Abbiamo visto nei precedenti articoli indicatori di rischio legati ad alcuni componenti di finitura come possono essere considerati i controsoffitti (leggi la parte 1 e la parte 2); passiamo ora ad approfondire altri aspetti legati sempre al rischio di caduta dall’alto (dall’intradosso dei solai) di parti o porzioni più o meno estese di altri componenti di finitura, quali l’intonaco, e di componenti assimilabili più propriamente ad elementi strutturali come i fondelli dei blocchi di alleggerimento facenti parte dei solai (il cosiddetto rischio sfondellamento).
L’errore comunemente commesso, parlando di tali rischi, è che si credono circoscritti ad uno o pochi tipi di solai e legati, ad esempio, ad un periodo storico di costruzione più o meno definito; in realtà la natura stessa dei fenomeni, come vedremo in seguito, ci fa ben capire che possono sorgere anche su immobili più recenti ed apparentemente ben realizzati, oltreché in buono stato di manutenzione complessivo.
In effetti diverse e concomitanti possono essere le cause di tali fenomeni, in cui quello legato alla caduta dell’intonaco (o alla sua fessurazione) può essere visto come segno premonitore (non sempre purtroppo presente) di quello ben più grave, in termini di rischio per gli occupanti, che porta al distacco della porzione inferiore della pignatta (sfondellamento: distacco del fondello del blocco di alleggerimento del solaio, comunemente chiamato anche “pignatta”): ma andiamo con ordine.
Innanzitutto perché tale fenomeno non è facilmente individuabile e prevedibile a priori? La risposta a tale quesito risiede nella metodologia stessa di realizzazione dei solai: la presenza nei comuni solai misti di una parte piena in cemento armato (travetti) ed una parte di alleggerimento (blocco in laterizio) fa sì che si possano presentare, col trascorrere degli anni ma anche in un lasso di tempo piuttosto breve dalla messa in esercizio, effetti negativi e (diremo genericamente) danneggiamenti dei blocchi in laterizio che denunciano eccessive dilatazioni termiche, condizioni igrometriche impreviste, errate concezioni di calcolo (eccessivi carichi gravanti o cattiva ripartizione delle azioni) o scelte geometriche non ponderate (luci eccessive o posizionamento improprio di murature o elementi rompitratta) oppure condizioni d’uso in genere che possono mettere a dura prova i componenti (infiltrazioni, allagamenti, errato impiego dei locali o con modalità non previste, ad esempio per locali sauna, piscina, senza opportune attenzioni, ecc.).
A questi aspetti che, però tutto sommato, possono decretare danni o conseguenze (salvo casi eclatanti) abbastanza circoscritti, possono affiancarsene anche ulteriori legati alle modalità di produzione dei singoli blocchi in laterizio (impasto, cottura, geometria del blocco) – solo questi inquadrabili in precise epoche di produzione – ma anche più in generale alle modalità di messa in opera dei componenti. Vale la pena ricordare, a tal proposito, che già il vecchio D.M. del 14 febbraio 1992 (al capitolo 7, che poi ritroviamo anche nel successivo D.M. 1996) raccomandava di porre particolare attenzione al controllo dell’integrità dei blocchi da mettere in opera, con riferimento ad eventuali fessurazioni o a parti danneggiate, causate dalla movimentazione, così come attenzione doveva essere posta nel bagnare attentamente i laterizi prima del getto (aspetti che, per quanto siano trascorsi oltre venti anni non sembrano pienamente recepiti nei cantieri); ed infine per ultimo ma non meno importante, anzi potremmo dire all’origine di gran parte dei fenomeni (almeno di quelli che si possono presentare in maniera estesa e ripetitiva): l’errata modalità di getto del calcestruzzo all’interno dei travetti (per i solai misti in c.a. gettati in opera l’armatura dei travetti deve essere posta all’interno delle “gole” lasciate tra le pignatte e completata col getto in opera del calcestruzzo: tale problema viene eventualmente superato con impiego delle tecnologie a travetti completamente prefabbricati o tralicciati da completare in opera).
L’aspetto sopra richiamato merita una particolare sottolineatura in quanto tornando a quanto dicevamo all’inizio, su come non sia corretto circoscrivere il possibile rischio di sfondellamento solo a certe epoche realizzative, ben si capisce che può essere purtroppo ancora oggi un fenomeno diffuso in quanto insito nella possibile scarsa competenza dei posatori o delle maestranze in genere, con errori che possono presentarsi in maniera casuale in qualunque cantiere o all’interno dello stesso in maniera estesa: semplici, ma evidentemente non note, attenzioni in fase realizzativa potrebbero del tutto evitare il presentarsi del distacco dei fondelli per queste cause, curando che il getto avvolga correttamente le armature dei travetti e quindi non si formino i cosiddetti “nidi di ghiaia” ed i vuoti tra armature e pareti del laterizio, semplicemente vibrando il getto o avendo cura di farlo giungere sul fondo del travetto avvolgendo correttamente le armature. Non a caso sottolineiamo questo aspetto sulla necessaria corretta posa in quanto si può ritenere che esso determini forse la maggiore causa per il presentarsi in maniera diffusa di fenomeni di sfondellamento: nel caso in cui le maestranze abbiano replicato gli errori esecutivi a cui si è accennato tali effetti possono interessare interi edifici.
L’importanza e la delicatezza di questo aspetto è comprensibile pensando alle possibili conseguenze che può rivestire (una porzione di 1 mq di fondello di pignatta+intonaco può arrivare a pesare, a seconda di spessori e tipologie costruttive, dai 30 ai 70 kg) unite all’elevata imprevedibilità con cui può manifestarsi in maniera spesso dirompente e diffusa: mancanza di rivestimento delle armature con calcestruzzo significa infatti andare a creare fenomeni di tensione sul fondello del travetto che poi si estendono facilmente ai setti dei blocchi di alleggerimento decretando in modo repentino il distacco innescando quindi un “effetto domino” su ampie superfici di intradosso del solaio.
Ciò può trovare fattori scatenanti in condizioni che altrimenti passerebbero in secondo piano (o si ravviserebbero in porzioni solo circoscritte del solaio) durante il normale tempo di vita della costruzione, quali, come abbiamo già accennato: infiltrazioni, vibrazioni, umidità, dilatazioni termiche, che viceversa, in tal caso, vanno a sommarsi ad un fenomeno silente minando (improvvisamente) un equilibrio che necessariamente diviene sempre più flebile col progressivo invecchiamento della struttura e quindi con un fisiologico leggero decadimento delle caratteristiche meccaniche dei suoi materiali (qui risulterebbe ancora una volta fondamentale l’impiego di un fascicolo del fabbricato in grado di documentare la storia dell’edificio: si pensi ad esempio come possono influire in tal senso le modifiche apportate alle partizioni degli ambienti – nuove distribuzioni di aule scolastiche o stanze di ospedale – e che possono costituire vincoli inopportuni o non inizialmente previsti per le dilatazioni o deformazioni dei campi di solaio e quindi dei materiali più fragili di cui sono composti, le pignatte appunto, tali da causare nascita di tensioni e fessurazioni interne, quindi rotture e conseguenti crolli).
prosegue nel prossimo articolo
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