiparabilità tra la scala scoperta e i balconi in questione in quanto tra le due strutture vi è diversità di tipologia e di consistenza e, conseguentemente, diversi sono gli effetti derivanti dalla loro presenza in ordine al rispetto del parametro edilizio della distanza.
In realtà l’esclusione dei balconi dal computo delle distanze in edilizia, nella specie deve avvenire in ragione di un criterio interpretativo sottolineato da un preciso orientamento giurisprudenziale secondo cui il balcone aggettante può essere ricompreso nel computo della distanza dal confine solo nel caso in cui una norma di piano lo preveda espressamente.
Inoltre hanno dato atto che nella vicenda non si rinvengono elementi tali da far ritenere che la maggiore profondità dei balconi sia idonea ad evidenziare una sorta di ampliamento della consistenza del fabbricato, giacché se si versasse in tale ultima ipotesi, sicuramente le sporgenze andrebbero computate ai fini del rispetto delle distanze (Consiglio di Stato, Sezione IV, 17 maggio 2012, n. 2847).
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