Vogliamo chiamarle importanti sfide, quelle che stanno sempre più caratterizzando il servizio idrico; fra queste gli effetti sul ciclo idrologico dei cambiamenti climatici (abbondanza/scarsità di precipitazioni) ed una crescente attenzione mista a preoccupazione collegata agli inquinanti definiti “emergenti”.
Queste sostanze e/o i loro metaboliti provengono dai diversi settori della chimica, dall’industria dei farmaci, sino ai numerosi prodotti di consumo nella realtà di tutti i giorni e possono ritrovarsi nelle acque destinate al consumo umano, nelle acque reflue, ed in generale nell’ambiente. Le nuove regolamentazioni ambientali promosse a livello comunitario cominciano ad affrontare il problema: è possibile contrastare la diffusione di tali sostanze attraverso limitazioni a monte, ovvero agendo sulla stessa filiera industriale che le produce o ne fa impiego?
Qualità delle acque ad uso umano e nuove regolamentazioni: il punto
La qualità dell’acqua destinata al consumo umano costituisce un obiettivo di fondamentale importanza ai fini della difesa della salute pubblica. Infatti, le malattie dovute alla contaminazione dell’acqua potabile rappresentano un rischio per la salute umana; per questo motivo, l’attuale normativa prescrive il rispetto di requisiti minimi di salubrità e qualità fisica, chimica, microbiologica e radiologica per le acque potabili.
Come si misura la qualità dell’acqua?
A tale proposito, per garantire un’elevata qualità dell’acqua erogata agli utenti e minimizzare il rischio associato all’acqua in un sistema di approvvigionamento idropotabile è indispensabile fondare la gestione dei sistemi idrici sull’analisi dei rischi.
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Mini-panoramica sugli inquinanti emergenti
Sono sostanze nei confronti delle quali è sorto in questi ultimi anni un forte interesse, e rientrano in diverse tipologie:
– divenuti critici in seguito al cambiamento della normativa sulle acque (ad esempio l’arsenico, per il quale il valore limite è stato ridotto, con le leggi più recenti, a 1/5 di quello imposto fino al 2003);
– di recente scoperta (ad esempio gli interferenti endocrini);
– di recente diffusione in seguito a cambiamenti tecnologici non direttamente correlati alle acque (ad esempio il cambiamento della composizione della benzina per aumentarne il potere antidetonante ha spostato l’attenzione dal piombo al benzene e, in tempi più recenti, al metil-ter-butil etere o MTBE);
Questo articolo è tratto da:
Inquinanti emergenti nelle acque ad uso umano
Nel XXI secolo in Italia e non solo, importanti sfide, che non è azzardato definire epocali, stanno sempre più caratterizzando il servizio idrico; fra queste gli effetti sul ciclo idrologico dei cambiamenti climatici (abbondanza/scarsità di precipitazioni) ed una crescente attenzione mista a preoccupazione collegata agli inquinanti definiti “emergenti”. Questo testo, frutto del contributo di una molteplicità di competenze ed esperienze, affronta il tema degli inquinanti emergenti nelle acque ad uso umano. La pubblicazione raccoglie, analizza e valuta in maniera puntuale e operativa gli strumenti esistenti di gestione del rischio.Il volume è organizzato in cinque capitoli.• Inquinanti emergenti. Per ciascun inquinante si descrivono le caratteristiche, l’origine e i rispettivi effetti sulla salute.• Quadro normativo in riferimento agli inquinanti emergenti.• Principali approcci per la gestione del rischio nei sistemi idropotabili, criteri per la definizione delle misure di controllo del rischio, criteri per la verifica di funzionalità e per l’upgrading/ ottimizzazione dei sistemi di captazione, trattamento e distribuzione dell’acqua. Sono esaminate le strategie di controllo in fase di captazione, trattamento e distribuzione.• Risultati di un’indagine nazionale su 1.214 impianti di potabilizzazione, riguardante il tema della gestione del rischio associato ad inquinanti emergenti nei sistemi idropotabili.• Casi di studio con le esperienze di gestione del rischio associato ad inquinanti emergenti, presentate da 7 gestori di sistemi di potabilizzazione.I curatori dell’opera:Sabrina Sorlini, Professore ordinario di Ingegneria Sanitaria Ambientale presso l’Università degli Studi di Brescia. Ha pubblicato oltre 300 lavori scientifici sul trattamento acque a uso umano, il recupero di rifiuti industriali e le tecnologie per i paesi a risorse limitate.Vincenzo Riganti, già docente di Chimica industriale, Chimica macromolecolare, Chimica Generale e Inorganica nella facoltà di Scienze, di Merceologia nella facoltà di Economia e Commercio, nonché di corso libero pareggiato di Chimica nella facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pavia. Fino al 5 settembre 2003 è stato professore ordinario di “Chimica merceologica” nella facoltà di Scienze MM.FF.NN. Ha sviluppato sia ricerche sperimentali, sia ricerche tecnologiche e normative riguardanti le tematiche dell’ingegneria chimica ed ambientale, soprattutto nel trattamento di acque e rifiuti. È stato autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e numerosi libri di testo.
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– di crescente interesse in quanto specificamente correlati ai materiali in contatto con le acque destinate al consumo umano o durante il trattamento (ad esempio impurezze metalliche presenti in disinfettanti, coagulanti, ecc.) o durante la distribuzione (ad esempio monomeri residui presenti nei polimeri utilizzati per fabbricare tubazioni).
Vanno inoltre ricordati i patogeni emergenti, quali alcuni protozoi (Giardia lamblia, Cryptosporidium) e alcuni metaboliti algali (tossine derivanti da cianobatteri).
Qual è la normativa vigente sulle acque destinate al consumo umano?
Il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, con le successive modificazioni, ha attuato la direttiva comunitaria 98/83/CE (di cui parleremo approfonditamente nel prossimo paragrafo) e ha introdotto la vigente disciplina per le acque destinate al consumo umano.
Sono “acque destinate al consumo umano”:
– le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori;
– le acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale.
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Il ruolo di parametri e indicatori
Premesso (art. 4) che “Le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite”, la normativa prevede ed elenca dei limiti (detti valori parametrici) sia per parametri microbiologici e chimici ritenuti particolarmente atti a incidere sulla salubrità dell’acqua (se superati l’acqua deve essere dichiarata non potabile) sia per parametri, detti indicatori, il cui superamento determina l’obbligo di una valutazione da parte dell’autorità sanitaria, che potrà disporre i provvedimenti necessari a ripristinare la buona qualità dell’acqua.
Appartengono alla prima categoria inquinanti come cromo, piombo, mercurio, benzene, Escherichia coli, ecc.; alla seconda categoria inquinanti come ferro, manganese, batteri coliformi, ecc.
Nell’ambito degli inquinanti emergenti, si osserva quanto alcuni di essi siano già presenti nell’elenco dei valori parametrici dettato dall’Unione Europea; altri siano stati successivamente inseriti negli specifici recepimenti nazionali in quanto ogni Stato ha diritto di fissare valori per parametri aggiuntivi – oppure imporre limiti più restrittivi per parametri già normati – qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana in una parte o in tutto il territorio nazionale; diritto di cui può avvalersi ogni Stato membro (fatti salvi alcuni requisiti fissati dall’Unione Europea).
Novità! La revisione della direttiva 98/83/CE
Data la maggiore definizione della criticità legata all’incremento della rilevazione di contaminanti emergenti nei corpi idrici destinati alla produzione di acqua potabile, raccomandando di fatto una maggiore diffusione dell’applicazione di approcci tesi ad una generale ed approfondita valutazione del rischio associato alle acque in captazione sulle base dei principi dei Piani di Sicurezza dell’Acqua, l’Unione Europea sta provvedendo alla revisione della direttiva 98/83/CE.
Nella proposta (1° febbraio 2018), attualmente in discussione presso il Consiglio e il Parlamento Europeo, sono stati indicati i seguenti contaminanti.
Quanto esposto rappresenta la proposta in discussione per la modifica all’Allegato I, Parte B “Parametri chimici”, indicativa dei parametri da inserire nei programmi di monitoraggio routinario e nelle verifiche di conformità delle acque destinate al consumo umano. La selezione di questi parametri e dei loro valori limite è coerente alle raccomandazioni OMS sui contaminanti emergenti, dalle quali tuttavia si discosta per specifiche valutazioni di carattere qualitativo e quantitativo volte ad un maggior fattore di sicurezza e/o alla rispondenza tecnica delle tecnologie attuali di trattamento delle acque.
Per quanto riguarda i parametri clorato e clorito, appurata la provenienza di tali contaminanti quali sottoprodotti di disinfezione, l’aumento della concentrazione di clorato in soluzioni commerciali di ipoclorito datate e il rischio di sovraesposizione di lattanti e bambini ai valori proposti dall’OMS (0,7 mg/L di clorato), la Commissione ha proposto un limite tre volte inferiore al valore OMS.
Questo approccio dovrebbe tuttavia tenere conto delle priorità di non compromettere la disinfezione, che resta la principale misura di controllo rispetto ai rischi per la salute umana correlabili al consumo delle acque, oggi ancor più urgenti in considerazione dei pericoli della antibiotico-resistenza.
Sempre al fine di garantire adeguati livelli di salvaguardia della salute umana, sulla base dell’approccio perseguito nella definizione dei limiti per gli antiparassitari, la valutazione della Commissione nei confronti dei parametri PFAS si discosta dalla raccomandazione OMS (che definisce i valori 4 μg/L per il PFOA e 0,4 μg/L per il PFOS) introducendo due valori limite di cui 0,1 μg/L per le singole PFAS e 0,5 μg/L cumulativamente, secondo l’approccio “etico” adottato per altre sostanze di origine antropica come i pesticidi.
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Valutazioni specifiche sono state anche prodotte per gli interferenti endocrini nonilfenolo, β-estradiolo e bisfenolo A, in quanto l’OMS non ha proposto valori indicativi sulla base dell’attuale insussistenza di rischi comprovati per la salute derivanti dall’acqua potabile, comunque indicando in via precauzionale valori di riferimento prossimi agli standard di qualità ambientale per la protezione degli organismi acquatici. La selezione di tali specifici parametri è da ricondursi alla loro frequente rivelazione nei corpi idrici superficiali recettori di scarichi urbani ed industriali non trattati; e l’applicazione dei valori OMS previsti per gli standard di qualità ambientale giustificati sulla base del principio di precauzione.
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