Infrastrutture, le strategie dell’Inu: cosa serve per la crescita

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Presentiamo di seguito un documento dell’Inu che illustra e spiega in modo dettagliato quali sono le esigenze del Paese Italia dal punto di vista delle infrastrutture. In vista di una crescita, tanto agognata e auspicata dal Governo attraverso tante misure e riforme (primo tra tutti il Decreto Crescita e Sviluppo), come punto di referimento per l’urbanistica, l’Inu non sta a guardare e stila un documento che rappresenta un importante e concreto contributo alla crescita. Il fulcro delle argomentazioni svolte dall’Inu è la visione degli interventi nello stretto legame che essi devono avere con il territorio, senza mai perdere di vista il collegamento tra politica e infrastrutture, e dunque la collaborazione tra il Ministero delle Infrastrutture, le realtà territoriali e geografiche locali, le città e l’economia. Pubblichiamo “a episodi” il documento, a partire dagli scenari cui ci troviamo di fronte per città e territorio in rapporto alla crisi e alle politiche nazionali e internazionali, fino alla cosiddetta “visione guida”: lavorare per la crescita del Paese.

a cura dell’Inu, Istituto Nazionale di Urbanistica, Commissione nazionale Politiche Infrastrutturali

Se oggi il tema al centro del dibattito politico nazionale è quello della crescita del sistema paese all’interno di una competizione internazionale – europea e mondiale – resa, peraltro, più esasperata dai noti fattori di debolezza dell’eurozona sui mercati finanziari, come urbanisti dell’Inu non possiamo stare alla finestra aspettando tempi migliori per i nostri temi classici (che la crisi ha messo un po’ in ombra). Ci spetta invece il compito di dare il nostro specifico contributo al dibattito ed alle politiche per la crescita senza ideologismi ma con lo spirito laico e riformista che ci caratterizza da sempre. Dobbiamo, quindi, analizzare problemi, ricadute e priorità di intervento in chiave territoriale cogliendo, in una prospettiva ampia che guardi agli interessi di competitività dell’intero paese, il nesso tra politica delle infrastrutture, territorio e sostegno allo sviluppo locale attraverso quelli che, con termine più evocativo che operativo, per ora abbiamo voluto chiamare “progetti paese”.
Partiamo dal fatto che stagnazione e declino sono fenomeni che riguardano molte realtà italiane e molte città italiane e che le poche risorse pubbliche disponibili devono essere associate a programmi coerenti, innovativi, condivisi e capaci di attrarre nuovi e qualificati investimenti privati.Va detto quindi con chiarezza che la riflessione sul sistema paese comporta di andare oltre il tradizionale tema dell’“assetto del territorio” quale risultante delle trasformazioni su base locale e regionale per muovere da quella che, a tutti gli effetti, oggi appare la questione centrale: il rapporto Italia-Europa.
La dimensione territoriale non è dotata di propria autonomia, ma va strettamente intrecciata con considerazioni di natura geografica ed economica affinché i fattori geografici si traducano in sviluppo economico attraverso il sistema delle città, delle infrastrutture e dei servizi urbani.

1. Quali scenari per città e territori?
Due sembrano, al momento, gli scenari evolutivi possibili ed anche più probabili a livello nazionale ed europeo all’interno dei quali l’Italia dovrà scegliere come “farsi strada” per competere  e riemergere come Paese trainante dell’economia:

– Da una parte lo scenario che punta su una risposta forte alla crisi ed alla recessione valorizzando i punti di forza in essere, rilanciando i distretti produttivi in più stretta connessione con i sistemi metropolitani, moltiplicando le relazioni logistiche e commerciali tra i porti italiani e le aree del Centro-Nord Europa e favorendo le relazioni intercontinentali coi mercati dei paesi BRICS. Nel breve medio-termine questo scenario implica di puntare sulle infrastrutture che ci sono e sul loro efficientamento. Ma questo scenario può avere anche implicazioni a più lungo termine basate su collegamenti e relazioni  economiche di  nuovo crescenti non solo verso il nord tedesco ma, in prospettiva , anche verso l’area dell’est europeo e del Baltico, verso il nord Africa e l’area balcanico-turca. In ogni caso questo scenario si colloca dentro il quadro delle reti TEN-T, è modulabile su prospettive a breve, medio ed anche a lungo termine, si caratterizza per puntare su una logistica territoriale efficiente, a livello di intero sistema paese, che però accompagni e rilanci anche la politica industriale. Questo scenario, tuttavia, per essere credibile, implica una decisione europea sugli Eurobond e, contestuale a questa, una maggiore integrazione fiscale e politica. Altrimenti, anche il disegno delle reti TEN-T, anche, nella nuova formulazione rivista e ridimensionata,  è destinato a sgretolarsi progressivamente.

– Dall’altra parte c‘è lo scenario dove prevale l’enfasi sui punti di debolezza del sistema e sulla loro cronicizzazione (debito pubblico, scarsissime risorse per investimenti, diminuzione assoluta dei traffici, scoordinamento e  inefficienza delle politiche pubbliche; vulnerabilità di ogni tipo rispetto alla crisi globale; vulnerabilità dei sistemi territoriali ed ambientali ecc.) e che si caratterizza per i lunghi tempi dell’indecisione e la frammentazione politico-amministrativa; questo scenario purtroppo ha in sé anche aspetti realistici e potrebbe presentarsi anche sotto le sembianze accattivanti di una risposta “nazionale” all’aggravamento di una crisi dell’eurozona che può espandersi fino a mettere sotto accusa l’intero modello di costruzione europea.

Oggi la programmazione null’altro è se non la preparazione di questo cambiamento nella direzione desiderata completando, prima di tutto, le trasformazioni avviate da molti anni: nulla impediva, infatti, di aprire alla concorrenza il trasporto ferroviario da molti anni. Completare la trasformazione del trasporto merci e dei suoi segmenti verso la logistica integrata richiede azioni preliminari che ancora non sono avviate. Con la logistica siamo in ritardo, lontani dal livello di automazione dei porti nord europei, lontani dai loro prezzi di efficienza. Si tratta, dunque, di andare avanti con un programma da rispettare rigorosamente dove ci siano segnati i passi e i tempi della trasformazione: fare quel che è già avviato nei porti e nei nodi urbano-ferroviari; avviare le relazioni diplomatiche e  commerciali necessarie con i paesi partner; introdurre, per le infrastrutture ad alto impatto, modalità decisionali partecipate ma “one stop”, all’avvio del processo ed una volta per tutte e dove il confronto pubblico riguardi gli scenari infrastrutturali nel territorio e non il singolo progetto tecnico dell’opera, fare davvero quel che serve al Paese per crescere e prima ancora per dare risposte al declino di parti consistenti della nostra economia.

2. Contesto delle politiche europee e nazionali
Osserviamo con attenzione, prima di tutto, il quadro delle politiche europee.

Il primo elemento a cui guardare, come evidenziato peraltro anche nell’Allegato Infrastrutture 2013-2015, è la riconosciuta opportunità e la conseguente decisione, di far coincidere le priorità nazionali con quelle degli investimenti di valenza europea (TEN-T core network) con l’obiettivo di dar corpo ad un quadro organico di priorità infrastrutturali e logistiche. Le reti TEN–T varate dal Consiglio e dal Parlamento europei nel 2004, avevano già disegnato un quadro di essenzialità infrastrutturali della Unione Europea, ma la rivisitazione voluta nel 2008 dal nostro Paese, tradottasi nella proposta della Commissione europea dell’ottobre 2011 e assunta nell’accordo politico del Consiglio Trasporti del 22 marzo di questo anno, offre all’Europa ed al nostro Paese una nuova griglia per guidare la politica infrastrutturale degli Stati Membri fino al 2030. Una griglia che, in nessun modo, può essere disattesa in quanto verrebbe meno la organicità funzionale dell’intero impianto infrastrutturale ma anche la credibilità Ue nel suo complesso. Nel Piano delle Reti TEN – T approvato dal Parlamento europeo nell’aprile del 2004, l’Italia era attraversata da 3 Progetti Prioritari su 31, oggi l’Italia è attraversata da 4 Corridoi essenziali su 10 prioritari.

Dal punto di vista finanziario, la proposta della Commissione per il Fondo delle Reti TEN – T, che il Governo italiano si impegna a sostenere e difendere in sede di politica di bilancio europeo, è di 31,7 miliardi, quella approvata dal Parlamento Europeo nel 2004 era, per le infrastrutture, di appena 4,8 miliardi. L’utilizzo del Fondo per opere ubicate sulle Reti TEN – T non poteva, allora, superare il 20 per cento, mentre la proposta della Commissione prevede oggi una partecipazione fino al 40 per cento. Infine c’è da rimarcare che il vecchio Piano prevedeva solo corridoi ferroviari o idroviari o marittimi mentre il nuovo Piano prevede anche le reti stradali ed attribuisce grande importanza ai nodi portuali, aeroportuali, interportuali ed urbani. Infine, il nuovo Piano, attraverso la identificazione di progetti ‘core network’ e ‘comprehensive network’, definisce un chiaro quadro di priorità.

Un altro elemento da considerare, anche se su un livello più interno,  è quello relativo al processo di sblocco e di rilancio degli investimenti grazie alla L. n. 183/2011 che, all’articolo 18, consente la defiscalizzazione delle opere proposte da società di progetto, agevolando il coinvolgimento di capitali privati nella realizzazione di determinati interventi obiettivo e resi coerenti con le priorità europee sopra indicate. Il nuovo strumento del Contratto istituzionale di sviluppo sarà varato a breve per il comparto ferrovie con vincoli stretti e reciproci, pena la perdita delle risorse.

Un altro punto di riflessione, tornando al livello europeo, è quello del rapporto tra infrastrutture e città. Le politiche per le città, nella scia delle iniziative URBAN e URBACT e dopo la firma della Carta di Lipsia, ha di recente trovato significative convergenze con altre dimensioni delle politiche comunitarie, in uno spettro che va da ESPON agli sviluppi del Framewok Programme 7, Horizon 2020, dalla Digital Agenda alla Innovation Union Flagship, fino ai pervasivi temi di Energy 2020. L’iniziativa “Smart Cities and Communities”, sotto l’egida della DG Energy, ha come obiettivo centrale la riduzione di almeno il 40%, rispetto al 2006, delle emissioni di CO2 tramite interventi sugli edifici, sulle reti energetiche e sui sistemi di trasporto, a partire da iniziative già avviate quali CIVITAS, CONCERTO, Intelligent Energy Europe e il Patto dei Sindaci e con elevati livelli di partenariato pubblico-privato e di partecipazione collettiva alla formazione delle scelte. L’intrinseca multidimensionalità dell’approccio tende a configurare un vero e proprio nuovo paradigma di sviluppo, centrato, a livello urbano, su efficienza e sostenibilità e rende l’iniziativa pertinente, in misura rilevante, alle politiche infrastrutturali, dato che in città si concentra il grosso delle emissioni climalteranti, si produce la maggior parte del PIL europeo,  ed esse sono i principali nodi di scambio e destinazione delle reti infrastrutturali per energia e trasporti. Il coordinamento fra Smart Cities e Reti Ten-T, fra politiche di nodo e politiche di corridoio, costituisce il principale  terreno di verifica per la realizzazione di progetti integrati di territorio da sempre auspicati dall’Inu.
Inoltre, la gestione delle impressionanti trasformazioni tecnologiche ed organizzative che si annuncia, chiederà un sostanziale coinvolgimento delle popolazioni, non solo come consumatori ma come cittadinanze, chiamate a contribuire sostanzialmente al governo ed al consenso al cambiamento. Infine, le dimensioni del risparmio energetico, dello shift modale, dell’intelligenza organizzativa e le connesse innovazioni nella costruzione dei partenariati pubblico-privati rappresentano determinanti occasioni per incrementare la fattibilità economica delle politiche per le infrastrutture, fattore particolarmente importante nell’attuale fase di crisi finanziaria.

Last but not least, la politica di coesione, in un quadro di governance che coinvolge il livello europeo, nazionale e regionale, ha definito strumenti finanziari che agiscono nell’attuazione di programmi ed azioni nel settore infrastrutturale di rilevanza strategica nazionale, interregionale e regionale. I fondi agiscono su due scale: una europea, l’altra nazionale. A gestire i fondi sono chiamate le amministrazioni dello Stato: sia amministrazioni centrali, attraverso i Ministeri, sia le amministrazioni locali attraverso le Regioni.
Per far fronte a criticità rilevanti della spesa, è stato elaborato, nel corso del 2011, un Piano di Azione Coesione con l’obiettivo di colmare i ritardi ancora rilevanti nell’attuazione e, al contempo, rafforzare l’efficacia degli interventi. La strategia anticipa molti principi del futuro periodo di programmazione 2014-2020:
– ridurre l’incertezza dei flussi di finanza pubblica;
– concentrare gli interventi su un numerato limitato di priorità: mobilità, scuola, sicurezza e giustizia; cura degli anziani e dell’infanzia; interventi su frane e versanti; promozione dell’innovazione come volano di sviluppo dell’industria e dei servizi sociali;
– mettere al centro i risultati attesi e non solo i processi per conseguirli;
– offrire ai cittadini informazioni e strumenti per conoscere in tempo reale le decisioni di investimento, per valutarle e per esprimere la loro motivata “voce”.

3. La visione guida: stare dalla parte della crescita del Paese
Lo scenario di crescita e le politiche europee di cui si è detto sono i nostri punti di riferimento.
Lo scenario, dal punto di vista delle economie reali e, quindi, anche delle attività legate al trasporto, si identifica innanzitutto con una ripresa dell’export e col rilancio, in chiave decisamente più competitiva, dei distretti produttivi, di una logistica sostenibile e di una portualità italiana (che corrisponde anche a numerose grandi e medie citta) oggi asfittica e pletorica. I flussi di export che contano per il sistema paese sono prevalentemente  con le aree produttive del Centro Europa e dell’Estremo Oriente, perché è lì che si concentra la domanda, ma occorre porre massima attenzione anche alla evoluzione della sponda africana del Mediterraneo, dove, una nuova domanda di democrazia, racchiude anche una evidente implicita domanda di economia. Leggi anche,  a proposito di export in un diverso ma ugualmente importante settore produttivo: Design e arredo, Assarredo: se non si esporta si muore.
La sponda europea è l’interfaccia geograficamente più prossima con un sistema sviluppato e l’Italia è il paese europeo col maggiore sviluppo costiero del Mediterraneo, ma tutto questo non è sufficiente per favorire forme di integrazione in assenza di una complementarietà economica fondata su concrete ragioni di scambio.
La portualità che oggi conta in Europa ragiona in milioni di container/anno e di scambi oceanici, ed è basata su non più di 4-5 grandi porti che servono la domanda del grande cuore continentale di Germania, Benelux etc., grazie a sistemi infrastrutturali e logistici poderosi e grazie al fatto che si trovano alle spalle grandi pianure in cui le maggiori barriere naturali sono solo i fiumi. Da questo punto di vista, i 24 porti nazionali italiani non risultano competitivi e non possono aspirare ad un ruolo internazionale perché operano su bacini regionali o interregionali, si trovano alle spalle una orografia tormentata, hanno infrastrutture ferroviarie spesso vecchie, anche se non sature, ed un servizio cargo obsoleto, assolutamente costoso e non competitivo. Gli operatori italiani della logistica operano quasi tutti su gomma o su servizi intermodali transalpini, perché servono la domanda centro europea, e la servono a partire dai tragitti terrestri più brevi, che la geografia assegna al Nord Adriatico e Tirrenico. Dunque si deve partire dal fatto che operiamo in un contesto competitivo, dove la qualità dei servizi è decisiva e dove la strada è la principale infrastruttura di trasporto.

Gateway e regioni logistiche in Europa
Gateway e regioni logistiche in Europa. Fonte: T. Notteboom (2010), “Concentration and the formation of multi-port gateway regions in the European container port system: an update”, Journal of Transport Geography, vol. 18, no. 4.

 

Questa visione considera, nonostante tutto, la produzione industriale e manifatturiera ancora come un motore potente dell’economia nazionale, ma non esclude il rilancio di altre basi economiche urbane e regionali centrate su risorse turistiche, culturali, su filiere agricole ecc. né le reputa secondarie ma, semmai, le ritiene complementari ed integrative anche se non certo capaci, da sole, di rilanciare la crescita in un paese grande e complesso come l’Italia, con grandi sistemi urbani e metropolitani, grandi università e centri di ricerca ecc.
Di seguito, la visione guida verrà declinata secondo enfatizzazioni diverse in sintonia con quelle che sono le vocazioni geografiche e storiche del paese. Se al Nord spetta primariamente il compito di sostenere il rilancio del potenziale legato all’export industriale e alla crescita dei servizi connessi, e al Sud quello di valorizzare filiere produttive che integrino al massimo le esternalità ambientali non contendibili, compete al Centro, sul piano nazionale,  il compito di connettivo e di transizione tra due sottosistemi di cui possiede entrambi i caratteri. Certamente l’Alta Velocità tra Torino-Milano-Bologna-Firenze-Roma e Napoli costituisce oggi la dorsale che può tenere uniti questi sistemi. Ma ciò potrà accadere se l’Alta Velocità verrà percepita ed usata non solo per esaltare i suoi potenziali riaccentrativi sui pochi poli metropolitani ma anche per irrobustire le strutture policentriche regionali e macroregionali. Ciò sarà possibile se le stazioni dell’Alta Velocità diventeranno hub intermodali e multilivello capaci di riorganizzare anche il trasporto ferroviario di persone su ferro alla scala regionale e macroregionale.

La visione guida che qui proponiamo, privilegia quindi il primo tra i due scenari sopra descritti e ne integra e ricompone le strategie su due orizzonti temporali:
– quello a più a lungo termine che punta su una visione Europa-Italia-Mediterraneo e che mette a valore la peculiare posizione geografica dell’Italia in Europa;
– quello a medio-breve termine (entro dieci-quindici anni) mirato a sostenere l’internazionalizzazione dei distretti (medie imprese e multinazionali tascabili) con il collegamento tra sud e nord Europa utilizzando tutte le infrastrutture già in essere od in corso di completamento; in questo quadro Roma e Milano possono rafforzare il loro ruolo di città globali, seppur con ruoli diversi, portando a compimento i grandi progetti di ampliamento e riqualificazione dei loro hub aeroportuali e fieristici mentre la dorsale esistente di Alta Velocità (con il completamento della Milano-Verona) deve puntare al raccordo con il secondo livello del trasporto regionale delle reti metropolitane regionali.

Se questa è la visione guida, i macro-obiettivi devono guardare:
– al completamento a breve-medio termine (che, nel campo delle infrastrutture vuol dire entro dieci-quindici anni), delle connessioni infrastrutturali in corso di realizzazione tra i sistemi produttivi urbani e regionali italiani ed i grandi mercati globali attraverso i due gateway portuali italiani di livello internazionale;
– ai raccordi di secondo livello tra i grandi gateway di livello internazionale ed i sistemi portuali nazionali e regionali ed i sistemi produttivi locali;
– alle connessioni tra i sistemi produttivi locali e le città anche per promuovere nuovi cicli virtuosi tra economie competitive, rilancio dei sistemi urbani, politiche per le smart cities.

4. Strategie generali per perseguire la visione guida
Di seguito vengono presentate le quattro schede che si riferiscono ai quattro Progetti-Paese che la Commissione intende proporre all’INU e, tramite esso, alle istituzioni nazionali ed al governo. Le schede sono costruite su un formato unitario e si ripromettono, ciascuna, di arrivare a definire degli interventi prioritari.

Ma prima di illustrare le “schede progetto” è tuttavia necessario enunciare i criteri con cui costruire le strategie mirate al perseguimento degli obiettivi sopra enunciati:
– se il primo obiettivo implica di completare, prima possibile, un efficace collegamento tra i mercati delle economie emergenti ed i mercati del centro-nord Europa, è chiaro che la priorità va assegnata ai corridoi nord-sud ed al loro completamento. Ciò significa, innanzitutto, valorizzare le direttrici già esistenti, già efficientate ma sottoutilizzate (come la ferrovia “Pontebbana”, sull’Adriatico-Baltico, raddoppiata ed in esercizio dal 2000 ma utilizzata solo per un terzo);
– in secondo luogo vanno avviati i cantieri già impostati e vanno chiusi quelli già aperti per gli attraversamenti delle Alpi e dell’Appennino (Brennero, Gottardo, Frejus, terzo valico dei Giovi) e gli ampliamenti portuali, aeroportuali e retroportuali (Savona/Vado Ligure; Aeroporto di Fiumicino; porti del nord Adriatico);
– in terzo luogo è necessario ricorrere alla metodologia del “fasaggio” per spacchettare in maniera razionale e coerente, nel tempo e nelle funzionalità tecniche, le poche nuove grandi opere che si ritengono ancora importanti, utili e fattibili;
– infine non si può aspettare sempre lo stato e gli operatori nazionali del trasporto: l’attivazione dei sistemi regionali e la liberalizzazione dei mercati del trasporto per attirare anche competitor globali è fondamentale. Vanno, pertanto, liberalizzati i servizi di trasporto lungo i corridoi e nella gestione dei sistemi logistici ad essi complementari, in modo da raggiungere una maggiore efficienza e competitività nei costi.

Fonte: Inu

Rimandiamo alla pubblicazione della seconda parte del documento, che comprenderà i seguenti temi: le questioni metodologiche e politiche e i “progetti paese” delle macroregioni del nord e  centro.

Redazione Tecnica

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