Sulla delicata materia segnaliamo ai lettori due recenti e interessanti sentenze.
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Il TAR Campania, Napoli, sez. VII, nella sent. 7 dicembre 2022, n. 7653, dopo aver ricordato che una strada vicinale è una “strada privata fuori dei centri abitati ad uso pubblico”, secondo la definizione all’uopo fornita dall’art. 3, comma 1, n. 52, del Codice della Strada[1], ha ribadito, sulla scorta di consolidata giurisprudenza[2], che per il riconoscimento della natura pubblica di una strada devono riscontrarsi contemporaneamente le seguenti condizioni:
- il passaggio esercitato jure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale (i cittadini del Comune);
- la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con una pubblica via (la strada in oggetto collega il litorale con una strada pubblica);
- un titolo valido a suffragare l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può identificarsi anche con la protrazione dell’uso da tempo immemorabile.
I giudici napoletani, conseguentemente, hanno ritenuto sussistente l’uso pubblico nel caso di una strada vicinale caratterizzata da libero ed indisturbato godimento, da oltre un trentennio, da parte di tutta la cittadinanza ed interessata da attività svolte o comunque riferibili al Comune, quali la raccolta dei rifiuti urbani ed il diserbamento.
Leggi anche Uso pubblico di una strada, come individuarlo
Segnaliamo anche la recente sent. 17 novembre 2022, n. 986, del TAR Piemonte, sez. II, nella quale, dopo aver ricordato il consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo cui, affinché una strada possa ritenersi pubblica è necessario, oltre all’intrinseca idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, che l’uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone per soddisfare un interesse pubblico e la strada medesima risulti “di proprietà di un ente pubblico territoriale in base ad un atto o fatto (fra cui anche l’usucapione) idoneo a trasferire il dominio, ovvero che su di essa sia stata costituita a favore dell’Ente una servitù di uso pubblico e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita, all’uso pubblico”[3], i giudici si sono occupati di un interessante caso concreto. Nello specifico era oggetto di contesa la natura pubblica o privata di una strada avente le seguenti caratteristiche:
- costituiva una diramazione a fondo cieco di una strada pubblica, sviluppandosi per circa 147 metri a servizio di 13 abitazioni con 24 residenti e conduceva, ivi terminando, ad una villa privata, senza avere funzione di raccordo con altre strade;
- sulle mappe catastali era rappresentata con linea tratteggiata, convenzionalmente utilizzata per indicare strade private;
- era priva di illuminazione e presentava solo tre cartelli segnaletici, mentre, all’imbocco della via, era posto un cartello che indica “strada privata”;
- era definita “strada privata” nella rappresentazione grafica a corredo di una risalente concessione edilizia;
- non presentava tracciamento delle linee di ciglio e non si riscontravano progetti da cui desumere linee planimetriche e altimetriche, per cui la carreggiata manteneva una larghezza variabile nei diversi tratti;
- non era inserita nell’elenco delle strade pubbliche o di uso pubblico;
- non era stata acquisita in proprietà dall’ente e non costituiva opera di urbanizzazione, in quanto risalente alla fine del 1800 (periodo questo nel quale fu realizzata la villa privata posta al termine della strada stessa) e, dunque, certamente antecedente ai successivi insediamenti abitativi;
- non erano stati sostenuti costi per la relativa manutenzione ed asfaltatura (quest’ultima eseguiti in passato dai privati interessati, contestualmente alla realizzazione degli edifici prospicienti).
Secondo i giudici, l’insieme di tali elementi deponeva nel senso di ritenere la strada in questione non solo privata, ma anche assoggettata a uso privato esclusivo (e non pubblico), segnatamente dei proprietari delle particelle costituenti il sedime stradale e che l’avevano realizzata per collegare le rispettive proprietà alla via pubblica.
Ricordiamo che, secondo la giurisprudenza, della prova della sussistenza di tali elementi è onerato il Comune interessato a far valere l’uso pubblico della strada[4], tramite rigorosa istruttoria, salvo che la strada non sia inserita nell’elenco delle strade comunali, ciò rappresentando una presunzione (semplice) di appartenenza della stessa all’ente, ovvero del suo uso pubblico[5]; trattandosi di presunzione semplice, è ammessa la prova contraria circa la natura privata della strada e l’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività[6].
La controversia circa la natura della strada e l’esistenza/inesistenza dell’uso pubblico spetta al giudice ordinario e non a quello amministrativo, poiché investe l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi dei privati o della Pubblica Amministrazione[7].
Fra la casistica, ricordiamo che è stato ritenuto sussistente l’uso pubblico:
- su una strada percorsa da pedoni e da veicoli per accedere ad una zona demaniale, la cui percorribilità era necessaria non solo per gli utenti di un chiosco presente su un’area della medesima zona data in concessione a terzi, ma anche per i fruitori della spiaggia libera e per i mezzi di soccorso il cui accesso all’arenile doveva essere assicurato[8];
- su una via in cui era presente un “corpo illuminante”, posto all’inizio; in cui era apposta una lapide con il nome della via e per la quale, nel rilascio di una licenza di costruzione, era stata prevista, quale condizione, il libero passaggio, con prospettazione della realizzazione di una servitù[9];
- su una strada con destinazione di fatto all’utilizzo (ultraventennale) della collettività indistinta, funzionale al collegamento tra due strade pubbliche, nonché con gli uffici comunali collocati in zona limitrofa; classificata come tale da parte dello stesso U.T.C.; con presenza di pubblici esercizi lungo la strada, assoggettati al pagamento della TOSAP per i gazebo posizionati lungo i marciapiedi; con creazione di parcheggi a pagamento, con parchimetro allocato direttamente sul marciapiede[10].
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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[1] Decreto Legislativo n. 285/1992.
[2] TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 14 ottobre 2022, n. 1738; sent. 22 luglio 2022, n. 1381; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 21 maggio 2021, n. 3954; sez. II, sent. 18 maggio 2020, n. 3158; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 25 luglio 2022, n. 2123; TAR Veneto, sez. I, sent. 23 febbraio 2022, n. 350; TAR Piemonte, sez. II, sent. 15 ottobre 2021, n. 917.
[3] TRGA Trento, sent. 21 novembre 2012, n. 341.
[4] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 18 marzo 2019, n. 1727; sez. VI, sent. 20 giugno 2016, n. 2708; sez. II, sent. 8 maggio 2020, n. 3158.
[5] Cass. Civ., Sez. Un., sent. 16 febbraio 2017, n. 713; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 19 marzo 2015, n. 1515; sez. VI, sent. 20 giugno 2016, n. 2708.
[6] Consiglio di Stato, sez. I, parere 20 settembre 2021, n. 1463; sez. IV, sent. 10 ottobre 2018, n. 5820.
[7] TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 8 novembre 2019, n. 970; Milano, sez. II, sent. 19 luglio 2018, n. 1767; Cass. Civ., SS.UU., sent. 23 dicembre 2016, n. 26897.
[8] TAR Sardegna, sez. I, sent. 7 novembre 2022, n. 752.
[9] TAR Marche, sez. I, sent. 9 febbraio 2022, n. 91.
[10] TAR Campania, Napoli, sez. V, sent. 15 luglio 2019, n. 3910.
Immagine: iStock/Morakot Kawinchan
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