Ed ecco a voi la selezione delle sentenze sull’edilizia pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti sono: indennità per abusi paesaggistici; recinzione in area sottoposta a vincolo paesaggistico; variante al permesso di costruire: conseguenze sui termini di avvio e conclusione dei lavori; riduzione della fascia inedificabile per vincolo cimiteriale: azionabilità del procedimento da parte dei privati; vetrina su suolo pubblico: titolo edilizio necessario; infrastrutture per telecomunicazioni: compatibilità urbanistica; perequazione: operatività; destinazione a parcheggio pubblico: tipologia di vincolo.
Indennità per abusi paesaggistici: natura e prescrizione
Estremi della sentenza: | TAR Calabria, sez. Catanzaro, sent. 12 ottobre 2017 n. 1506 |
Massima: | L’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce vera e propria sanzione amministrativa (e non una forma di risarcimento del danno) e, come tale, prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale; la relativa prescrizione è quinquennale |
L’art. 167 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (già art. 15 l. 29 giugno 1939, n. 1497, divenuto poi art. 164 d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490) va interpretato nel senso che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce vera e propria sanzione amministrativa (e non una forma di risarcimento del danno), che, come tale, prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale; pertanto è applicabile anche a tale sanzione il principio contenuto nell’art. 28 della l. 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”; disposizione, quest’ultima, applicabile, per espresso dettato legislativo, a tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie, anche se non previste in sostituzione di una sanzione penale (art. 12 l. n. 689 del 1981); e, quindi, anche agli illeciti amministrativi in materia urbanistica, edilizia e paesistica puniti con sanzione pecuniaria.
Nell’applicare tale regola, con riguardo all’individuazione del dies a quo della decorrenza della prescrizione, occorre tener conto della particolare natura degli illeciti in materia urbanistica, edilizia e paesistica, i quali, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, sicché la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo, e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni (TAR Sicilia – Palermo, Sez. I, 1 aprile 2016, n. 824; ibid. 12 febbraio 2016, n. 413; ibid. 23 ottobre 2015, n. 2645; ibid, 10 luglio 2015, n. 1716).
Recinzione in area sottoposta a vincolo paesaggistico
Estremi della sentenza: | TAR Lombardia, sez. I Brescia, sent. 11 ottobre 2017 n. 1217 |
Massima: | Una recinzione leggera non è da escludersi a priori in area sottoposta a vincolo paesaggistico |
La consolidata giurisprudenza in tema di recinzioni, riassunta nella recente sentenza TAR Lombardia, Brescia, sez. I, nella sent. 3/7/2017 n. 868 che ha richiamato il proprio precedente 26/4/2017 n. 553, ha sottolineato che <<…, in via generale, la posa di una recinzione – manufatto essenzialmente destinato a delimitare una determinata proprietà allo scopo di separarla dalle altre, di custodirla e difenderla da intrusioni – è solo diretta a far valere lo jus excludendi alios che costituisce il contenuto tipico del diritto dominicale, e per pacifica giurisprudenza persino la presenza di un vincolo dello strumento pianificatorio non può incidere (di per sé) negativamente sulla potestà del dominus di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo ai sensi dell’art. 841 del c.c. (T.A.R. Campania Napoli, sez. II – 4/2/2005 n. 803; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 11/2/2005 n. 367). E’ stato osservato che il titolo abilitativo edilizio non è necessario per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno (senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti il manufatto rientra appunto tra le manifestazioni del diritto di proprietà che comprende lo “jus excludendi alios” (C.G.A. Sicilia, sez. consultive – 18/12/2013 n. 1548; T.A.R. Campania Salerno, sez. II – 11/9/2015 n. 1902; T.A.R. Umbria – 18/8/2016 n. 571 e la citata giurisprudenza). 4.1 Solamente la recinzione che presenti un elevato impatto urbanistico deve essere preceduta da un titolo abilitativo del Comune, mentre tale atto non risulta necessario in presenza di trasformazioni che – per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento – non comportino un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale: la distinzione tra esercizio dello jus aedificandi e dello jus excludendi alios va rintracciata quindi nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III – 6/2/2015 n. 938, che risulta appellata e che richiama Consiglio di Stato, sez. V – 9/4/2013 n. 922).
È quindi al tipo di recinzione in concreto che occorre guardare per stabilire se si tratti dell’uno o dell’altro tipo di manufatto: un esempio del secondo tipo è la modesta recinzione di fondo rustico senza opere murarie, con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno; occorre, invece, la concessione, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica (T.A.R. Toscana, sez. III – 27/2/2015 n. 320, che risulta appellata). …>>.
Persino in presenza di vincoli di tutela ambientale la giurisprudenza (cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 12/1/2016 n. 30) ha evidenziato che, “in generale, la presenza di un vincolo paesistico non costituisce un impedimento insuperabile all’introduzione ex novo di recinzioni al servizio della proprietà privata. Come tutti gli altri interventi edilizi, anche le recinzioni sono da considerare ammissibili quando non impediscano la fruizione delle componenti del paesaggio tutelate dal vincolo (v. TAR Brescia Sez. II 7 aprile 2011 n. 530)”.
Ciò significa che la recinzione “leggera” in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico impone che l’autorità preposta esprima il proprio parere, dando conto dell’effettivo impatto del manufatto nel contesto tutelato e della sua tollerabilità nella zona destinata ad ospitarlo.
Variante al permesso di costruire
Estremi della sentenza: | Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 11 ottobre 2017 n. 4704 |
Massima: | La variante al permesso di costruire non modifica i termini di avvio e conclusione dei lavori |
L’art. 15 del d.p.r. n. 380/2001, rubricato “Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire” prevede che 1. Nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori. 2. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari. 2-bis. La proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate (…)”.
Il mero rilascio di un permesso in variante all’originario permesso per costruire non fa decorrere, dunque, un nuovo termine di avvio e di conclusione dei lavori, il quale va sempre determinato con riferimento al titolo edilizio originario, con ogni conseguenza in ordine alla sua decadenza.
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Riduzione della fascia inedificabile per vincolo cimiteriale
Estremi della sentenza: | TAR Campania, sez. VII Napoli, sent. 9 ottobre 2017 n. 4694 |
Massima: | Il procedimento per la riduzione della fascia inedificabile per vincolo cimiteriale è attivabile solo dal Consiglio comunale per ragioni di interesse pubblico e non su istanza dei privati |
L’art. 338, comma 4, R.D. n. 1265/1934 e successive modifiche stabilisce che “ (…) Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Secondo la consolidata giurisprudenza, condivisa dal Collegio, il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e, comunque, per considerazioni di interesse pubblico. In particolare la giurisprudenza ha specificato che, pur in presenza delle condizioni specificate nel ricordato comma 4 dell’art. 338, la riduzione della fascia di inedificabilità non può essere volta ad agevolare singoli proprietari che abbiano effettuato abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su un’area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. in termini cfr. Cons. Stato, VI, 4.7.2014, n. 3410).
Ne discende che il procedimento anzidetto di riduzione della fascia inedificabile risulta attivabile solo d’ufficio per i motivi espressamente e tassativamente indicati nel rammentato art. 338 con la conseguenza che solo il Consiglio Comunale – non su istanza di singoli cittadini, ma per ragioni di interesse pubblico – può intervenire per ridurre l’ampiezza di detta fascia.
Vetrina su suolo pubblico: titolo edilizio necessario
Estremi della sentenza: | TAR Campania, sez. IV Napoli, sent. 13 ottobre 2017 n. 4803 |
Massima: | Serve il permesso di costruire per la realizzazione di una vetrina che insiste su suolo pubblico |
Secondo la giurisprudenza, deve ritenersi assoggettata al preventivo rilascio della concessione (oggi permesso di costruire) la realizzazione di una vetrina che insiste su suolo pubblico (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 17 febbraio 2006, n. 2134; Sez. IV 19 giugno 2006, n. 7082) e che, in base all’art. 7 della legge n. 47/1985 (oggi sostituito dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001), laddove venga accertata l’esecuzione di opere in assenza della prescritta concessione edilizia l’adozione dell’ordine di demolizione costituisce un atto dovuto (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 21 febbraio 2006, n. 2194).
Infrastrutture per telecomunicazioni: compatibilità urbanistica
Estremi della sentenza: | TAR Lombardia, sez. I Brescia, sent. 9 ottobre 2017 n. 1215 |
Massima: | Le infrastrutture per telecomunicazioni sono assimilabili alle opere di urbanizzazione primaria e compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica |
Le infrastrutture per telecomunicazioni sono assimilabili alle opere di urbanizzazione primaria (v. art. 86 comma 3 del Dlgs. 259/2003). Questo consente di ritenere i suddetti impianti compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica. Di conseguenza, la zonizzazione non può avere l’effetto di escluderne la realizzazione in una determinata porzione del territorio comunale, tranne quando vi siano esigenze di protezione dalle emissioni elettromagnetiche, oppure esigenze di razionalizzazione dei siti e di coubicazione degli impianti.
Perequazione: operatività
Estremi della sentenza: | TAR Toscana, sez. I, sent. 10 ottobre 2017 n. 1203 |
Massima: | Con la perequazione il Comune non esercita un potere puramente discrezionale svincolato da un qualunque parametro, dovendo perseguire una corretta ed equa distribuzione dei vantaggi e dei costi prodotti dalla pianificazione medesima, in funzione delle caratteristiche del territorio nell’ambito del quale si va ad incidere |
È noto che la perequazione, oltre ad attenere alla potestà pianificatoria e conformativa del territorio (Consiglio di Stato sentenza n. 3435/2015), è un sistema di distribuzione dei diritti edificatori tra i proprietari volto a evitare le ineguaglianze diversamente derivanti dal metodo della c.d. zonizzazione.
Se con la zonizzazione la Pubblica Amministrazione suddivide il proprio territorio comunale in zone alle quali viene riconosciuta o attribuita una determinata funzione (ad es. residenziale, produttiva, agricola), mediante la tecnica della perequazione viene attribuito un valore edificatorio uniforme alle singole proprietà che possono utilmente concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti del territorio (per tutti si veda T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 12-01-2017, n. 6).
Ne consegue, pertanto, che con l’attribuzione delle premialità edilizie il Comune non esercita un potere puramente discrezionale svincolato da un qualunque parametro, dovendo perseguire una corretta ed equa distribuzione dei vantaggi e dei costi prodotti dalla pianificazione medesima, in funzione delle caratteristiche del territorio nell’ambito del quale si va ad incidere, senza per questo che l’attribuzione di dette premialità possa consentire l’assegnazione di una qualche redditività dell’intervento che prescinda da una valutazione sul perseguimento di un miglior assetto dei luoghi.
Destinazione a parcheggio pubblico: tipologia di vincolo
Estremi della sentenza: | Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 13 ottobre 2017 n. 4748 |
Massima: | La destinazione a parcheggio pubblico impressa in base a previsioni di tipo urbanistico costituisce vincolo conformativo e non anche espropriativo della proprietà privata |
Secondo la giurisprudenza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 17 marzo 2017, n. 1196), la destinazione a parcheggio pubblico impressa in base a previsioni di tipo urbanistico, non comportando automaticamente l’ablazione dei suoli e, anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico, costituisce vincolo conformativo e non anche espropriativo della proprietà privata per cui la relativa imposizione non necessita della contestuale previsione dell’indennizzo, né delle puntuali motivazioni sulle ragioni poste a base della eventuale reiterazione della previsione stessa.
Più in generale, va attribuita natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà sui suoli a tutti quei vincoli che non solo non siano esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi , consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati ( cfr Cons. Stato sez. IV 7 aprile 2010 n. 1982) e ciò in linea con quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.179 del 20 maggio 1999 che ha sancito appunto il principio per cui non sono annoverabili tra i vincoli espropriativi quelli derivanti da scelte urbanistiche realizzabili anche attraverso l’iniziativa privata.
In sostanza, sono conformativi e al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo (non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio e quindi non sussiste un dovere di ritipizzazione) i vincoli che importano una destinazione, anche di contenuto specifico, realizzabile a iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e, quindi, siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di ablazione del bene (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2017, n. 1700).
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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