Il Decreto del Fare: un decreto figlio delle larghe intese che accontenta tutti per non scontentare nessuno e che, anche in ambito energetico, non interviene con sufficiente coraggio per tagliare i cosiddetti “oneri di sistema”.
Più che di risparmi si tratta di tagli (250 milioni di incentivi destinati ai biocombustibili) e di risparmi (250 milioni dalla revisione delle tariffe dei cosiddetti CIP6). La solita partita di giro che potrebbe gravare solo sui produttori di energia da fonti rinnovabili a cui, sembra, non mancheranno le sorprese.
Se il buongiorno si vede dal mattino, il nuovo Decreto del Fare, presentato ieri in Consiglio dei Ministri dal premier Enrico Letta, è ancora un po’ troppo timido. Dà la sveglia al paese o meglio, come ha dichiarato il premier, “in questo provvedimento diamo molte risposte a tante domande che c’erano e diamo molte occasioni per fare, per investire e creare posti di lavoro e una pubblica amministrazione più attenta ai problemi dei cittadini e del Paese. Ci siamo mossi su un strada che porterà soddisfazioni importanti per il nostro Paese”, ma è evidente che si è cercato di accontentare tutti per non scontentare nessuno.
Una delle voci presa in considerazione dal nuovo decreto (oltre 80, che vanno dalla casa, alle politiche per le grandi opere, alla giustizia, ai prestiti agevolati per le imprese) è quella relativa alle bollette elettriche. In quest’ambito, secondo i tecnici governativi, i risparmi per i consumatori saranno di circa 500 milioni.
Il Governo è “riuscito a cancellare” dalle bollette 135 milioni di costi che saranno spostati a carico delle società che operano nelle energie rinnovabili e che hanno un imponibile maggiore di 40 mila euro e ricavi superiori a 200 mila euro. Soldi che saranno recuperati aumentando al 13% la Robin Tax, ossia l’addizionale Ires introdotta da Giulio Tremonti sulle società produttrici di energia elettrica che, al momento, potrebbero essere i soli produttori di energia rinnovabile a dover pagare. Per loro, sembra, non mancheranno le brutte sorprese.
Secondo una ricostruzione dell’Huffington Post il Governo sarebbe intervenuto sulla voce A2, quella che attualmente finanzia lo smantellamento delle centrali nucleari e che ammonta a ben 149 milioni pagati ai consumatori nel 2012 . Soldi destinati allo smantellamento delle centrali nucleari di cui il referendum del 1987 ne ha imposto la chiusura. Da allora ad oggi però abbiamo continuato a pagarne la dismissione (255 milioni nel 2011 e ben 410 nel 2010), di cui è incaricata la Sogin, società pubblica il cui azionista di maggioranza è lo Stato.
Fino ad oggi, secondo la Legge Finanziaria del 2005 e stante un articolo di Sergio Rizzo del 6 giugno 2013, 100 milioni all’anno degli oneri nucleari non venivano impiegati per il decomissioning atomico ma venivano semplicemente spostati dalle nostre bollette alle casse dell’Erario. Ora sembrerebbe che, con il nuovo decreto, 135 milioni di euro siano cancellati da questa voce e che la partita di giro dalle bollette alle casse dell’Erario potrebbe venire meno. Staremo a vedere cosa accadrà con l’approvazione del nuovo decreto.
Più che di un risparmio di 500 milioni si dovrebbe, per trasparenza, parlare di un taglio di 250 milioni sulle bollette e di un mancato aumento di altri 250 milioni.Insomma si fa e si disfa ma alla fine sembra che i benefici non siano poi così gran cosa per le famiglie italiane che non riescono a pagare le bollette elettriche (le richieste di rateizzazione sono aumentate del 48 per cento dalla metà del 2012).
Pensiamo ad esempio agli incentivi alle rinnovabili: da qui al 2020 arriveremo a pagare 100 miliardi e il decreto, nei prossimi sette anni, farà risparmiare ai consumatori e alle aziende 3,5 miliardi. I pannicelli caldi vanno bene per lenire le pene ma l’obiettivo è arrivare a pagare l’elettricità come nel resto d’Europa. Una famiglia italiana spende in media ogni anno 1.820 euro per le utenze di gas e luce, con un 20 per cento in più rispetto a Spagna, Germania, Francia e Gran Bretagna.
Che si tratti quindi di un’indiscrezione giornalistica o di una disposizione prevista dal nuovo decreto è ancora da confermare. Ciò che è certo è che in bolletta paghiamo e continueremo a pagare l’IVA come se stessimo acquistando un bene o un servizio: nel solo 2010 lo Stato si è incamerato un miliardo di euro.
Senza guardare poi ai 345 milioni di euro che sono stati “prelevati” a favore delle Ferrovie dello Stato; agevolazioni destinate alla fiscalità generale e non certo da calcolare in base ai consumi elettrici di imprese e famiglie.
E su queste voci, almeno al momento, il nuovo decreto non si è espresso. E’ intervenuto abrogando invece gli incentivi per l’elettricità prodotta tramite biocombustibili, introdotti con la legge di stabilità ma non ancora entrati a regime per la mancanza del decreto attuativo. L’approvazione di questi nuovi sussidi avrebbe fatto aumentare il costo dell’elettricità di altri 250 milioni. Il terzo punto riguarda la revisione delle tariffe del cosiddetto Cip6, incentivi riconosciuti non solo alle centrali che producono attraverso fonti rinnovabili, ma anche attraverso fonti “assimilate alle rinnovabili”. Il nuovo calcolo del costo evitato si baserebbe solo sul gas e non più anche sul petrolio. Da questo intervento i tecnici del Governo prevedono un risparmio di 250 milioni.
L’articolo è in parte estratto da Il sole, le ali e la civetta, in libreria dai primi di settembre
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